Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19274 del 03/04/2014
Penale Sent. Sez. 4 Num. 19274 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: IANNELLO EMILIO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI CRISTOFARO LUCA N. IL 19/08/1981
avverso la sentenza n. 357/2012 CORTE APPELLO di
CAMPOBASSO, del 19/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EMILIO IANNELLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. in (o nonAmo
che ha concluso per k< ftzr o c24.<
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confermava la sentenza con la quale, in data 16/4/2012, il Tribunale della stessa
città aveva dichiarato Di Cristofaro Luca responsabile del reato p. e p. dall'art.
186, comma 2, lett. c) cod. strada a lui ascritto per essersi posto alla guida di
un'autovettura in stato di ebbrezza alcolica (alcolemia g/I 1,90 alla prima
misurazione e g/I 1,95 alla seconda) e lo aveva conseguentemente condannato - 1.800,00 di ammenda, disponendo la sospensione della patente di guida per un
anno: fatto commesso il 21/10/2007. 2. Avverso tale sentenza propone ricorso la difesa dell'imputato sulla base di
quattro motivi. 2.1. Con il primo deduce inosservanza dell'art. 459 cod. proc. pen. in
relazione al rigetto dell'eccezione di tardività della richiesta di decreto penale, in
quanto avanzata oltre il termine semestrale previsto dalla citata disposizione. 2.2. Con il secondo deduce violazione della legge penale, con riferimento
all'art. 186, comma 4, cod. strada in punto di affermazione della responsabilità.
Riproponendo doglianze già svolte in sede di gravame, lamenta che la Corte
d'appello ha omesso di adeguatamente valutare la prova offerta per contrastare
gli esiti dell'alcoltest, e segnatamente la consulenza di parte che riferiva e
documentava la sussistenza di patologie (rinite cronica e ernia iatale con reflusso
gastroesofageo) che - assume il ricorrente - per gli effetti che comportano
(passaggio di succhi gastrici dallo stomaco alla bocca) oppure per i farmaci che
costringono ad assumere (mucolitici), hanno sicuramente alterato l'esito
dell'alcoltest, anche a causa dell'interazione con l'assunzione di alcol, dei cui
possibili effetti egli non era mai stato edotto dal proprio medico.
Conferma di ciò, secondo il ricorrente, poteva peraltro trarsi dal fatto che la
seconda prova tramite alcoltest indicava, a distanza di 10 minuti, un valore
superiore a quello rilevato con la prima.
Rileva inoltre che l'attendibilità delle misurazioni eseguite tramite il
dispositivo elettronico doveva nel caso di specie ritenersi inficiata dalla rigida Si
temperatura esistente al momento dell'accertamento, inferiore alla soglia minima
indicata nelle istruzioni operative quale condizione di affidabilità ovvero, in
alternativa, essendo riferito nel verbale che la misurazione è avvenuta all'interno
della vettura dei carabinieri, dalla interazione con strumentazione elettrica o 2 concesse le attenuanti generiche - alla pena (sospesa) di giorni 40 di arresto e € elettronica ivi esistente.
Infine rileva che lo stato di ebbrezza può bensì essere desunto attraverso un
esame obiettivo e una descrizione analitica di elementi sintomatici, ma solo se
dotati di sufficiente e grave univocità e che, comunque, in tal caso, la sanzione
penale applicabile deve essere quella più lieve prevista dall'art. 186, comma 2,
lett. a), cod. strada. 2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge nonché vizio di Deduce che, contrariamente a quanto al riguardo ritenuto nella sentenza
impugnata, in realtà egli aveva espressamente richiesto tale sanzione sostitutiva
al punto 6 dei motivi di appello e, comunque, nelle conclusioni rassegnate in
udienza, riportate anche nella intestazione della sentenza. Del resto - rileva - la
norma non subordina tale beneficio a una specifica domanda, ma ne consente
l'applicazione anche d'ufficio. 2.4. Con il quarto motivo, infine, deduce erronea applicazione dell'art. 159,
comma terzo, cod. pen., in relazione al computo del termine di prescrizione.
Rileva che erroneamente la Corte d'appello ha ritenuto non maturato il
termine prescrizionale anteriormente alla sua pronuncia in conseguenza di un
non corretto computo delle sospensioni verificatesi nel corso del processo.
Posto infatti che venivano al riguardo in rilievo i rinvii disposti all'udienza del
31/1/2011 e a quella del 14/11/2011, rileva che, mentre quest'ultimo era
effettivamente dipeso dall'adesione del difensore all'astensione dalle udienze
proclamata dagli organismi di categoria (comportando una sospensione
correttamente calcolata nella distanza temporale dalla successiva udienza, pari a
55 giorni), il primo, era stato bensì richiesto dalla difesa per concomitante
impegno professionale ma era stato disposto dal giudice anche a causa
dell'assenza di un teste, ritualmente citato e assente per motivi di salute, con la
conseguenza che lo stesso andava del tutto escluso dal computo o, comunque,
andava calcolato nella sola misura di 61 giorni ai sensi dell'art. 159, primo
comma, n. 3), cod. pen., in entrambi i casi il termine prescrizionale venendo a
maturazione anteriormente alla sentenza impugnata. Considerato in diritto 3. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Secondo pacifico indirizzo della giurisprudenza di questa Suprema Corte,
rettamente richiamato anche nella sentenza impugnata, il termine di sei mesi 3 motivazione in ordine al diniego del lavoro di pubblica utilità. entro il quale, ai sensi dell'art. 459 cod. proc. pen., deve essere presentata, da
parte del pubblico ministero, la richiesta &decreto penale, ha natura meramente
ordinatoria, per cui la sua inosservanza non dà luogo a nullità alcuna ma a una
mera irregolarità (v. Sez. U, n. 3 del 06/03/1992, Glarey, Rv. 189402; Sez. 6, n.
