Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19254 del 25/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 19254 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: ROTUNDO VINCENZO

Data Udienza: 25/02/2014

SENTENZA
sui ricorsi proposti nell’interesse di:
1. Bioagricola Cilento s.r.l.
2. I.V.A.M. s.r.l.
avverso l’ordinanza in data 27-5-13 del Tribunale di Salerno.
Visti gli atti, l’ordinanza impugnata ed i ricorsi.
Udita la relazione fatta dal Consigliere, dott. Vincenzo Rotundo.
Udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sost. Proc. Gen., dott.
Riello, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
Udito l’avv. Perongini, che ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi.

FATTO E DIRITTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Salerno, in data 27-513, ha dichiarato inammissibile, per carenza di interesse, l’appello proposto
da Bioagricola Cilento s.r.l. avverso il provvedimento in data 17-11-12 del
GIP di Salerno di rigetto di istanza di revoca del sequestro preventivo
disposto in data 27-2-09.
Con la medesima ordinanza il Tribunale di Salerno ha respinto l’appello
proposto da I.V.A.M. s.r.l. avverso il provvedimento in data 17-11-12 del
GIP di Salerno di rigetto di istanza di revoca del sequestro preventivo
disposto in data 27-2-09.
In particolare, il Tribunale di Salerno ha rilevato la carenza di interesse
attuale e concreto in capo a Bioagricola s.r.1., posto che la difesa di detta
società non era stata in grado di indicare quali beni erano stati sequestrati
alla medesima in esecuzione del decreto in data 27-2-09, in quanto
evidentemente nulla le era stato sequestrato, essendo i beni nel 2009 già da
circa tre anni nella esclusiva disponibilità del curatore del fallimento di
Bioagricola Cilento s.r.l. (fallimento dichiarato il 19-4-06), al quale, tra
l’altro, si sarebbero dovuti restituire i beni in caso di accoglimento
dell’appello.
Quanto a I.V.A.M s.r.l. (società alla quale risultavano sequestrate somme di
denaro per circa 2.400.000,00 euro e l’intero complesso aziendale), il
Tribunale ha respinto l’appello, rilevando che il reato di corruzione propria
di cui al capo A2) commesso da Liguori Raffaele in qualità di
amministratore di detta società (reato per il quale il P.M. aveva contestato a
I.V.A.M. s.r.l. l’illecito amministrativo di cui all’art. 25 d.lvo n. 231/01 in
riferimento al quale il Tribunale aveva disposto il 27-2-09 il sequestro
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preventivo dei beni della società) non era estinto per prescrizione (come
erroneamente prospettato dalla difesa) ma per morte dell’imputato (v.
sentenza del GUP di Salerno del 15-2-08, relativa a Liguori Raffaele),
sicché non sussisteva la decadenza prevista dall’art. 60 d. 1.vo n. 231/01,
destinata ad operare solo quando la contestazione dell’illecito
amministrativo dipendente da reato viene effettuata a carico dell’ente dopo
che il reato commesso dall’amministratore dell’ente si è già estinto per
prescrizione. A parte il fatto che nel caso di specie il predetto reato nella sua
esistenza fenomenica era stato giudizialmente accertato con sentenza di
applicazione patteggiata della pena (irrevocabile in data 14-12-04) emessa
dal GUP di Salerno a carico di Capponi Luigi (il pubblico ufficiale corrotto,
concorrente necessario di Liguori Raffaele, che aveva, invece, agito come
privato corruttore).
2. Avverso la suindicata ordinanza del 27-5-13 hanno proposto ricorso per
cassazione Bioagricola Cilento s.r.l. e I.V.A.M. s.r.1., tramite il loro
difensore, chiedendone l’annullamento.
2.1. Bioagricola Cilento s.r.l. deduce la violazione dell’art. 322 bis c.p.p.,
norma che stabilisce che possono proporre appello contro le ordinanze in
materia di sequestro preventivo l’imputato e il suo difensore, la persona alla
quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro
restituzione.
Ad avviso della ricorrente, il curatore del fallimento, pur avendo la titolarità
della società fallita, non é titolare unico ed esclusivo della legittimazione e
dell’interesse al dissequestro ed alla restituzione dei beni, in quanto come si
è visto, l’art. 322 bis c.p.p. attribuisce la legittimazione ad impugnare anche
alla persona alla quale le cose sono state sequestrate e a quella che avrebbe
diritto alla loro restituzione, cioè ai soggetti che hanno una relazione diretta
con i beni sottoposti a vincolo cautelare. Nel caso di specie il dissequestro è
stato chiesto dalla persona giuridica alla quale le cose sono state sequestrate,
essendo la società istante (Impronta Italia s.r.1.) titolare del 90% delle quote
di Bioagricola Cilento s.r.l. e, d’altra parte, è evidente l’interesse dell’istante
anche in funzione di un possibile ritorno in bonis della fallita.
In secondo luogo nel ricorso si denuncia vizio di motivazione in ordine alla
asserita mancata indicazione dei beni oggetto di sequestro, posto che da un
lato l’istanza di dissequestro e l’appello avevano ad oggetto “tutto ciò che è
stato a suo tempo sottoposto a provvedimento cautelare” e, dall’altro, detti
beni risultavano chiaramente dagli atti in possesso del Tribunale.
Con il terzo motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione per
essere tutti i reati da cui dipendono gli illeciti amministrativi contestati alla
società prescritti già al momento in cui si è proceduto alla loro contestazione
(art. 60 d.lvo n.231/01).
2.2. I.V.A.M. s.r.l. deduce la violazione dell’art. 60 d.lvo n. 231/01.
Nel ricorso si premette che i sei illeciti amministrativi contestati attenevano
a reati già dichiarati prescritti dal Tribunale di Salerno alla data del 30-112012 in cui il P.M. aveva proceduto alla contestazione nei confronti degli
enti.
Si contestano quindi le conclusioni del Tribunale, là dove ha affermato che,
poiché il reato di cui al capo A2) era stato accertato nella sua esistenza
fenomenica mediante sentenza di applicazione patteggiata della pena nei
confronti di uno dei coimputati, non ricorrerebbe nel caso in esame il

