Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19272 del 13/04/2017


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19272 Anno 2017
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: ARIOLLI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CIPRI’ MARCO nato il 06/05/1977 a PALERMO

avverso la sentenza del 03/10/2016 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/04/2017, la relazione svolta dal Consigliere
GIOVANNI ARIOLLI
Udito il Procuratore Generale in persona del CARMINE STABILE
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso

Data Udienza: 13/04/2017

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.

Con sentenza in data 3/10/2016 la Corte di appello di Palermo, in

parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale della medesima città il
14/11/2014 nei confronti di Ciprì Marco ed appellata dal medesimo, con la quale
l’imputato è stato condannato alla pena di mesi nove di reclusione ed euro
300,00 di multa per il reato di cui all’art. 648, comma 2, cod. pen., concedeva al

resto la sentenza impugnata.
2.

Avverso la suddetta decisione ricorre per cassazione il difensore,

nell’interesse dell’imputato, il quale ne chiede l’annullamento.
2.1

Con il primo motivo deduce la violazione di legge, con riferimento

all’art. 648 cod. pen., e il vizio di motivazione, per aver la Corte territoriale
erroneamente ritenuto dimostrata la consapevolezza da parte dell’imputato della
provenienza delittuosa dell’assegno ricevuto; ciò che escluderebbe la
configurabilità nella specie del dolo di ricettazione, stante il mancato
accertamento di tale consapevolezza e senza che possa trovare spazio, a tal fine,
il ricorso a schemi astratti e presuntivi. Peraltro il ricorrente avrebbe dato conto
delle modalità di ricezione del titolo di credito, rappresentando come fosse stato
ricevuto nell’esercizio della propria professione di commerciante, ragione che gli
aveva anche precluso di poter identificare chi gli avesse consegnato l’assegno.
Né il mero dubbio in capo all’imputato circa la provenienza delittuosa del
titolo sarebbe sufficiente ad integrare l’elemento psicologico del reato contestato,
per essere il dolo eventuale incompatibile con tale delitto e poter questo fondare,
al più, una responsabilità per la diversa fattispecie di cui all’art. 712 cod. pen.
Inoltre, del tutto apodittica era la motivazione della Corte territoriale nella
parte in cui aveva ritenuto falsa, anziché dettata da mero errore, la non corretta
indicazione del cessionario dell’assegno fornita dall’imputato.
2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge in ordine alla
mancata concessione delle attenuanti generiche, per avere la Corte territoriale
omesso di soffermarsi sugli elementi positivi valutabili a tal fine, quali l’assenza
di pregiudizi penali e la positiva condotta tenuta dall’imputato nel corso
dell’intero procedimento, non ponendo in essere il necessario bilanciamento tra
gli elementi di segno opposto previsto ex lege e realizzando così un esame per
un verso meramente parziale in ordine al riconoscimento di tali attenuanti e per
altro contraddittorio rispetto alle ulteriori valutazioni positive operate in
motivazione.

2

predetto il beneficio della sospensione condizionale della pena, confermando nel

3.

All’odierna udienza il Collegio disponeva, con separata ordinanza,

procedersi alla trattazione del ricorso non ritenendo sussistenti i presupposti per
il rinvio in presenza della dichiarazione di astensione del difensore.
4. Il ricorso è inammissibile.
4.1. Il primo motivo è inammissibile per essere manifestamente infondato,
giacché la Corte territoriale, con motivazione congrua e scevra da vizi logici, ha
debitamente indicato le ragioni sottese alla ravvisabilità, in capo all’imputato,