10095 del 22/02/1994, P.M. in proc._Rossi, Rv. 199554; Sez. 1, Sentenza n.
2925 del 02/05/1996, P.G. in proc. Calandra, Rv. 204933; Sez. 3, n. 2210 del
23/11/2005 - dep. 19/01/2006, Del Ponte, Rv. 233253).
Non si contrappone a tale indirizzo la giurisprudenza richiamata dal per le indagini preliminari che rigetti la richiesta - proposta dal P.M. - di decreto
penale di condanna per inosservanza del termine di sei mesi entro il quale deve,
ai sensi dell'art. 459 cod. proc. pen., essere presentata; né la natura ordinatoria
di tale termine può significare che esso possa essere inosservato, stante il
generale obbligo di osservanza della legalità nel procedimento penale, statuito
dall'art. 124 cod. proc. pen. ed efficace nei confronti di tutti i soggetti
processuali, ivi compreso il Pubblico Ministero» (Sez. 5, n. 41146 del 22/04/2005, P.M. in proc. Lorello, Rv. 232541; v. anche, conformi, Sez. 7, Ord.
n. 5942 del 09/12/2004, P.M. in proc. La Marra, Rv. 231105; Sez. 3, n. 26857
del 12/05/2004, P.M. in proc. Pizzolla, Rv. 229059; Sez. 3, n. 16446 del
21/03/2001, P.M. in proc. Lacalaprice, Rv. 219513; Sez. 6, n. 22533 del
09/01/2003, PM in proc. Pescatori, Rv. 225970; Sez. 3, n. 3933 del 09/12/1999,
PM in proc. Mattera, Rv. 215460).
Premesso che tale giurisprudenza riguarda il caso, esattamente opposto a
quello qui in esame, in cui il G.I.P. rilevi la tardività della richiesta di decreto
penale e per tal motivo la rigetti, e afferma del tutto condivisibilmente che un
tale provvedimento, lungi dall'essere abnorme, è corretto e doveroso, è agevole
rilevare che un conto è affermare che l'inosservanza del termine, ancorché
ordinatorio, fissato dall'art. 459 cod. proc. pen. per la richiesta di decreto penale
rende la richiesta certamente non conforme alla legge processuale (e pertanto
legittima il G.I.P. a rigettare la richiesta rimettendo gli atti al P.M.), altro è
invece affermare che tale inosservanza comporti una nullità della richiesta
medesima riflettentesi sugli atti successivi, e in particolare sul decreto penale
eventualmente emesso dal G.I.P. che ometta di rilevarne la tardività, ciò non
potendosi comunque affermare in mancanza di alcuna previsione di legge che
tale nullità contempli o altra sanzione processuale per il caso di sua inosservanza
(precisazione, questa, del resto espressamente contenuta per inciso nella
motivazione della stessa citata sentenza della Sez. 5 n. 41146 del 2005 e nelle
altre alla stessa conformi testé citate). 4 ricorrente, secondo cui «è legittimo e non abnorme il provvedimento del giudice 4. È infondato il secondo motivo di ricorso.
L'affermazione della penale responsabilità dell'imputato è del tutto
congruamente motivata sulla base del duplice fondamento dei sintomi
caratteristici dello stato di ebbrezza direttamente percepiti dagli agenti al
momento dell'accertamento - essendo nel relativo verbale riferito che tale
condizione era resa evidente «dall'alito fortemente vinoso, dal linguaggio sconnesso, dagli occhi lucidi e dalla forte euforia» - e degli esiti del controllo
eseguito a mezzo alcoltest che, come indicato in imputazione, indicavano un Meramente congetturali ed astratte risultano le osservazioni circa gli effetti
di prodotti o rimedi contenenti alcol, in assenza di certificati medici idonei a
dimostrare l'esistenza di patologia effettivamente in grado di dar luogo a
conseguenze del tipo di quelle postulata dal ricorrente, peraltro del tutto
genericamente posto che lo stesso in alternativa fa riferimento anche alla
possibile incidenza di farmaci mucolitici, senza contare che questa Corte ha già
avuto modo di chiarire che la natura contravvenzionale della trasgressione
impone al soggetto agente di astenersi diligentemente dalla guida ove abbia
assunto, per qualsivoglia, anche giustificata, ragione, alcolici o misture, rimedi,
prodotti e farmaci contenenti alcol (v. ex aliis Sez. 4, n. 26972 del 6/6/2013).