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3. Il ricorso proposto nell’interesse di Bioagricola Cilento s.r.l. è fondato.
Come si è visto, il Tribunale di Salerno ha rilevato la carenza di interesse in
capo a tale società, in quanto, da un lato, la medesima non era stata in grado
di indicare quali beni le erano stati sequestrati in esecuzione del decreto del
27-2-09 e, dall’altro, tali beni erano da anni nella esclusiva disponibilità del
curatore del fallimento della medesima società, al quale soltanto potevano
essere restituiti in caso di accoglimento dell’impugnazione.
Si tratta di una conclusione errata.
L’art. 322 bis c.p.p. stabilisce che l’appello avverso le ordinanze in materia
di sequestro preventivo è proponibile, oltre che dal Pubblico Ministero e
dall’imputato e dal suo difensore, anche dalla persona alla quale le cose
sono state sequestrate e da quella che avrebbe diritto alla loro restituzione.
Nel caso di specie l’amministratore in carica al momento della dichiarazione
di fallimento era imputato del reato-presupposto dell’illecito amministrativo
contestato a Bioagricola Cilento e quindi incompatibile con le funzioni di
legale rappresentante della stessa (Sez. 6, Sentenza n. 41398 del 19/06/2009,
Rv. 244408, Caporello; Sez. 6, Sentenza n. 29930 del 31/05/2011, Rv.
250432, Ingross Levante Spa).
Né può essere condiviso l’assunto secondo cui l’appello avrebbe potuto
essere proposto solo dal curatore fallimentare. In proposito questa Corte —
nell’affermare che in tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca
di beni appartenenti alla società fallita, la curatela fallimentare non è “terzo
estraneo al reato”, in quanto il concetto di appartenenza di cui all’art. 240,
comma 3, c. p. p. ha una portata più ampia del diritto di proprietà, sì che
deve intendersi per terzo estraneo al reato soltanto colui che non partecipi in
alcun modo alla commissione dello stesso o all’utilizzazione dei profitti
derivati- ha precisato che la sentenza che dichiara il fallimento priva la
società fallita dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni
esistenti a quella data, assoggettandoli alla procedura esecutiva concorsuale
finalizzata al soddisfacimento dei creditori, ma che tale effetto di
spossessamento non si traduce in una perdita della proprietà, in quanto la
società resta titolare dei beni fino al momento della vendita fallimentare
(Sez. U, sentenza n. 29951 del 24/05/2004, Rv. 228164, C. fall. in proc.

