Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19264 del 13/03/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 19264 Anno 2015
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TOLLA MARINO AGOSTINO N. IL 28/08/1965
avverso la sentenza n. 215/2013 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
SASSARI, del 30/01/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. M-o-•a’ ,
che ha concluso per
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Udito, per la pa i civile, l’Avv
Uditi. nsor Avv.

Data Udienza: 13/03/2015

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 30/01/2014, la Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata
di Sassari, ha confermato la decisione di primo grado, che, nell’affermare la
responsabilità di Marino Agostino Tolla in relazione al delitto di cui all’art. 610
cod. pen., aveva irrogato la pena di due mesi di reclusione.
2. Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, con il
quale si lamenta violazione di legge, per non avere la Corte territoriale fornito
una specifica motivazione in ordine ai criteri alla stregua dei quali era giunta ad

Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza, dal momento che la
Corte territoriale, con motivazione che non esibisce alcuna manifesta illogicità,
ha dato atto dell’assoluta congruità della pena, collocata in misura prossima al
minimo edittale, rispetto all’obiettiva gravità della condotta, caratterizzata
dall’esercizio di violenza sulla persona offesa, al fine di sottrargli la banconota
che credeva nelle mani di quest’ultima, e sussumibile in astratto nella più grave
fattispecie della tentata rapina.
A ciò si aggiunga che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, nel
caso in cui venga irrogata una pena prossima, come nella specie, al minimo
edittale, l’obbligo di motivazione del giudice si attenua, talché è sufficiente il
richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli
elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, Taurasi,
Rv. 256464).
Per pura completezza, può rilevarsi che la vicinanza della pena irrogata al
minimo edittale va intesa in termini relativi, considerando l’arco tra il minimo e il
massimo della sanzione edittale previsti dal legislatore. Ne discende che, nelle
ipotesi in cui, come nella specie, manchi un minimo edittale (l’art. 610 cod. pen.
prevede, infatti, una pena sino a quattro anni di reclusione), è assolutamente
infondato assumere come esclusivo termine di paragone, rispetto ai due mesi di
reclusione concretamente irrogati, la pena di quindici giorni indicata dall’art. 23,
comma primo, cod. pen., trascurando la soglia massima indicata dal legislatore.
2. Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione
delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 1.000,00.

1

irrogare una pena che si discosta sensibilmente dal minimo edittale.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma il 13/03/2015
Il Presidente

Il Componente estensore

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