Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19262 del 08/04/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 19262 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI NAPOLI LUIGI N. IL 19/08/1950
avverso l’ordinanza n. 799/2013 CORTE APPELLO di LECCE, del
12/09/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI;
lettei-sentite le conclusioni del PG Dott. trkt.9,4~2 & AMA
l ii/u-e-~fhfli;Lie

Uditi difensor Avv.;

iv 02-4.rsp

Data Udienza: 08/04/2014

Considerato in fatto e ritenuto in diritto

1. Con ordinanza del 12.9.2013 la Corte di appello di Lecce ha dichiarato
inammissibile la dichiarazione di ricusazione proposta da DI NAPOLI
Luigi nei riguardi del dott. Marcello RIZZO, giudice del Tribunale di Lecce
e con riferimento al processo pendente davanti al predetto Tribunale

2.

In particolare, la Corte di merito ha rilevato – da un lato – la palese
inammissibilità dell’azione giudiziale di risarcimento personalmente
diretta nei confronti del Magistrato a cagione dell’esercizio delle sue
funzioni e, quindi, l’inidoneità di tale azione – ove ammessane
l’esistenza – a determinare la pendenza della lite col magistrato idonea a
giustificare la ricusazione.

3.

Avverso la ordinanza propone personalmente ricorso per cassazione DI
NAPOLI Luigi deducendo:

3.1.

violazione degli artt. 41 co. 3 e 178 lett.c) c.p.p. in relazione agli

artt. 99-127 c.p.p., 24-25-111 Cost. e 6 CEDU non essendo stato dato
avviso al ricusante ed al suo difensore della data dell’udienza in camera
di consiglio.
3.2.

violazione degli artt. 125 e 177 c.p.p. per difetto e

contraddittorietà della motivazione e vizio logico in quanto non sarebbe
la coltivazione del processo a provocare l’obbligo di astensione del
magistrato, bensì il semplice avvio di un’azione giudiziaria; inoltre, a
seguito della sentenza CGUE del 24.11.2011 non sarebbe più valida la
legge 117/1988 nell’ambito dei rapporti risarcitori tra cittadini e
magistrati che, pertanto, devono ritenersi disciplinati dalle norme
comuni.
4.

Con requisitoria scritta il Procuratore Generale ha chiesto dichiararsi
l’inammissibilità del ricorso.

5.

Il ricorso è inammissibile.

6.

Il primo motivo è manifestamente infondato.

7.

Costituisce «jus receptum» che l’ inammissibilità della richiesta di
ricusazione per manifesta infondatezza deve essere dichiarata con
procedura camerale “de plano”

(Sez.

28/01/2010 Rv. 246575, Bontempo Scavo)

1

1,

Sentenza n.

6621 del

iscritto al n. 11330/12 RGT.

8.

Nella specie, pertanto, sul rilievo della palese inammissibilità della
istanza, correttamente la Corte ha emesso «de plano» la relativa
decisione.

9.

Anche il secondo motivo è manifestamente infondato.

10. Non può costituire motivo di ricusazione per incompatibilità la previa
presentazione, da parte del ricusante, di una denuncia penale o la
instaurazione di una causa civile nei confronti del giudice, in quanto

magistrato e non può ammettersi che sia rimessa alla iniziativa della
parte la scelta di chi lo deve giudicare (Sez. 5, Sentenza n. 8429 del
10/01/2007 Rv. 236253

Imputato: Querci); né, ancora, costituisce

motivo di inimicizia grave, ai sensi dell’art. 36, comma primo, lett. d),
cod. proc. pen., la pendenza di una causa civile di risarcimento danni
intentata dal ricusante nei confronti del giudice, a seguito della
trattazione di altro procedimento

(Sez.

6, Sentenza n.

45512 del

14/12/2010 Rv. 248958 Imputato: Lucarelli).
11. Cosicchè è corretto – ed assorbente anche rispetto al giusto rilievo
formulato dal P.G. della inincidenza sul tema della nota sentenza della
CGUE sulla legittimazione passiva dello Stato in materia di risarcimento
del danno correlato all’esercizio di funzioni giurisdizionali – il conclusivo
giudizio in ordine all’inesistenza delle condizioni idonee a giustificare la
ricusazione.
12.All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo
determinare in euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 8.4.2014.

entrambe le iniziative sono “fatto” riferibile solo alla parte e non al

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