requisito di cui all’art. 60 d.l.vo n. 231/01. In proposito si ricorda che a
norma degli artt. 160 e 161 c.p. l’applicazione della pena ed il relativo
effetto interruttivo non hanno l’effetto di precludere la decorrenza della
prescrizione cd. massima nei confronti degli altri coimputati. Ne deriva la
erroneità delle argomentazioni sul punto contenute nell’ordinanza
impugnata. Neppure la sentenza con la quale viene dichiarata l’estinzione
del reato per morte dell’imputato (non annoverata dall’art. 160 c.p. tra gli
atti idonei a interrompere il corso della prescrizione) ha l’effetto di
precludere il decorso necessario per la prescrizione del reato. La
prescrizione di un reato non è, infatti, condizionata dalle vicende soggettive
dei suoi autori, ma ha una connotazione oggettiva che dipende
esclusivamente dal decorso del termine fissato dalla legge. Ne discende la
erroneità anche delle argomentazioni sul punto svolte nel provvedimento
censurato. Infine nel ricorso si ricorda che la sentenza di patteggiamento non
reca in sé l’accertamento giudiziale in ordine alla esistenza fenomenica del
reato e non preclude il decorso del tempo necessario per la prescrizione.

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4. E’ fondato altresì il ricorso proposto nell’interesse di I.V.A.M. s.r.l.
Il Tribunale ha respinto l’appello sul presupposto che nel caso di specie non
sussisteva la decadenza prevista dall’art. 60 d. Ivo n. 231/01, in quanto il
reato di corruzione propria di cui al capo A2) [commesso da Liguori
Raffaele in qualità di amministratore della predetta società (reato per il quale
il P.M. aveva contestato a I.V.A.M. s.r.l. l’illecito amministrativo di cui
all’art. 25 d.lvo n. 231/01 in riferimento al quale il Tribunale aveva disposto
il 27-2-09 il sequestro preventivo dei beni della società)] non era estinto per
prescrizione ma per morte del reo (v. sentenza del GUP di Salerno del 15-208, relativa a Liguori Raffaele). Inoltre -ha puntualizzato il Tribunale di
Salerno- il predetto reato nella sua esistenza fenomenica era stato
giudizialmente accertato con sentenza resa ai sensi dell’art. 444 c.p.p.
(irrevocabile in data 14-12-04) dal GUP di Salerno a carico di Capponi
Luigi (il pubblico ufficiale corrotto, concorrente necessario di Liguori
Raffaele, che aveva, invece, agito come privato corruttore).
Si tratta di affermazioni errate.
L’art. 60 d. 1.vo n. 231 del 2001 stabilisce che non può procedersi alla
contestazione di cui all’art. 59 quando il reato da cui dipende l’illecito
amministrativo dell’ente è estinto per prescrizione.
Nel caso di specie i sei illeciti amministrativi contestati attenevano a reati
già dichiarati prescritti dal Tribunale di Salerno alla data del 30-11-2012,
data in cui il P.M. aveva proceduto alla contestazione nei confronti degli
enti. In questo quadro nessun rilievo può attribuirsi al fatto che per uno
soltanto dei prevenuti, nel frattempo deceduto, sia stata dichiarata la
estinzione del reato per tale causa.
Quanto alla sentenza di applicazione patteggiata della pena nel frattempo
intervenuta (in data 20-10-03) per uno dei coimputati (Capponi Luigi), si
tratta effettivamente di causa interruttiva della prescrizione che, a norma
dell’art. 161, primo comma, c.p., ha effetto per tutti coloro che hanno
commesso il reato.
Deve, però, ricordarsi che, ai sensi dell’art. 160, terzo comma, c.p., anche in
presenza di atti interruttivi in nessun caso i termini di cui all’art. 157 c.p.
possono essere prolungati oltre i termini di cui all’art. 161, secondo comma,
fatta eccezione per i reati di cui all’art. 51, commi 3 bis e 3 quater, c.p.p.
Inoltre l’art. 161, secondo comma, c.p. stabilisce che, salvo che si proceda
per i reati da ultimo menzionati, in nessun caso l’interruzione della
prescrizione può comportare l’aumento di più di un quarto del tempo
necessario a prescrivere, della metà nei casi di cui all’art. 99, secondo

