Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19265 del 12/04/2017


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19265 Anno 2017
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: SGADARI GIUSEPPE

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
De Piero Sandro, nato a Cordenons il 27/10/1959,
avverso la sentenza del 13/01/2016 della Corte di Appello di Trieste;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere Giuseppe Sgadari;
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale
Marilia Di Nardo, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio per prescrizione, con
conferma delle statuizioni civili;
udito il difensore, avv. Daniele Guidoni in sostituzione dell’avv. Bellotto, che ha
concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso e, in subordine, associandosi alla
richiesta di prescrizione del Procuratore Generale, con revoca delle statuizioni
civili;

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Trieste confermava la
sentenza del Tribunale di Pordenone del 26 gennaio 2015 che aveva condannato
1

Data Udienza: 12/04/2017

il ricorrente alla pena di mesi quattro di reclusione oltre al risarcimento del
danno nei confronti della parte civile in relazione al reato di insolvenza
fraudolenta.
2. La Corte riteneva provato che l’imputato, quale legale rappresentante di una
impresa di costruzione in procinto di fallire, avesse stipulato con la persona
offesa, dissimulando il proprio stato di insolvenza, un contratto preliminare di
vendita di un immobile, incassando anticipi per circa 40.000 euro assistiti da una
fideiussione a garanzia poi divenuta inefficace, non provvedendo alla restituzione

3.

Ricorre per cassazione Sandro De Piero, a mezzo del suo difensore,

deducendo:
1) violazione di legge e vizio di motivazione.
Lamenta il ricorrente che la querela sarebbe stata presentata dalla persona
offesa oltre il termine di cui all’art. 124 cod.pen., tenuto conto che la sua
decorrenza avrebbe dovuto essere fissata al momento in cui la vittima era
divenuta consapevole dello stato di insolvenza del ricorrente, con la dichiarazione
di fallimento della sua impresa comunicatole il 9 luglio del 2008, a fronte di una
querela depositata il 29 ottobre del 2008.
Il 9 luglio, la persona offesa avrebbe avuto contezza piena che il ricorrente si
sarebbe sottratto all’adempimento della sua obbligazione, consistente nella
conclusione del contratto preliminare, non rilevando il successivo momento nel
quale la vittima aveva avuto consapevolezza del danno subito (il 29 luglio del
2008, allorquando le era divenuto noto che la fideiussione non avrebbe avuto
efficacia).
2) violazione di legge.
Sarebbe mancato l’inadempimento idoneo a configurare il reato di cui all’art. 641
cod.pen., dal momento che era stata la persona offesa, per sua libera scelta, a
rifiutarsi di stipulare il contratto definitivo con il curatore del fallimento
dell’impresa del ricorrente, così evitando anche l’avverarsi della particolare causa
di estinzione del reato di cui all’art. 641, comma 2, cod.pen..
3) e 4) mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza del nesso di causalità
tra la condotta del ricorrente ed il danno liquidato alla parte civile, con
riferimento anche a quello morale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.
1.11 ricorrente non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata e di
quella di primo grado, dello stesso segno, dalle quali emerge che l’obbligazione
2

di tali anticipi né alla stipula del contratto definitivo.

contratta non consisteva solo nella stipula del contratto definitivo, come si
sostiene in ricorso, ma anche nella restituzione degli anticipi percepiti dalla
persona offesa eventualmente attraverso l’attivazione della garanzia fideiussoria
appositamente costituita, secondo quanto risulta anche dalla imputazione.
Ne consegue che, con riguardo alla mancata restituzione degli anticipi per
l’inefficacia della garanzia, la querela è stata correttamente ritenuta tempestiva
rispetto al momento in cui la vittima aveva avuto contezza che la fideiussione
non sarebbe stata efficace, attraverso la comunicazione della società garante

2. A ciò rapportandosi l’inadempimento, ne risultano travolti gli ulteriori motivi di
ricorso, poiché esso si era verificato nel momento in cui non si era dato luogo
alla restituzione degli anticipi pari a 40.000 euro, alla cui somma era stato
ancorato il risarcimento del danno patrimoniale, quello morale rinvenendosi,
secondo l’insindacabile giudizio di merito della Corte, non soltanto nel fatto di
non aver ottenuto una abitazione, ma anche in quello che la persona offesa era
stata costretta a subire un giudizio per vedersi eccepire l’inefficacia della
fideiussione.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro millecinquecento alla
Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso
ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500,00 a favore della Cassa delle
Ammende.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 12.04.2017

ricevuta il 29 luglio del 2008.

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