Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19252 del 09/04/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 19252 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: PATERNO’ RADDUSA BENEDETTO

Data Udienza: 09/04/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BABUSCIO MARIO N. IL 22/08/1958
LIVIERI GIANLUCA N. IL 08/08/1972
ATTANASIO GIANLUCA N. IL 15/11/1963
ROMANO MICHELE N. IL 03/01/1963
MAZZONI LUCIANO N. IL 18/10/1985
MIOLLA CRISTIAN N. IL 10/12/1979
GUARINO VITO N. IL 26/10/1974
MAZZONI MARIA N. IL 07/07/1989
avverso la sentenza n. 603/2012 CORTE APPELLO di LECCE, del
24/09/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. BENEDETTO PATERNO’ RADDUSA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Ce DRds t..Y
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Ritenuto in fatto
1.La Corte di appello di Lecce nel giudicare avverso l’appello proposto nei confronti della
Sentenza resa in abbreviato dal GUP presso il Tribunale di Lecce in data del 30
settembre 2011 ha integralmente confermato la sentenza impugnata quanto alle
posizioni di Guarino Vito ( capo di imputazione distinto dalla lettera BR, imputato ex art
73 DPr 309/90) e Attanasio Gianluca ( capo AM, stesso titolo di reato ) e parzialmente
grado
– per Babuscio Mario, ferma la condanna in primo grado per i reati di cui ai capi E (
tentata estorsione ai danni di Alitini Tommaso) , G ( intestazione fittizia ex art 12
quinquies legge 356/92) J ( detenzione e porto in luogo pubblico di arma comune a
sparo);
– per Romano Michele ferma la responsabilità per i capi AR e BU ( in entrambi i casi, ex
art 73 dpr 309/909)
– per Mazzoni Luciano relativamente al capo Bx ( sempre ex art 73 Dpr 309/90);
– per Miolla Cristian ferma la responsabilità per i capi AW ed AX ( 73) ,

per aver

riconosciuto l’ipotesi prevista dall’art. 73, comma 5 , D.P.R. 9/10/1990 n. 309;
– per Mazzoni Ilaria ferma la responsabilità per i capi AI (74 ex art DPr 309/90 ) , BF,
BN, BQ tutte ai sensi dell’art 73 Dpr 309/90, e CJ ( estorsioni continuate in concorso) ,
per aver riconosciuto le circostanze attenuanti generiche, prevalenti sulle aggravanti
contestate tranne quella prevista dall’art. 7 legge 12 luglio 1991 n. 203 ( per il CJ).
Quanto poi a Livieri Gianluca, ferma la responsabilità per i capi W ( detenzione e porto in
luogo pubblico di armi comuni da sparo) e CN ( furto aggravato e ricettazione ) la Corte,
pur avendo esclusa la circostanza aggravante prevista dall’art. 7 legge 12/7/1991 n.
203, ritenuta nella sentenza appellata per il capo W, ha comunque mantenuto ferma la
misura della pena comminata in primo grado.
2. I suddetti imputati hanno interposto ricorso in Cassazione avverso la sentenza della
Corte di appello di Lecce sopra segnalata , alcuni personalmente , altri a mezzo del
difensore fiduciario. Alcuni dei diversi ed autonomi ricorsi trattano temi
sostanzialmente comuni . Così quelli di Mazzoni Ilaria e di Romano Michele , sul
presupposto della comune rinunzia ai motivi diversi da quelli legati al trattamento
sanzionatorio , si sostanziano nella denunziata violazione dell’art 129 cpp rispetto ai
profili della ritenuta responsabilità ; quelli del Livieri , del Guarino , del Mazzoni Luciano
e del Babuscio involgono solo profili attinenti la pena ; quelli dell’Attanasio e del Miolla

riformato la stessa sentenza , rideterminando le rispettive pene comminate in primo

