Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19233 del 07/02/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19233 Anno 2018
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PARRINI ALESSANDRO nato il 15/07/1959 a FIRENZE

avverso la sentenza del 18/10/2016 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALFREDO GUARDIANO;

Data Udienza: 07/02/2018

FATTO E DIRITTO
1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Firenze
riformava solo parzialmente in senso favorevole al reo la sentenza con
cui il tribunale di Firenze, in data 2.9.2015, aveva condannato Parrini
Alessandro alla pena ritenuta di giustizia, in relazione ai reati in rubrica
ascrittigli
Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede

l’annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato,
lamentando violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento
alla mancata risposta della corte territoriale sulla richiesta di
applicazione dell’art. 49, c.p., in relazione al reato di furto tentato, di cui
al capo A), ricorrendo, ad avviso del ricorrente, un’ipotesi di reato
impossibile, atteso il modesto valore dei beni (pochi spiccioli) oggetto
della condotta illecita.
3.

Il ricorso va dichiarato inammissibile, perché sorretto da motivi

manifestamente infondati.
Ed, come affermato dall’orientamento dominante nella giurisprudenza di
legittimità, non si configura un reato impossibile nel caso in cui il bene,
oggetto del delitto di rapina, abbia un modesto valore patrimoniale, in
quanto l’inesistenza dell’oggetto materiale del reato acquista rilevanza
giuridica, ed esclude la sussistenza del delitto, soltanto quando esso sia
inesistente “in rerum natura” oppure sia assoluta ed originaria (cfr., ex
plurimis, Cass., sez. II, 3.12.2009, n. 8763, rv. 246452).
L’inammissibilità ab origine del menzionato motivo di appello rende,
pertanto, irrilevante il silenzio serbato dalla corte territoriale sul punto
(cfr. Cass., sez. VI 6.10.2015, n. 47722, rv. 265878).
4. Alla dichiarazione di inammissibilità, segue la condanna del ricorrente,
ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento
e della somma di euro 2000,00 a favore della cassa delle ammende,
tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilità dei motivi di
impugnazione, non consente di ritenere quest’ultimo immune da colpa
nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr.
Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).

2.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 2000,00 in favore della
cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 7.2.2018.

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