Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19251 del 13/03/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 19251 Anno 2015
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BABANDI LUCA N. IL 07/11/1971
avverso la sentenza n. 6904/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
01/04/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 13/03/2015

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Mario Fraticelli, ha
concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Cutugno, il quale si riporta ai motivi
di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Babandi Luca propone ricorso per cassazione contro la sentenza

condanna ad anni 1 e mesi 2 di reclusione emessa dal tribunale di Milano
in data 29 maggio 2013.
2.

A sostegno del ricorso propone i seguenti motivi:
a.

Mancanza o manifesta illogicità della motivazione con
riferimento all’ipotesi di travisamento del fatto-nullità della
sentenza. In via subordinata eccepisce l’eccessiva gravosità
della pena, che andava contenuta in un’entità più adeguata
alla gravità del fatto ed alle necessità rieducative.

b. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento
all’ipotesi di condanna-travisamento del fatto-nullità della
sentenza; con il motivo si lamenta, in sostanza, che
l’affermazione di responsabilità si sia basata unicamente sulle
dichiarazioni della persona offesa dal reato.
c.

Mancanza di motivazione con riferimento alla eccessività della
pena inflitta-mancato riconoscimento delle circostanze
attenuanti generiche; sotto tale profilo osserva che la pena
poteva essere contenuta in un’entità più adeguata alla gravità
del fatto ed alle necessità rieducative. Il giudice avrebbe
dovuto contenere la pena nel minimo edittale, nonché
riconoscere le attenuanti generiche con prevalenza sulle
contestate aggravanti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile; va premesso, innanzitutto, che in
cassazione, a seguito delle modifiche dell’art. 606, comma primo,
lett. e) ad opera dell’art. 8 della L. n. 46 del 2006, non è consentito
dedurre il “travisamento del fatto”, stante la preclusione per il giudice
1

della Corte d’appello di Milano che ha confermato la sentenza di

di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze
processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 6,
n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099; conf. Sez. 5, n. 39048 del
25/09/2007, Casavola).
2. Ciò premesso, si osserva che il primo motivo di ricorso è
assolutamente generico, non evidenziando alcuno specifico vizio della
sentenza, ma limitandosi a considerazioni generali in ordine alla
valutazione della prova nel processo penale ed a contestazioni del

3. Il secondo motivo di ricorso è anch’esso generico, non
individuando alcuno specifico elemento della sentenza che meriti una
censura di legittimità; quanto alla persona offesa, la Corte d’appello ha
confermato motivatamente il giudizio di credibilità (si veda la pagina 5
della sentenza, dove si richiama la logicità, coerenza e non
contraddittorietà delle sue dichiarazioni) ed è noto che la deposizione
della persona offesa – dopo che sia stata vagliata la sua attendibilità costituisce prova piena e può essere pertanto assunta, anche da sola,
come prova della responsabilità dell’imputato. Nel caso di specie,
peraltro, la Corte non ha mancato di evidenziare anche la esistenza di
riscontri alle dichiarazioni del Ferrante, rilevando che l’imputato non ha
fornito alcuna spiegazione plausibile dell’accaduto.
4. Il terzo motivo di ricorso è ancora una volta generico e comunque
censura valutazioni di merito che hanno trovato in sentenza adeguata
motivazione alla pagina 6, ove si spiega che le attenuanti generiche non
possono essere concesse per la gravità del fatto, reso ancor più
esecrabile per la particolare situazione di minorata difesa della parte
lesa, senza che emergano significativi elementi di carattere positivo a
favore dell’imputato. Quanto alla misura della pena, il giudice di appello
ha condiviso pienamente le ragioni esposte dal primo giudice, a fronte
delle quali le censure introdotte con il ricorso per cassazione manifestano
tutta la loro genericità e contrastano comunque con la ritenuta gravits
del fatto di reato (valutazione di merito adeguatamente motivata e
dunque non sindacabile in sede di legittimità).
5.

Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alla
declaratoria di inammissibilità segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché
(trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa
emergenti dal ricorso: cfr. Sez. 2, n. 35443 del 06/07/2007,
2

tutto generiche sulla motivazione del provvedimento impugnato.

Ferraloro, Rv. 237957) al versamento, a favore della cassa delle
ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare
in Euro 1.000,00.

p.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a

Così deciso il 13/3/2015

favore della cassa delle ammende.

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