Focarelli; v. anche in senso conforme: Sez. U., sentenza 24-5-2004, curatela
fall, in proc. Romagnoli, non massimata sul punto).
Ne discende che il curatore fallimentare, pur avendo la rappresentanza della
società fallita, non è, a norma del citato art. 322 bis c.p.p., titolare unico ed
esclusivo della legittimazione e dell’interesse al dissequestro ed alla
restituzione dei beni.
Nel caso di specie il dissequestro è stato chiesto dalla persona giuridica alla
quale le cose sono state sequestrate, essendo la società istante titolare al 90%
di Bioagricola Cilento s.r.l. La titolarità dei beni sequestrati conferisce alla
società istante la legittimazione attiva e, d’altra parte, in capo all’istante
sussiste anche un innegabile interesse, posto che, una volta dissequestrati i
beni e restituiti alla curatela, potrebbe profilarsi un concordato fallimentare.

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5. Le conclusioni alle quali si è pervenuti al punto che precede valgono
anche per Bioagricola Cilento s.r.1., società per la quale i tre illeciti
amministrativi contestati attenevano a reati già dichiarati prescritti dal
Tribunale di Salerno alla data del 30-11-2012, data in cui il P.M. aveva
proceduto alla contestazione nei confronti degli enti.
6. Per le considerazioni sopra svolte si impone l’annullamento senza rinvio
dell’ordinanza impugnata nonché del decreto di sequestro preventivo in data
27-2-09 nei confronti di Bioagricola Cilento s.r.l. e di I.V.A.M. s.r.1., con
restituzione agli aventi diritto di quanto in sequestro. La Cancelleria
provvederà agli adempimenti di cui all’art. 626 c.p.p.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata nonché il decreto di sequestro
preventivo in data 27-2-09 nei confronti di Bioagricola Cilento s.r.l. e di
I.V.A.M. s.r.l. e dispone la restituzione agli aventi diritto di quanto in
sequestro. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 626
c.p.p.
Cos’ deciso in data 25-2-2014.
Il Pre ente
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comma, dei due terzi nel caso di cui all’art. 99, quarto comma, e del doppio
nei casi di cui agli artt. 102, 103 e 105.
In altri termini, l’effetto interruttivo ricollegato all’imputazione che è alla
base dell’applicazione patteggiata della pena opera nei confronti degli altri
coimputati unicamente sulla cd. prescrizione minima. L’applicazione della
pena su richiesta ed il relativo effetto interruttivo non hanno, però, l’effetto
di precludere la decorrenza della prescrizione cd massima nei confronti
degli altri coimputati.
Nel caso in esame nel momento in cui il P.M. ha contestato l’illecito
amministrativo, erano già decorsi i termini massimi di prescrizione anche
per il reato, in riferimento al quale altro imputato aveva patteggiato la pena.
In definitiva, la circostanza che nei confronti del coimputato Capponi Luigi
era stata pronunciata sentenza di applicazione patteggiata della pena non
rileva, in quanto il relativo effetto interruttivo nei confronti degli altri
coimputati non incide sulla prescrizione “massima”, che risulta già decorso,
come del resto dimostrato dalla sentenza con cui in data 6-10-10 il Tribunale
di Salerno, sezione I penale, ha dichiarato non doversi procedere nei
confronti dei coimputati del reato di cui al capo A2) per intervenuta
prescrizione.

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