Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19268 del 13/04/2017


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19268 Anno 2017
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: ARIOLLI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
VITALE NICOLA nato il 17/07/1963 a SAN SEVERO

avverso la sentenza del 19/07/2016 della CORTE APPELLO di CAMPOBASSO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/04/2017, la relazione svolta dal Consigliere
GIOVANNI ARIOLLI
Udito il Procuratore Generale in persona del CARMINE STABILE
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
Udito il Difensore Avv. Del Vecchio Fabio che ha insistito per l’accoglimento del
ricorso

Data Udienza: 13/04/2017

%

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 19/7/2016 la Corte di appello di Campobasso

ha confermato la sentenza del Tribunale della medesima città del 16/2/2015 che
aveva condannato Vitale Nicola alla pena di mesi cinque di reclusione ed euro
400,00 di multa in ordine ai reati di cui agli artt. 110, 646 e 61 n. 7 cod. pen.
(capo A) e 110, 640 e 61 nn. 2 e 7 cod. pen. (capo B).
Avverso la suddetta decisione ricorre per cassazione il difensore,

nell’interesse dell’imputato, chiedendone l’annullamento.
2.1. Con il primo motivo di ricorso, eccepisce il vizio di motivazione con
riferimento all’individuazione dell’imputato quale autore delle condotte
delittuose, desunta unicamente dalla coincidenza del proprio nominativo sul
timbro apposto sia sul contratto di noleggio dell’escavatore che sulla copia
dell’assegno consegnato a garanzia della restituzione del mezzo. In particolare, il
teste di PG che aveva svolto le indagini non aveva accertato che il timbro fosse
stato in uso all’imputato, ma solo che vi riportava i suoi estremi . Ciò anche in
ragione del fatto che il titolare del conto corrente su cui era stato tratto l’assegno
non conosceva il ricorrente ma aveva smarrito il titolo dopo averlo consegnato al
proprio padre già firmato, “ragione per cui non essendovi alcun collegamento tra
la titolarità o la disponibilità dell’assegno e l’imputato, alcun nesso logico è
evidentemente sostenibile tra il timbro apposto sul detto assegno e la certezza
della riconducibilità al Vitale della condotta di cui al capo di imputazione”.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso deduce il vizio di motivazione in
relazione alla sussistenza dell’elemento soggettivo, tratto illogicamente da parte
della Corte territoriale dalla mancata restituzione del bene preso a nolo e,
dunque, valorizzando un momento contrattuale, quale quello dell’esecuzione, che
di per sé non è idoneo a dimostrare l’originario intento dell’imputato al momento
della stipulazione del contratto. Privo di motivazione (apparenza) era anche il
profilo della sussistenza degli artifizi e raggiri.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione di legge (artt.
133, 163 e 164 cod. pen.) ed il vizio di motivazione in ordine al trattamento
sanzionatorio ed alla conversione della sanzione detentiva in pena pecuniaria,
nonché alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena, alla
luce della valenza civilistica della vicenda e della “minima entità” del danno
cagionato (mille euro).

2

2.

’.1

2.4. Con il quarto motivo il ricorrente si duole della mancata applicazione
dell’esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, ricorrendone le
condizioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile.