riguardano anche i profili di responsabilità ascritti ai suddetti imputati per i capi loro
autonomamente riferiti ; infine , per quanto si dirà in punto agli effetti prodotti sulle
fattispecie dalla sentenza della Corte costituzionale nr 32/14 , hanno derivati profili
comuni le posizioni di Attanasio , Guarino e Mazzoni Luciano.
Considerato in diritto.
3. Osserva la Corte come dei diversi gravami in disamina l’unico che riposta su motivi
impugnata per la conseguente rideterminazione della pena. Malgrado la infondatezza
dei motivi si perviene, ex art 609 cpp comma II al medesimo risultato con riferimento
alle posizioni di Attanasio , Guarino e Mazzoni Luciano. Sono invece inammissibili i
ricorsi di Mazzoni Ilaria, Romano, Babuscio e Miolla.
4. Ricorso Miolla. Il ricorrente ha riportato condanna in primo grado nei termini di cui
sopra per i reati di cui ai capi AW ed AX, legati a due diversi episodi di detenzione a fine
di spaccio di sostanza stupefacente del tipo cocaina.
Con un unico motivo si contesta la motivazione in punto al ritenuto giudizio di
responsabilità in quanto gli elementi di prova raccolti dovevano portare all’assoluzione.
Il ricorso è evidentemente inammissibile per la assoluta genericità e aspecificità della
doglianza che manca di qualsivoglia minimo confronto con il tenore argomentativo( si
vedano le pagine da 1 a 4 della motivazione ) del giudizio, puntuale, coerente al dato
istruttorio e privo di vuoti logici, reso dalla Corte in ordine ai profili probatori destinati
a conclamare la responsabilità del ricorrente per i reati allo stesso ascritti.
Vale la pena di notare , inoltre, prescindendo dai motivi di ricorso , che , in punto al
trattamento sanzionatorio , la decisione, relativa ad ipotesi di detenzione illecita di
cocaina, in parte qua resta insensibile al novum portato dalla modifica del disposto di
cui all’art 73 comma V Dpr 309/90 resa con il DL 146/13 che ha trasformato l’ipotesi in
questione da mera attenuante del reato di cui al primo comma della medesima norma ad
autonoma fattispecie di reato con conseguente rideterminazione dei limiti edittali
massimi di pena ( da sei a cinque anni) .
La pena base applicata nella specie appare infatti perfettamente in linea con il nuovo
dato normativo, essendo ancorata ad ambiti quantitativi certamente inferiori al nuovo
limite massimo edittale, il tutto all’interno di una forbice complessiva tra minimo e
massimo della pena sostanzialmente rimasta identica. La configurazione quale ipotesi di
reato autonoma, a fronte di una sostanziale identità dei termini legati alla condotta

fondati è quello del Livieri il quale importa l’annullamento con rinvio della sentenza

sanzionata, non muta i termini del motivare considerato che nella specie manca un
bilanciamento tra contrapposte circostanze
5. Ricorso Guarino. Il ricorrente ha riportato condanna per il reato di cui al capo BR,
sempre attratto all’egida dell’art 73 Dpr 309/90 , legato nella specie alla cessione , in
diverse occasione , avvinte dalla continuazione , di sostanza stupefacente del tipo
hashish. In appello ha rinunziato ai motivi diversi da quelli inerenti il trattamento
5.1 Con il primo motivo lamenta violazione di legge avuto riguardo all’art 73 dpr 309/90
comma V° e difetto di motivazione. L’unico parametro utilizzato a fondamento della
decisione in parte qua è quello afferente il dato quantitativo della sostanza oggetto del
capo di imputazione in questione , risultando tralasciati gli altri elementi presi in
considerazione dalla citata norma . Sarebbe illogico il riferimento al contesto associativo
, a fronte dalla natura isolata della condotta mentre risulta pretermessa ogni
considerazione in punto alla assenza di altri contegni utili a denotare professionalità
nella condotta.
5.2 Con il secondo motivo si adduce violazione di legge e difetto di motivazione con
riferimento al mancato riconoscimento delle generiche. Sono state disattese, senza
approfondimento alcuno, le censure mosse alla sentenza di primo grado sul punto avuto
riguardo in particolare al rilievo da ascrivere al comportamento processuale con il
riconoscimento dell’addebito così da dimostrare senso di resipiscenza. Illogico è il
motivare laddove fa riferimento ai precedenti, considerati ai fini della recidiva e non
ostativi alla concessione delle generiche; ancora , illogica la considerazione della non
rilevanza della ammissione dell’addebito in ragione di un quadro probatorio consistente
evincibile dalle intercettazioni meglio indicate in sentenza , giacchè il contributo
processuale del Guarino andava comunque considerato e dava conto ugualmente della
resipiscenza del ricorrente.
5.3 Con il terzo motivo si adduce violazione di legge e mancanza di motivazione in punto
alla decisione di non escludere l’aumento di pena per la recidiva contestata. La Corte ha
motivato facendo riferimento alla contiguità delle condotte rispetto a contesti di
criminalità organizzata e in ragione dei due precedenti specifici . ma il Guarìno è rimasto
estraneo anche in punto di imputazione al contestato reato associativo mentre non è
determinante la presenza dei due precedenti specifici.
5.4 I Motivi sono tutti flanifestamenteinfondati non meritando la sentenza impugnata le
censure mosse in ricorso.

