Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19266 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 19266 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RUSCA MAURO N. IL 18/06/1961
avverso la sentenza n. 614/2003 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
18/09/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Gb-r ■.. Gekg-4–r
che ha concluso per ie I

rte civile, l’Avv
Avv3

Data Udienza: 28/01/2014

RITENUTO IN FATTO
1. All’esito di giudizio abbreviato il Gip presso il Tribunale di Piacenza
affermava la penale responsabilità di Rusca Mauro per il reato di cui all’articolo
73, per aver illecitamente detenuto allo scopo di cessione a terzi sostanza
stupefacente del tipo cocaina per un peso di grammi 11,5 con principio attivo
pari al 49,3%, utili a ricavare tra 14 e 28 dosi medie giornaliere. Il fatto veniva
ricondotto alla fattispecie di cui all’articolo 73, co. 5 T.U. Stup. e concesse le

alla pena di anni uno di reclusione ed euro 2000 di multa. La Corte di appello di
Milano, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato le statuizioni della
descritta pronuncia, concordando con il primo giudice sul fatto che gli elementi
acquisiti al processo rappresentavano indizi di reità connotati dei requisiti della
gravità, precisione e concordanza. Rusca Mauro era stato trovato in un bar e in
possesso della cocaina, occultata parte nella tasca dei pantaloni e parte in un
marsupio, senza che in alcun modo potesse trovare una diversa giustificazione
rispetto alla finalità di spaccio la circostanza dell’essersi sottoposto al rischio di
portare con sé in luogo pubblico e con varia frequentazione un quantitativo di
stupefacente quale quello caduto in sequestro. Ha aggiunto la Corte di appello
che la circostanza secondo la quale presso l’abitazione del Rusca fosse stata
sequestrata una bilancia elettrica da cucina e non di precisione non è da sola
idonea a inficiare il quadro probatorio appena descritto.

2. Ricorre per cassazione nell’interesse di Rusca Mauro l’avvocato Piero
Spalla. Deduce violazione di legge e vizio motivazionale in relazione al giudizio di
adeguatezza degli indizi a fondare una pronuncia di condanna, posto che il solo
elemento provato risulta essere il possesso di pochi grammi di droga tenuti sulla
persona e non, come invece asserito dalla Corte distrettuale, occultati. Non si è
peraltro tenuto conto del fatto che la droga non era confezionata in dosi più
piccole, funzionali alla cessione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile siccome manifestamente infondato.
3.1. La Corte di Appello ha motivato del tutto congruamente in ordine agli
elementi dai quali si trae la certezza processuale della finalità allo spaccio della
cocaina detenuta sulla persona dal Rusca: assenza di dimostrazione di uno stato
di tossicodipendenza e, nel medesimo senso, assenza di causali alternative della
detenzione della droga in esercizio pubblico, collocazione dello stupefacente
parte in una tasca parte nel marsupio, quantità della cocaina, rinvenimento
presso l’abitazione di un più ridotto quantitativo di hashish.

2

attenuanti generiche, operata la riduzione per il rito, il Rusca veniva condannato

A fronte di tali puntuali osservazioni, che peraltro si pongono in linea con i
principi formulati da questa Corte in tema di prova della finalità illecita della
detenzione di stupefacenti, va rammentato che la valutazione del giudice di
merito che affermi, neghi o esprima un dubbio sulla finalità di cessione a terzi
della detenzione di sostanze stupefacenti è un giudizio di mero fatto, che, come
tale, si sottrae al sindacato di legittimità, se sorretto da motivazione immune dal
vizio di manifesta illogicità risultante dallo stesso testo della sentenza, poiché
sindacabile in sede di legittimità non può essere il dubbio, ma solo la

P.G. proc. Zani, Rv. 200107).
3.2. La declaratoria di inammissibilità preclude la considerazione degli effetti
della riconduzione del fatto, da parte dei giudici di merito, all’ipotesi di cui
all’articolo 73, comma 5 T.U. Stup.
Ed infatti, in ragione della previsione dell’art. 2 d.l. 23.12.2013, n. 146, per
il quale “salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno
dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, le modalità o le
circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve
entità, è punito con le pene della reclusione da uno a cinque anni e della multa
da 3.000 a euro 26.000″, si è manifestata la volontà del legislatore di modificare
la natura della fattispecie, sottraendola al novero delle circostanze attenuanti del
reato, sicché la lievità del fatto è – per il testo attualmente vigente dell’art. 73,
co 5 T.U. Stup. – fulcro di un’autonoma ipotesi di reato, In ragione della nuova
qualificazione subisce modifica, tra gli altri, il regime della prescrizione: il relativo
termine, infatti, va oggi identificato tenendo conto della pena massima prevista
dall’art. 73, co. 5 cit. Poiché questa corrisponde alla pena di anni cinque di
reclusione, alla stregua dell’articolo 157 cod. pen. il termine massimo di
prescrizione è pari a sette anni e sei mesi. Essendo stato commesso il reato il 2
marzo 2001, tale termine risulta da tempo decorso.
Tuttavia non può essere dichiarata l’estinzione del reato per prescrizione,
poiché, a fronte della inammissibilità del ricorso, a questa Corte è precluso
rilevare la menzionata estinzione (Sez. U, n. 33542 del 27/06/2001, Cavalera,
Rv. 219531, con riferimento all’ipotesi della prescrizione intervenuta dopo il
giudizio di appello, nel tempo intercorrente alla celebrazione del giudizio di
legittimità; Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, Bracale, Rv. 231164, con
riferimento alla prescrizione maturata prima del giudizio di appello e non
dichiarata dal giudice di secondo gradoY, a meno che tale omissione non sia stata
fatta oggetto del ricorsof,k” È ammissibile il ricorso per cassazione dell’imputato
avverso la sentenza di condanna emessa in appello, con cui si contesta l’omessa
declaratoria della prescrizione maturatasi prima della pronuncia dell’impugnata

motivazione che lo sostiene (Sez. 4, n. 448 del 14/12/1994 – dep. 19/01/1995,

sentenza, ancorché la relativa eccezione non sia stata dedotta in appello”: Sez.
4, n. 49817 del 06/11/2012 – dep. 21/12/2012, Cursio e altri, Rv. 254092; in
senso contrario, ma non condivisibilmente, Sez. 5, n. 42950 del 17/09/2012 dep. 07/11/2012, Xhini, Rv. 254633, per la quale “il giudice di legittimità può
rilevare d’ufficio la prescrizione del reato maturata prima della pronunzia della
sentenza impugnata e non rilevata dal giudice d’appello, pur se non dedotta con
il ricorso e nonostante i motivi dello stesso vengano ritenuti inammissibili”).

pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed
al pagamento a favore della cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di
esonero, della somma di euro 1000,00 (mille/00) a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000,00 a favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28/1/2914.

4. Segue alla inammissibilità del ricorso, a norma dell’articolo 616 cod. proc.

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