3.1.1. Il coinvolgimento dell’imputato nella vicenda illecita è stato desunto
dai giudici di merito in forza della riconducibilità al medesimo del timbro e della
sottoscrizione apposta sul contratto di nolo – acquisito agli atti quale corpo del
reato ed allegato al verbale dell’udienza del 17/11/2014 – tenuto conto che, per
quanto asseverato dallo stesso teste di PG indicato nel ricorso, venne accertato
che l’imputato era titolare di impresa individuale (denominazione Vitale Nicola)
corrente proprio in San Severo (FG) alla via C. Balbo 18, con P.I. n.
01640370712 (cfr. anche attestazione della Camera di commercio acquisita agli
atti), elementi tutti perfettamente coincidenti con quelli riportati nel timbro
utilizzato per asseverare il contratto di nolo, il quale reca anche la sottoscrizione
dell’imputato (con grafia peraltro perfettamente coincidente per caratteristiche
con quella apposta dallo stesso imputato sul verbale di identificazione). Pertanto,
posto che tali elementi di chiara identificazione non risultano avere trovato
elementi di contrasto nel processo, introdotti dall’imputato avvalendosi delle
facoltà di prova a discarico di cui all’art. 495, comma 2, cod. proc. pen.,
l’affermazione di responsabilità dei giudici di merito risulta supportata da
congrua e logica motivazione.
3.1.2. Peraltro, il motivo di ricorso risulta anche inammissibile per
genericità in quanto il ricorrente pone a fondamento della sua censura il verbale
di dichiarazioni del teste di PG, ma poi omette di confrontarsi con le ulteriori
circostanze a carico dell’imputato riferite da tale testimone, con particolare
riguardo alle modalità di ritiro dell’escavatore. In tema di ricorso per cassazione,
sono inammissibili, per genericità, quei motivi che, deducendo il vizio di
manifesta illogicità o di contraddittorietà della motivazione, riportano meri stralci
di singoli brani di prove, estrapolati dal complessivo contenuto dell’atto
processuale al fine di trarre rafforzamento dall’indebita frantumazione dei
contenuti probatori (Sez. 1, sentenza n. 23308 del 18/11/2014, Rv. 263601).
3.2. Manifestamente infondato è parimenti il secondo motivo di ricorso.

3.1. Manifestamente infondato è il primo motivo di ricorso.

3.2.1. Invero, il dolo della truffa è stato correttamente desunto dai giudici
di merito con riferimento alle modalità complessive della vicenda e, in
particolare, per come evidenziato nella sentenza di primo grado, dalla consegna
a garanzia della restituzione dell’escavatore preso a nolo di un assegno che in
ragione della sua provenienza (era andato smarrito e tratto su un c/c chiuso) e
delle modalità di compilazione (firma di traenza di un certo Luminoso Gianluca
che nulla aveva a che vedere con l’imputato) deponeva nella chiara direzione di

truffaldino. Di conseguenza, il riferimento contenuto nella sentenza impugnata
alla condotta successiva alla stipulazione del contratto tenuta dall’imputato
(mancata restituzione del bene e mancato pagamento di quanto dovuto a
garanzia) costituisce, anche in ragione dell’uso dell’avverbio “peraltro”, un
ulteriore asserto motivazionale, del tutto congruo e logico, che va ad affiancarsi
a quelli sopra evidenziati.
3.2.2. Inammissibile è poi la censura relativa all’apparente motivazione in
ordine alla mancanza degli artifizi e raggiri, in quanto doglianza non sollevata nei
motivi di appello. Non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione
questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di
pronunciare perchè non devolute alla sua cognizione (Sez. 5, sent. n. 28514 del
23/04/2013, Rv. 255577).
3.3. Il terzo motivo è inammissibile per essere del tutto generico quello
sollevato con i motivi di appello, ove il ricorrente si era limitato esclusivamente a
lamentare la dosimetria della pena chiedendo che fosse irrogata una pena
inferiore con concessione del beneficio della pena sospesa, omettendo di indicare
alcun elemento di tipo positivo da cui la Corte d’appello avrebbe dovuto trarre
elementi per giungere ad un diverso trattamento sanzionatorio rispetto a quello
inflitto dal giudice di primo grado. In tema di impugnazioni è inammissibile, per
carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo
grado, che non abbia preso in considerazione un motivo di appello, che risulti ab
origine

inammissibile per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale

accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di
giudizio di rinvio (Sez. 2, n. 10173 del 16/12/2014, dep. 11/3/2015, Rv.
263157).
3.4. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile poiché, tenuto conto che
l’istituto di cui all’art. 131 bis cod. pen. è stato introdotto con d.lgs. n. 28 del
16/3/2015 e che l’appello è stato presentato successivamente il 18/5/2015, il
relativo motivo andava proposto dinanzi alla Corte territoriale.

4

sottrarsi ab origine da qualsiasi adempimento e, dunque, rivelava l’intento

4. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favore
della Cassa delle ammende della somma di C 1.500,00 così equitativamente
fissata in ragione dei motivi dedotti.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500,00 a favore della Cassa delle
ammende.

Così deciso, il 13/4/2017

P.Q.M.

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