sanzionatorio. Tre i motivi di ricorso.

La motivazione sull’attenuante denegata appare legata al dato quantitativo della
sostanza ceduta ( 400 grammi per un corrispettivo determinato in euro 1200) e tanto
basta, secondo il costante orientamento di questa Corte , a supportare adeguatamente la
decisione assunta avendo il decidente fatto riferimento ad uno dei criteri considerati
dalla norma per escludere la minima afflittività della condotta.
Del pari il puntuale richiamo ai precedenti specifici finisce per assorbire esaustivamente
irrilevanza del comportamento processuale del Guarino a fronte di uno schiacciante
dato probatorio in senso accusatorio, immediatamente richiamato a supporto del
ritenere.
In punto di recidiva, appare del tutto coerente a norna e corretto sul piano logico l’aver
fatto riferimento alla contiguità delle condotte ad ambiti propri e peraltro verticistici
dell’associazione contestata in processo ( era il fornitore di Romano Vincenzo, dirigente
del sodalizio contestato al capo AI) , tanto da comprovare la maggiore pericolosità da
ascrivere alla condotta contestata e rendere assolutamente fuorvianti le considerazioni
difensive, non occorrendo al fine che sia stata mossa al ricorrente la contestazione
associativa.
5.5 Malgrado la infondatezza dei motivi del ricorso la sentenza va comunque annullata
in punto di determinazione della pena. Al ricorrente il trattamento sanzionatorio , per
illeciti afferenti l’hashish, è stato comminato guardando al minimo della pena prevista in
ragione del dato normativo all’epoca vigente ( sei anni di reclusione ).
Sul punto giova evidenziare come con la sentenza n. 32 del 2014 la Corte costituzionale
ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter, del decreto-legge
30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge
21 febbraio 2006, n. 49; norma quest’ultima con la quale era stato a sua volta novellato il
previgente disposto di cui all’art 73 Dpr 309/90. Per effetto di siffatta declaratoria, così
come evidenziato nel corpo della motivazione dalla Corte stessa ” riprende applicazione
l’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 nel testo anteriore alle modifiche con queste
apportate”, con conseguente sostanziale retroattività degli effetti della pronuncia
d’incostituzionalità.
Risulta dunque ripristinato il previgente , alla norma dichiarata incostituzionale , dato
normativo con conseguente distinzione giuridica e di pena tra droghe pesanti e leggere.
In particolare, in esito all’intervento demolitorio adottato dalla Corte, per quel che qui
immediatamente interessa , si è reintrodotto un regime sanzionatorio dotato di

l’onere argomentativo legato alle generiche vieppiù coerentemente confortato dalla

