Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19231 del 07/02/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19231 Anno 2018
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PALMERI ANTONINO nato il 26/04/1964 a PALERMO

avverso la sentenza del 14/12/2016 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALFREDO GUARDIANO;

Data Udienza: 07/02/2018

I

FATTO E DIRITTO
1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Palermo
confermava la sentenza con cui il tribunale di Palermo, in data
3.10.2014, aveva condannato Palmeri Antonino alla pena ritenuta di
giustizia, in relazione al delitto di tentato furto aggravato, continuato, in
rubrica ascrittogli.
Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede

l’annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato,
lamentando violazione di legge e vizio di motivazione, in ordine
all’inadeguata valutazione del compendio probatorio (che ove
correttamente svolta avrebbe consentito di escludere, tra l’altro, la
ritenuta continuazione “interna” tra i più fatti di furto tentato) ed alla
entità della pena inflitta, ritenuta eccessiva, anche in considerazione del
mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e della circostanza
attenuante, di cui all’art. 62, n. 4, c.p.
3. Il ricorso va dichiarato inammissibile.
Con esso, infatti, il ricorrente propone, in termini assolutamente
generici, una mera rivalutazione del compendio probatorio, non
consentita in questa sede, stante la preclusione, per il giudice di
legittimità, di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze
processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, e
considerato che, in tal caso, si demanderebbe alla Cassazione il
compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimità, quale è
quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di
merito ai fini della decisione (cfr.

ex plurimis,

Cass., sez. VI,

22/01/2014, n. 10289), che, nel caso in esame, si fonda su di una
approfondita disamina delle risultanze processuali, con la quale il
ricorrente, in realtà, non si confronta.
Di natura fattuale, attenendo all’entità del trattamento sanzionatorio, e
manifestamente infondati risultano gli ulteriori motivi di ricorso.
La corte territoriale, invero, ha correttamente individuato nella gravità
dei fatti e nell’esistenza di plurimi precedenti penali, anche specifici, i
criteri ai quali ancorare la determinazione dell’entità della pena e, al

2.

tempo stesso, l’ostacolo alla concessione delle invocate circostanze ex
art. 62 bis, c.p., concessione delle invocate circostanze ex art. 62 bis,
c.p., facendo, pertanto, corretto uso dei criteri fissati dall’art. 133, c.p.,
conformemente all’orientamento dominante nella giurisprudenza di
legittimità, che giustifica il diniego delle attenuanti generiche anche solo
sulla base dell’esistenza di precedenti penali o della gravità della

sez. III, 23/04/2013, n. 23055, rv. 256172).
La corte territoriale, infine, ha escluso la configurabilità dell’attenuante
di cui all’art. 62, n. 4, c.p., evidenziando, sulla base di una valutazione
né irrazionale, né arbitraria, che, in considerazione di una valutazione
complessiva dell’azione criminosa, rivolta verso più autovetture, il danno
non può ritenersi di lieve entità (né l’imputato ha dimostrato, come
sarebbe stato suo onere, la sussistenza di elementi di fatto idonei a
giustificare l’affermazione della configurabilità della circostanza
attenuante di cui invoca il riconoscimento: cfr. Cass., sez. I, 3.12.2010,
n. 2663, rv. 249548).
4. Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente,
ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento
e della somma di euro 2000,00 a favore della cassa delle ammende,
tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilità dei motivi di
impugnazione, non consente di ritenere il ricorrente medesimo immune
da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità
(cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 2000,00 in favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 7.2.2018.

condotta (cfr., ex plurimis, Cass, sez. IV, 28/05/2013, n. 24172; Cass.,

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