Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19239 del 27/03/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 19239 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PAPPALARDO FRANCESCO N. IL 07/03/1965
avverso la sentenza n. 2702/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
17/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

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Data Udienza: 27/03/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 17 giugno 2013 la Corte d’appello di Milano, in parziale riforma della sentenza
emessa in data 9 novembre 2011 dal Tribunale di Milano, ha rideterminato in mesi 5 e giorni 10 di
reclusione, la pena inflitta a Francesco Pappalardo per il reato di evasione, commesso in data 27
settembre 2006 e sino al 4 ottobre 2006, per non avere raggiunto la propria abitazione a seguito

misura cautelare degli arresti domiciliari. Con la sentenza di primo grado, emessa all’esito di giudizio
abbreviato, il Pappalardo era stato condannato alla pena di mesi dieci di reclusione, applicata la
diminuente del rito e ritenuta l’equivalenza dell’attenuante di cui all’art. 385, comma 4, c.p., alla
contestata recidiva.

2. Avverso la su indicata sentenza della Corte d’appello di Milano ha personalmente proposto
ricorso per cassazione il Pappalardo, deducendo quattro motivi:

2.1. violazione di legge in relazione agli artt. 601, comma 5 e 178, lett. c), c.p.p., per omessa
notificazione del decreto di citazione per il giudizio d’appello sia nei confronti del difensore che
dell’imputato: il telefax inviato presso lo studio del difensore in data 27 aprile 2013 non è stato mai
ricevuto;

2.2. violazione dell’art. 597, comma 3, c.p.p., avendo la Corte d’appello applicato in concreto una
pena base più grave rispetto a quella irrogata in primo grado (ossia, il minimo edittale aumentato di un
terzo, anziché di un quarto, come avvenuto dinanzi al Tribunale);

2.3. erronea applicazione della legge e carenze motivazionali in ordine all’affermazione della penale
responsabilità, non avendo la Corte d’appello argomentato in merito alle circostanze puntualmente
addotte dalla difesa a giustificazione del fatto;

2.4. erronea applicazione della legge riguardo alla declaratoria di sussistenza della recidiva,
all’omessa concessione delle attenuanti generiche e di cui all’art. 385, comma 4, c.p., con giudizio di
prevalenza sulla contestata recidiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1

dell’ordinanza del Tribunale di Milano in data 27 settembre 2006, che applicava nei suoi confronti la

3. Il primo motivo di ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate: lo stesso, pertanto, deve
essere accolto, con rilievo assorbente rispetto alle residue censure difensive.

4. Dagli atti processuali, invero, non risulta essersi perfezionato il procedimento di notifica del
decreto di citazione per il giudizio d’appello nei confronti del difensore dell’imputato, al cui studio
sembra essere stato inviato un telefax in data 27 aprile 2013, senza alcuna prova che l’avviso stesso sia

senza dar conto del necessario esito positivo della relativa comunicazione.

5. A tale riguardo, è noto che l’omessa notifica dell’avviso di udienza di appello al difensore di
fiducia è causa di nullità assoluta del decreto di citazione a giudizio e dei successivi atti, sanabile solo
dalla comparizione del difensore stesso (Sez. 2, n. 2784 del 11/10/1991, dep. 16/03/1992, Rv. 189389),
non potendo l’imputato essere privato del diritto di affidare la propria difesa ad una persona che
riscuota la sua fiducia (Sez. 3, n. 6240 del 14/01/2009, dep. 13/02/2009, Rv. 242530).

6. Ne consegue l’annullamento con rinvio della pronuncia impugnata, sì da porre rimedio al vizio
processuale in questa Sede rilevato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d’appello di
Milano.

Così deciso in Roma, lì, 27 marzo 2014.

stato effettivamente ricevuto, come attestato dalla dicitura “nessuna risposta”, che figura ivi apposta,

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