maggiore favore per le cosiddette “droghe leggere” tra le quali va annoverata quella che
è stata oggetto della detenzione ascritta ai ricorrenti essendo prevista la pena della
reclusione da due a sei anni, oltre la multa da 5.146 a 77.468 euro ( la norma dichiarata
incostituzionale, nella indistinta valutazione tra droghe leggere e pesanti , vedeva in sei
anni la pena base di riferimento) .
Gli effetti della decisione della Corte Costituzionale, per come chiarito da questa Corte,
di un motivo in tal senso articolato, essendo al fine sufficiente che i motivi originari del
gravame abbiano investito il Giudice di legittimità del controllo della motivazione ( cfr
da ultimo Sezione sesta 12727/14). E nel caso, considerando che la pena comminata è
stata considerata prendendo quale riferimento il minimo edittale previsto dalla
disciplina incostituzionale, dato questo che oggi, in ragione della disciplina reitrodotta ,
rappresenta piuttosto il massimo della pena prevista per le droghe quali quelle in
interesse, si rende necessario rimettere il nuovo giudizio alla Corte di merito affinchè la
stessa, muovendo dai più miti limiti edittali previsti oggi per la tipologia di stupefacente
oggetto di imputazione , provveda nuovamente alla determinazione del trattamento
sanzionatorio.
6. Ricorsi Romano Michele e Mazzoni Ilaria. Il primo ha riportato condanna per i reati di
cui ai capi, entrambi sanzionati ex art 73 Dpr 309/90 e uniti dal vincolo della
continuazione , di cui ai capi AR ( detenzione a fini di spaccio di cocaina ) e BU
(detenzione a fini di spaccio di hashish). La seconda è stata condannata per
l’associazione di cui all’art 74 Dpr 309/90 contestata al capo AI , per diverse ipotesi
sanzionate ex art 73 , stesso testo, ai capi BF), BN), BQ) ( solo l’ultimo dei quali inerente
hashish , gli altri cocaina ) , infine per l’estorsione di cui al capo CJ, tutti avvinti dalla
continuazione.
Entrambi, nel corso dell’appello, hanno rinunziato ai motivi diversi da quelli inerenti il
trattamento sanzionatorio; e , con gli autonomi gravami articolati in questa sede,
lamentano la mancata applicazione dell’art 129 cpp per non avere la Corte compiuto una
effettiva valutazione del materiale probatorio.
I ricorsi sono inammissibili.
Una volta che si sia rinunziato a motivi diversi da quelli afferenti la pena, la condanna,
in punto al giudizio di responsabilità, è passata in giudicato (Sez. 2, Sentenza n. 46053

del 21/11/2012 Rv. 255069) e non può essere più posta in discussione in sede di
legittimità sul piano del difetto di motivazione con riferimento alle valutazioni imposte

si applicano ai giudizi pendenti in sede di legittimità prescindendo dalla stessa presenza

ex art 129 cpp, alle quali il giudice di appello non ha motivo di riferirsi in ragione della
definitività , in parte qua, della condanna resa in primo grado. Del resto, anche a voler
ragionare diversamente , nel caso alla inammissibilità del gravame si perviene
comunque considerando la assoluta genericità dell’assunto (Sez. 7, Ordinanza n. 46280

del 12/11/2009 Rv. 245495) per la mancata indicazione di elementi concreti in forza
dei quali il giudice d’appello avrebbe dovuto adottare la pronuncia liberatoria dopo che
Giova poi considerare che nel caso di specie, avuto riguardo ad entrambi i ricorrenti,
risultano mosse contestazioni che in linea di principio , involgendo anche fatti legati a
droghe leggere , potrebbero mettere in gioco , anche per le dette posizioni, gli effetti
derivati propri della declaratoria di incostituzionalità sopra rassegnata.
Sul punto va rimarcato tuttavia che le imputazioni legate all’hashish , nel meccanismo di
determinazione della pena conseguente alla ritenuta continuazione, avuto riguardo ad
entrambe le posizioni, sono state ritenute recessive rispetto ai più gravi reati individuati
per il Romano con riferimento al capo AR ( la detenzione di cocaina) e per la Mazzoni il
capo AI ( l’associazione ex art 74 Dpr 309/90).
In siffatta situazione , come già chiarito da questa sezione della Corte ( si veda la
sentenza nr 12727/14 ) la fattispecie resta insensibile agli effetti provocati dalla citata
decisione nr 32/14 della Corte Costituzionale. Il trattamento sanzionatorio infatti una
volta individuato il reato più grave in termini diversi da quelli afferenti le fattispecie
involgenti droghe leggere ( giacchè per effetto dell’intervento demolitorio , quanto alle
droghe pesanti, resta il riferimento alla normativa dichiarata incostituzionale che reca
pene più miti di quella immediatamente pregressa), va quantificato, con riferimento ai
reati satellite , guardando , quale relativo momento di riferimento, alla pena base
dettata per la violazione più grave ( da aumentare sino al triplo) e non al dato edittale
dei singoli reati satellite ( qui quelli , in teoria, attratti dalla declaratoria di
incostituzionalità), in questa ottica ormai privi di una autonomia.
7. Ricorso MAZZONI Luciano. Luciano Mazzoni ha riportato condanna in primo grado
per il reato di cui al capo BX ( più cessioni di hashish, sanzionate ex art 73 DPr 309/91 e
81 Cp ) .