Quanto poi alla doglianza relativa alla possibilità del cattivo funzionamento
dell'etilometro, dal che la inattendibilità delle percentuali di alcool nel sangue
riscontrate, va rammentato che questa Corte ha statuito che «in tema di guida in
stato di ebbrezza, l'esito positivo dell'alcotest costituisce prova della sussistenza
dello stato di ebbrezza ed è onere dell'imputato fornire eventualmente la prova
contraria a tale accertamento dimostrando vizi od errori di strumentazione o di
metodo nell'esecuzione dell'aspirazione ....» (v. ex aliis Sez. 4, n. 45070 del 30/03/2004, Rv. 230489).
Non essendo stata fornita alcuna prova della inidoneità dell'apparecchio,
salvo la formulazione di generici dubbi, correttamente ha concluso il giudice di
merito nel senso della piena attendibilità degli esiti dell'alcoltest. 4. È invece fondato il quarto motivo - di rilievo preliminare e assorbente
rispetto al terzo - essendo fondato il rilievo su cui lo stesso si fonda secondo cui
l'udienza del 31/1/2011, indipendentemente dalla richiesta del difensore per
concomitante impegno professionale, avrebbe comunque dovuto essere rinviata
anche a causa dell'assenza dei testi ritualmente citati. 4.1. Secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte,
invero, in tema di prescrizione del reato, nel caso di concomitante presenza di tasso alcolemico pari a 1,90 alla prima misurazione e ad 1,95 alla seconda. due fatti legittimanti il rinvio del dibattimento, l'uno riferibile all'imputato o al
difensore, l'altro ad esigenze di acquisizione della prova (art. 304, comma primo,
lett. a, cod. proc. pen.), la predominante valenza di quest'ultima preclude
l'operatività del disposto dell'art. 159 cod. pen. e la conseguente sospensione nel
corso della prescrizione (v. Sez. 5, n. 49647 del 02/10/2009, Rv. 245823; Sez.
6, n. 41557 del 05/10/2005, Rv. 232835).
Nel caso di specie il rinvio della udienza del 31/1/2011 risulta bensì motivato
a verbale con riferimento esclusivamente alla richiesta del difensore motivata da l'assenza di tutti e tre i testi citati per quell'udienza, essendo ad esso anche
allegati i certificati medici che per due di -essi la giustificavano.
Indipendentemente pertanto dal fatto_che il provvedimento di rinvio non
faccia riferimento a tale circostanza (ma gelo alla richiesta del difensore), non v'è
dubbio che l'udienza non avrebbe potuto cemunque avere alcuno svolgimento e
avrebbe dovuto rinviarsi ad altra data, il - che è sufficiente a determinare quella
situazione sostanziale di oggettivo impedimento - comunque non imputabile alla
parte - alla celebrazione dell'udienza, da considerarsi assorbente rispetto
all'impedimento pure dedotto dal difensore, secondo il condivisibile indirizzo
surricordato, e tale dunque da rendere ingiustificata la sospensione del termine
prescrizionale (ancorché espressamente disposta, con provvedimento dunque da
considerare illegittimo e pertanto censurabile in questa sede).
In proposito è appena poi il caso di notare che è inconferente, e comunque
assai discutibile sul piano logico, il rilievo contenuto nella sentenza impugnata
secondo cui può presumersi che l'assenza del teste sia legata allo sciopero, posto
che nell'udienza in questione (31/1/2011), non si discuteva di sciopero degli
avvocati. 4.2. Non essendovi pertanto ragione di escludere dal computo del termine
prescrizionale il tempo intercorso tra l'udienza del 31/1/2011 a quella
successiva, ne deriva che la prescrizione, giusta quanto dedotto dal ricorrente,
doveva considerarsi già maturata al momento in cui è stata emessa la sentenza
impugnata.
Essendo stato, infatti, il reato commesso, come detto, in data 21 ottobre
2007, alla data del 19/3/2013 risultava decorso per intero - anche tenendosi
conto della sospensione derivante dal rinvio del processo di primo grado dal
14/11/2011 al 9/1/2012 (per 56 giorni) per adesione del difensore allo sciopero
indetto da associazione di categoria - il termine di prescrizione massimo pari ad
anni cinque, risultante dal combinato disposto del citato art. 157 cod. pen. e
dell'art. 161, comma 2, cod. pen. che, come noto, fissa il limite massimo di un 6 concomitante impegno professionale, ma risulta altresì annotata nel verbale quarto per l'aumento del visto termine prescrizionale, in caso di intervento di
eventi interruttivi del relativo decorso (quale nella specie la pronuncia della
sentenza di primo grado): tale termine in particolare deve ritenersi nella specie
maturato alla data del 16/12/2012. 5. Deve pertanto pronunciarsi l'annullamento della sentenza impugnata
senza rinvio, per essersi il reato per prescrizione.
In relazione agli incombenti previsti dall'art. 224, comma 3, cod. strada la competenza. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per
prescrizione.
Manda alla cancelleria di trasmettere copia della presente sentenza al
Prefetto di Campobasso
Così deciso il 3/4/2014 presente sentenza va trasmessa al Prefetto di Campobasso per quanto di