ricevuto. In particolare, la Corte di appello, a tal fine, risulta aver valorizzato la
circostanza che in alcun modo il titolo di credito avrebbe potuto essere emesso
dal soggetto la cui sottoscrizione è presente nell’assegno (precisamente, il sig.
Oliveri Salvatore), dal momento che questi risulta deceduto in epoca
(3/05/2006) antecedente a quella della data di emissione del titolo
(28/02/2007). Sicché, se è vero che l’imputato ha dato specifica indicazione
delle modalità di ricezione – consistente nell’averlo ricevuto dallo stesso sig.
Olivieri – è di tutta evidenza come tale rappresentazione, alla stregua della
compiuta motivazione offerta dai giudici di merito, risulti del tutto non plausibile.
Né l’imputato, come puntualmente indicato dai giudici di seconde cure, avrebbe
significato ulteriori elementi sostenibili in ordine alla provenienza del titolo. Ne
deriva che i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione dei principi
affermati da questa Corte, secondo cui ai fini della configurabilità del reato di
ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla
base dell’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa
ricevuta (Sez. 2, n. 50952 del 26/11/2013, Rv. 257983), nonché in base ai quali
il possesso e/o l’uso di un assegno al di fuori delle regole che ne disciplinano la
circolazione costituisce elemento di prova, per conformità ai criteri logici e
giuridici, del reato di ricettazione, in assenza di plausibili giustificazioni in ordine
all’acquisizione del titolo (Sez. 2, n. 45569 del 21/10/2009, Rv. 245631). Del
resto, come questa Corte ha recentemente affermato (Sez. Un. n. 12433 del
26/11/2009, Nocera, Rv. 246324; Sez. 1, n. 27548 del 17/6/2010, Rv. 247718)
l’elemento psicologico della ricettazione può essere integrato anche dal dolo
eventuale, che è configurabile in presenza della rappresentazione da parte
dell’agente della concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto e
della relativa accettazione del rischio. Tutto ciò vale ad escludere, anche
attraverso il richiamo alla sentenza di primo grado, qualsiasi vizio della
motivazione anche in ordine alla qualificazione giuridica del fatto ai sensi dell’art.
648 cod. pen., non potendo questo, per le considerazioni sopra svolte, essere

3

della consapevolezza della provenienza delittuosa dell’assegno dal medesimo

inquadrato nell’ipotesi dell’incauto acquisto di cui all’art. 712 cod. pen. E la
scelta effettuata dai giudici di merito si pone in linea con la costante
giurisprudenza di questa Corte in base alla quale in tema di ricettazione, il dolo
può ricorrere anche nella forma eventuale quando l’agente ha consapevolmente
accettato il rischio che la cosa accettata o ricevuta fosse di illecita provenienza,
non limitandosi ad una semplice mancanza di diligenza nel verificare la
provenienza della cosa, che invece connota l’ipotesi contravvenzionale

Rv. 238515).
4.2. Il secondo motivo di ricorso è parimenti inammissibile. La mancata
concessione delle circostanze attenuanti generiche è infatti giustificata da
motivazione esente da manifesta illogicità, che, pertanto, è insindacabile in
cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato il
principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di
merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche,
prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle
parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli
ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri
da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Rv. 249163; Sez. 6, n.
34364 del 16/6/2010, Rv. 248244). In particolare, nella specie si è fatto
riferimento all’intensità del dolo desumibile dalle modalità della condotta, per
quanto già asseverato dal giudice di primo grado, così ritenendosi implicitamente
recessivi gli altri elementi indicati dal ricorrente di cui uno del tutto generico
(“positiva condotta tenuta nel corso dell’intero procedimento”).
5.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi

dell’art. 616 cod. proc. pen., consegue la condanna dell’imputato al pagamento
delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favore della
Cassa delle ammende della somma di € 1.500,00 così equitativamente fissata in
ragione dei motivi dedotti.
6. La natura non complessa delle questioni sollevate e l’affermazione di
principi di diritto consolidati consente di redigere la sentenza in forma
semplificata.

4

dell’acquisto di cose di sospetta provenienza (Sez. 2, n. 45256 del 22/11/2007,

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500,00 a favore della Cassa delle
ammende. Motivazione semplificata.

Così deciso, il 13/4/2017

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