7.1 Lamenta violazione di legge e difetto di motivazione perché, pur riconoscendo le
generiche e avvalorando il dato del positivo comportamento processuale e della
personalità non particolarmente negativa del ricorrente , la riduzione è stata talmente
minimale dall’aver sostanzialmente eliso gli effetti della diminuente ( 1/12 della pena

l’imputato aveva rinunciato ai motivi di appello sul tema della responsabilità.

comminata ) . Con contraddittorietà laddove ad altro ricorrente è stata concessa la
medesima riduzione pur in presenza di una personalità negativa ( Romano Michele).
7.2 H ricorso è Fnanifestamentéjinfondato. La Corte ha adeguatamente motivato in punto
alla modestia della misura della riduzione apportata per il riconoscimento delle
generiche proprio in ragione dei precedenti descritti, che negativamente coloravano la
personalità del ricorrente, valutazione in parte elisa , nel presente procedimento , in
riconoscimento delle generiche. L’argomentare contrastato dunque non appare inficiato
da alcuna contraddizione nel raffronto con la posizione dell’altro coimputato indicato in
ricorso ; e del resto siffatta comparazione considerata l’assoluta genericità dei termini di
relativa prospettazione non costituisce di certo , sul piano della logicità del motivare,
ragione invalidante della decisione in parte qua.
Per la posizione del Mazzoni , considerata l’assoluta identità dei temi di riferimento (
reato involgente droghe leggere , comminato guardando quale pena base del
trattamento riservato il minimo edittale previsto dalla norma dichiarata incostituzionale
, oggi coincidente con il massimo del dato normativo tornato a vigere ), si ribadiscono le
considerazioni espresse in punto di pena per il Guarino , con il conseguente analogo
annullamento con rinvio dela sentenza impugnata.
8. Ricorso ATTANASIO Gianluca. Gianluca Attanasio ha riportato condanna per il reato
di cui al capo AM ( legata ad una ipotesi ex art 73 dpr 309/90, inerente più panetti di
hashish da 100 gr ciascuno destinati ad uso non esclusivamente personale ). La sentenza
riposa sulla intercettazione di un colloquio con Romano Vincenzo che i giudici del merito
hanno ritenuto fondare il giudizio di responsabilità.
8.1 Tre i motivi di impugnazione :
8.1.1 Con il primo si evidenzia violazione del disposto di cui all’art 521 cpp per mancata
correlazione tra accusa e sentenza . Nel capo di imputazione gli acquisti ascritti al
ricorrente venivano indicati siccome effettuati in Manduria e Taranto , in epoca
precedente e prossima alla data del colloquio captato.
Con la sentenza impugnata , a differenza anche di quanto ritenuto dal GUP in primo
grado, si afferma che gli acquisti degli imprecisati panetti di hashish furono
verosimilmente effettuati in Bologna. Vi sarebbe dunque una diversa considerazione del
luogo di commissione del fatto ascritto, tale da incidere considerevolmente sulle
prospettive difensive dell’imputato, chiamato a difendersi relativamente ad una
prospettazione diversa. In siffatta ipotesi il Giudice non poteva procedere a modificare,

ragione del positivo contegno processuale, quello posto a fondamento dell’intervenuto

