Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19277 del 13/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19277 Anno 2018
Presidente: MOGINI STEFANO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
LAN FRANCHI GIUSEPPE nato il 12/06/1948 a CREMONA

avverso la sentenza del 21/04/2017 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALESSANDRA BASSI;

Data Udienza: 13/03/2018

1. Giuseppe Lanfranchi ricorre avverso il provvedimento in epigrafe, con il quale la Corte
d’appello di Brescia ha confermato l’appellata sentenza del Tribunale di Brescia, con cui egli è
stato condannato alla pena di legge per il reato di cui all’art. 341-bis cod. pen. Il ricorrente
deduce la violazione di legge penale per carenza di motivazione in ordine sia alla dedotta
questione di illegittimità costituzionale dell’art. 341-bis cod. pen. per violazione del principio di
eguaglianza sancito dall’art. 3 Cost., sia alla eccepita sussistenza dell’esimente dell’atto
arbitrario.
2. Il ricorso è inammissibile.
3. Ed invero, il ricorrente ripropone le stesse censure già dedotte in appello e non si confronta
con la risposta data dalla Corte lombarda che, nelle pagine 5 e seguenti della sentenza
impugnata, ha congruamente argomentato sia la ritenuta infondatezza della questione di
incostituzionalità della previsione incriminatrice di cui all’art. 341-bis cod. pen., quanto la
ritenuta insussistenza dei presupposti della invocata causa di giustificazione.
3.1. D’altronde, come il Giudice delle leggi ha già avuto modo di sancire, nessuna lesione al
principio di eguaglianza sancito nell’art. 3 Cost. è ravvisabile nella previsione del delitto di
oltraggio a pubblico ufficiale là dove l’incriminazione appresta una tutela che trascende la
Oersona fisica del titolare dell’ufficio per risolversi nella protezione del prestigio della P.A.
“impersonata in quel titolare sicchè il perseguimento di un simile valore da parte del legislatore,
ove non trasmodi in arbitrio, corrisponde alla finalità del buon andamento amministrativo
prevista dall’art. 97 Cost. (C. cost. n. 51 del 1980).
3.2. Con considerazioni aderenti alle emergenze dell’incartamento processuale, lineari e
conformi a logica — pertanto incensurabili nella sede di legittimità -, la Corte di merito ha
illustrato le ragioni per le quali non ricorressero i presupposti dell’atto arbitrario. Causa di
giustificazione che, ad ogni modo, secondo il costante insegnamento di questa Corte,
presuppone necessariamente un’attività ingiustamente persecutoria del pubblico ufficiale, il cui
comportamento fuoriesca del tutto dalle ordinarie modalità di esplicazione dell’azione di
controllo e prevenzione demandatagli nei confronti del privato destinatario (Sez. 6, n. 16101
del 18/03/2016, Bonomi e altro, Rv. 266535), che neanche il ricorrente delinea essersi
realizzata nella specie.
A fronte della precisione, completezza e intima coerenza dell’iter argomentativo
3.3.
sviluppato dal Giudice del gravame in sentenza, il ricorso si risolve nella sollecitazione di una
diversa valutazione su aspetti squisitamente di merito, non consentita in questa Sede, dovendo
la Corte di legittimità limitarsi a verificare la completezza e l’insussistenza di vizi logici ictu
ocull percepibili, senza possibilità di valutare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni
processuali (ex plurimis Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074).
4. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a
versare una somma, che si ritiene congruo determinare in 3.000,00 euro.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 3.000 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 13 marzo 2018

MOTIVI DELLA DECISIONE

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