Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19272 del 02/04/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 19272 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Gerlando Ottavio n. il 2.3.1975
avverso la sentenza n. 1384/2009 pronunciata dalla Corte d’appello
di Napoli il 14.2.2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 2.4.2014 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. A. Di Popolo, che
ha concluso per l’annullamento senza rinvio per prescrizione.

Data Udienza: 02/04/2014

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Ritenuto in fatto
i. – Con sentenza resa in data 14.2.2013, la corte d’appello di
Napoli ha integralmente confermato la sentenza in data 13.12.2007
con la quale il tribunale di Napoli ha condannato Ottavio Gerlando
alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione ed euro 300,00 di
multa in relazione ai reati di furto con strappo, ricettazione e resistenza a pubblico ufficiale commessi in Napoli il 29.7.2004.
Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore,
ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, censurando la decisione dei giudici di secondo grado per vizio di motivazione, avendo la
corte territoriale omesso di considerare adeguatamente le doglianze
avanzate in sede d’appello circa il ricorso dell’elemento soggettivo del
reato in relazione alle condizioni psicologiche legate alla crisi di astinenza da stupefacenti in cui si trovava l’imputato al momento della
commissione dei fatti.
Sotto altro profilo, l’imputato si duole dell’inidoneità della motivazione dettata dalla corte d’appello con riguardo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, in termini di prevalenza sulle contestate aggravanti.
Considerato in diritto
2. – Il ricorso è manifestamente infondato.
Diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, la corte
d’appello di Napoli ha espressamente considerato la censura sollevata
dall’appellante con riguardo alla pretesa insussistenza dell’elemento
soggettivo del reato in ragione dell’avvenuta commissione dei fatti, da
parte dell’imputato, nel corso di una crisi di astinenza dall’assunzione
di sostanze stupefacenti.
Sul punto, la corte territoriale ha espressamente evidenziato
come in nessun modo fosse emerso, dagli atti del giudizio, lo stato
patologico dedotto dall’appellante a sostegno della doglianza avanzata, nulla avendo sul punto riferito il teste escusso nel corso
dell’istruzione dibattimentale e nulla essendo emerso, neppure a livello indiziario, dagli atti irripetibili allegati al fascicolo del dibattimento.
Quanto all’invocato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle contestate aggravanti, è appena il caso di richiamare il consolidato (e qui condiviso) indirizzo interpretativo af-

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fermatosi nella giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale il giudizio di comparazione tra le circostanze è oggetto di un giudizio di
fatto che può essere risolto dal giudice con motivazione fondata sulle
sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talché la stessa
motivazione, purché congrua e non contraddittoria, non può essere
sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati
nell’interesse dell’imputato (in termini, ex multis, Cass., n.
7707/2003, Rv. 229768).
Nel caso di specie, la corte territoriale ha espressamente evidenziato come la rilevante gravità dei fatti commessi dall’imputato tali da connotare il Gerlando come soggetto incline alla commissione
di reati anche mediante l’esercizio di violenza alle persone – impedisse di condividere il prospettato giudizio di prevalenza invocato
dall’imputato, in tal modo correlando la valutazione adottata al ricorso di specifiche circostanze di fatto coerenti ai parametri di cui all’articolo 133 c.p. sulla base di una motivazione dotata di logica coerenza
e conseguente linearità argomentativa.
3. — L’accertamento dell’inammissibilità del ricorso (derivante
dal rilievo della relativa manifesta infondatezza) preclude il rilievo
dell’eventuale prescrizione di taluno dei reati ascritti a carico
dell’imputato pur decorsa in data anteriore all’emissione della sentenza d’appello, valendo sul punto il richiamo all’insegnamento delle
sezioni unite di questa corte, ai sensi del quale l’inammissibilità del
ricorso per cassazione preclude ogni possibilità sia di far valere sia di
rilevare di ufficio, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., l’estinzione del reato per
prescrizione, pur maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza di appello, ma non dedotta né rilevata da quel giudice (Cass.,
Sez. Un., n. 23428/2005, Rv. 231164).
4. – Alla dichiarazioni d’inammissibilità del ricorso segue la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

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Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2.4.2014.

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