di fatto, l’imputazione ; doveva piuttosto trasmettere gli atti al PM per un nuovo
esercizio dell’azione penale. ED in tali termini conclude il ricorrente.
8.2.2 Con il secondo motivo si adduce vizio di motivazione , per contraddittorietà e
illogicità nonché travisamento probatorio.
La Corte perviene ad una interpretazione del colloquio che è diversa da quella
prospettata prima dal PM , poi dal GIP in sede di OCC , poi dal Tribunale del riesame
stesso Gup nel definire l’abbreviato. La Corte non offre con chiarezza al lettore il sentiero
logico seguito per interpretare la telefonata ; offre anzi della stessa un significato
assolutamente distonico rispetto al tenore letterale della relativa trascrizione , dando
dunque corpo ad un evidente travisamento probatorio.
8.3.3 Con il terzo motivo, infine, si lamenta violazione del principio di cui all’art 533
cpp comma 1. La diversa valutazione resa nei momenti processuali precedenti la
decisione in appello, la logicità della versione offerta dall’imputato, dotata di una chiave
di lettura logica alternativa a quella seguita dal decidente, l’utilizzo di termini quali ”
sembra ” , “verosimilmente”, dovevano necessariamente propendere per una soluzione
conforme alla sussistenza di un ragionevole dubbio.
8.4 I motivi sono infondati.
8.4.1 Osserva la Corte come in linea di principio , ove si prenda in considerazione
atomisticamente la condotta di acquisto , tra quelle annoverate all’interno dell’art 73
Dpr 309/90 comma 1, il luogo di esecuzione dello stesso potrebbe avere rilievo
nell’ottica della individuazione degli elementi essenziali del fatto, considerato peraltro
che, guardando al caso di specie, il ricorrente da tempo non risiede nei luoghi indicati
nel capo di imputazione.
Nel caso, tuttavia, la contestazione ascritta al ricorrente si muove sotto diversi versanti,
tutti ricompresi nella eterogeneità delle autonome condotte considerate dalla norma
incriminatrice ( acquisto , ricezione o comunque detenzione ), destinate poi sul piano
logico e dinamico espresso dalla stessa imputazione , a risultare imprescindibilmente
assorbite nel fatto essenziale e comunque assorbente della detenzione illecita
finalizzata allo spaccio.
La stessa Corte in realtà, da poco spazio argomentativo al profilo dell’acquisto ( come
anche a quello della detenzione immediata della sostanza all’atto del colloquio) che
definisce non decisivo tant’è che utilizza termini come sembra ( per la disponibilità
attuale) e verosimilmente ( per l’acquisto) che rimarcano la netta differenza con le

nell’annullare il provvedimento cautelare sul piano della gravità indiziaria, infine dallo

ulteriori considerazioni successive, coerentemente rigorose e non probabilistiche, sulla
certa acquisita disponibilità della sostanza ( poco importa da chi e dove) ,
incontrovertibilmente finalizzata allo spaccio ( inequivoco è il riferimento alle comuni,
dei colloquianti, possibilità di trarre vantaggio dalla cessione ).
Ecco che dunque assume rilievo primario al fine nella vicenda, in ragione della
contestazione, la condotta assorbente di detenzione piuttosto che quella di acquisto; ed
rispetto alle prospettive difensive , giacchè, avuto riguardo al tema in disamina, quello
proposto ai sensi del’art 521 cpp , è indifferente che la detenzione della sostanza nella
disponibilità del ricorrente trovi ragione in un pregresso acquisto a Bologna, a Taranto
o Manduria, una volta che il tenore della contestazione veda nella detenzione illecita in
sé il momento comunque principale e assorbente della imputazione articolata.
La collocazione territoriale della condotta , in siffatti casi , non muta le connotazioni
della iniziativa difensiva, comunque diretta o a negare il fatto o la finalizzazione dello
stesso, ovunque sia stata resa la condotta stessa. Trattandosi pertanto di questione che
non incide sugli elementi essenziali del fatto e dunque sulla fisionomia dell’ipotesi
accusatoria, la stessa risulta priva di potenzialità inficiante e menomante le prerogative
difensive. Prerogative che, considerata l’ampiezza della contestazione, tale da vedere
chiaramente presente il fatto della detenzione a fini di uso non esclusivamente
personale e la non complessità del dato probatorio e fattuale di riferimento , risulta
tutt’altro che inficiata nella specie, con conseguente infondatezza della contestazione ex
art 521 cpp.
8.4.2 Quanto al secondo motivo, osserva la Corte che l’interpretazione del colloquio
captato diviene suscettibile di disamina in questa sede solo se la lettura offerta dal
Giudice del merito è illogica o assolutamente distante dal tenore della conversazione. E
nel caso non si rintracciano profili di illogicità nella ricostruzione del dato offerto dalla
Corte , quelli segnalati a contrario in ricorso sostanziandosi in una reiterazione della
lettura alternativa già rimarcata in appello, prontamente superata da una valutazione
lineare del colloquio operata dalla Corte, evidentemente coerente al tenore della
conversazione captata.
8.4.3 Sul terzo motivo va rimarcato in linea con la costante giurisprudenza di questa Corte

(Sez. 5, Sentenza n. 10411 del 28/01/2013 Rv. 254579) che il principio dell’oltre
ragionevole dubbio”, introdotto nell’art. 533 cod. proc. pen. dalla legge n. 46 del 2006,
non ha mutato la natura del sindacato della Corte di cassazione sulla motivazione della

in tale quadro , il riferimento al luogo di acquisizione finisce per divenire irrilevante

sentenza e non può, quindi, essere utilizzato per valorizzare e rendere decisiva la
duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto, eventualmente emerse in sede
di merito e segnalate dalla difesa, una volta che tale duplicità sia stata oggetto di attenta
disamina da parte del giudice dell’appello.
Da qui la infondatezza dei motivi di gravame.
8.5 Anche con riferimento a tale posizione, tuttavia, va ribadito quanto osservato per
all’intervento della Corte costituzionale sulla fattispecie applicata , con conseguente
annullamento, anche con riferimento al detto imputato, della sentenza impugnata.
9. Ricorso Livieri Gianluca. Gianluca Livieri ha riportato condanna in primo grado per i
reati di cui ai capi W) e CN). La Corte di appello relativamente alla aggravante correlata
al Capo W e contestata ai sensi dell’art 7 Legge 203/91 , ne ha escluso l’applicazione, pur
mantenendo invariata la pena comminata dal primo giudice , che tale aggravante
prendeva in considerazione.
9.1 Con unico motivo si lamenta violazione di legge perchè , accolto l’appello pur se
limitatamente alla sola aggravante relativa uno dei reati in continuazione, la pena non
poteva rimanere identica a quella inflitta in primo grado nè nella sua entità complessiva
nè con riferimento al singolo episodio criminoso in continuazione.
9.2 il ricorso è fondato e merita l’accoglimento.
In primo grado la violazione più grave venne considerata quella inerente la imputazione
per armi, aggravata ex art 7 legge 203/91. La pena identificata fu quella di anni tre per
tale reato più grave, la stessa pena oggi comminata per il furto di cui all’altro capo di
imputazione, ritenuto in secondo grado il reato più grave, una volta venuta meno la
riferita aggravante, espunta dalla Corte . L’aumento apportato oggi per il capo relativo
alle armi ( divenuto recessivo nella valutazione della Corte rispetto alle armi ) , è stato
poi definito sempre nella medesima misura accordata in primo grado ( ma in quella
occasione per il furto) .
Diversamente da quanto ritenuto dalla Corte distrettuale, esclusa l’aggravate ritenuta in
primo grado , il trattamento sanzionatorio disposto in esito a tale accoglimento del
motivo di appello non poteva coincidere integralmente con quello sancito in primo
grado. Il giudice dell’impugnazione, infatti , qualora accolga l’appello dell’imputato
relativamente a circostanze o a reati concorrenti, anche se unificati dalla continuazione,
ha l’obbligo di diminuire corrispondentemente la pena complessivamente irrogata ( tra
le tante, cfr da ultimo Sez. 6, Sentenza n. 16239 del 27/02/2013 Rv. 256250). In caso di

Guarino e Mazzoni Luciano in ordine al trattamento sanzionatorio in conseguenza

appello del solo imputato, infatti, il principio del divieto di reformatio in peius, sancito
dall’art. 597 c.p.p., comma 3, non può non coniugarsi alla necessaria rivisitazione e
diminuzione della pena postulata dal citato art. 597 c.p.p., comma 4, allorché
l’accoglimento in tutto o in parte di uno specifico motivo di gravame dell’imputato
investa una regiudicanda integrata da più reati “unificati per la continuazione”. È di tutta
evidenza che in simili casi, in cui l’art. 597 c.p.p., comma 4, impone che la pena
di appello che su impugnazione del solo imputato riformi la prima sentenza, eliminando
la sussistenza di una o più circostanze aggravanti contestate, non può esimersi
dall’operare una correlata contrazione della pena, speculare al ridotto o diminuito
disvalore espresso dal fatto criminoso in difetto dell’aggravante esclusa. Il principio del
divieto di reformatio in peius del trattamento sanzionatorio in presenza di una
impugnazione del solo imputato investe, d’altro canto e come affermato dalla stabile
giurisprudenza di questa S.C., non solo il risultato quantitativo finale della pena, ma
anche tutti gli elementi che concorrono a formare il calcolo della pena (cfr., ex plurimis:
Cass. S.U., 27.9.2005 n. 40910, Morales, rv. 232066; Cass. Sez. 4, 4.11.2010 n. 41585,
Pizzi, rv. 248549; Cass. Sez. 3, 22.9.2011 n. 40007, lqbal, rv. 251471).
Per l’effetto, dunque , ferma l’affermata responsabilità per il fatto in contestazione, la
sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla determinazione della pena
comminata con rinvio alla Corte di Appello di Lecce perché proceda a nuovo giudizio sul
punto in questione applicando il principio di diritto sopra rassegnato.
10. Ricorso BABUSCIO Mario. Mario Babuscio ha riportato condanna in primo grado per
i reati di cui ai capi E), G), J). Nel corso del giudizio di appello ha rinunciato a mezzo del
suo procuratore ai motivi di appello diversi da quello inerente il trattamento
sanzionatorio ed il riconoscimento delle attenuanti generiche.
10.1 Con il ricorso si lamenta violazione di legge e difetto di motivazione con riferimento
alle generiche ( primi due motivi ) . La Corte si è ancorata alla presenza dei precedenti,
secondo una valutazione meramente apparente , priva di una effettiva e critica
considerazione del dato legato al riconoscimento dell’addebito ed alla collaborazione
processuale mostrata dal ricorrente . Ha poi confuso le generiche con la valutazione
positiva fatta con riferimento alla attenuante dell’art 8 legge 203 /91 , così confondendo
il piano delle due diminuenti, assolutamente’aittoniami tra loro.
10.2 Con il terzo motivo lamenta l’eccessività della pena che , in ragione del
comportamento del ricorrente, andava contenuta nei limiti edittali.

complessivamente irrogata sia “corrispondentemente” diminuita in parte qua, il giudice

10.3 I primi due motivi sono manifestamente infondati. E’ infatti assolutamente puntuale
la motivazione che fa riferimento ai precedenti, peraltro dotati di specifica e richiamata
gravità : e la violazione di legge addotta in ricorso risulta contrastata dalla autonoma
considerazione che viene posta con riferimento all’art 8 legge 203/91 , il cui richiamo
viene operato senza confondere i piani delle diverse diminuenti ma solo per evidenziare
che l’aspetto della collaborazione, superato dalla gravità dei precedenti quanto alle
decisamente rispetto al primo grado, la diminuente speciale, finendo ivi per esaurire il
portato di positività riferibile al relativo dato.
10.4 L’ultimo motivo è inammissibile per la genericità della doglianza, che, a fronte della
esaustività della motivazione adottata in ragione della pena comminata non contiene
alcuna specificazione del vizio invalidante la sentenza , sostanziandosi esclusivamente
quanto inammissibilmente in una sorta di invocata rivisitazione del trattamento
disposto.
11. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi di Miolla , Mazzoni Ilaria, Romano e
Babuscio segue la condanna al pagamento delle spese processuali e ciascuno della
somma di euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende.
PQM

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Livieri Gianluca limitatamente alla
misura della pena e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di
Appello di Lecce.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Guarino Vito, Attanasio Gianluca ,
Mazzoni Luciano, limitatamente alla misura della pena e rinvia per nuovo giudizio sul
punto ad altra sezione della Corte di Appello di Lecce; rigetta nel resto i ricorsi dei
predetti.
Dichiara inammissibili i ricorsi di Miolla Cristian , Mazzoni Ilaria , Romano Michele,.
Babuscio Mario iche condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di
euro 1000 ciascuno alla cassa delle ammende.
Così deciso il 9 aprile 2014.

attenuanti , era stato preso in considerazione nell’applicare , peraltro ancor piu

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