Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19229 del 22/01/2015
Penale Sent. Sez. 5 Num. 19229 Anno 2015
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BONACCORSI ANGELA N. IL 02/01/1951
avverso la sentenza n. 9/2012 TRIBUNALE di CATANIA, del
19/03/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/01/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.
Data Udienza: 22/01/2015
- Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione,
dr. Mario Pinelli, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata.
– Udito, per la ricorrente, l’avv. Giuseppe Lipera, che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso.
1. Il Giudice di pace di Catania, con sentenza confermata dal locale Tribunale in
data 19/3/2014, ha ‘ritenuto Bonaccorsi Angela responsabile di ingiuria in danno
di Greco Giuseppe e l’ha condannata a pena di giustizia, oltre al risarcimento dei
danni in favore della costituita parte civile.
L’imputata, che aveva acquistato una borsa nel negozio gestito dal Greco,
insoddisfatta della qualità dell’oggetto, era tornata da lui e, dopo aver atteso
inutilmente la sostituzione della borsa, ebbe a dirgli: “Il fatto è che voi non siete
all’altezza di vendere borse firmate…non avete professionalità”.
2.
Ha presentato ricorso per Cassazione, nell’interesse dell’imputata, l’avv.
Giuseppe Lipera, per mancanza di motivazione in ordine all’elemento oggettivo e
a quello soggettivo del reato. Lamenta che l’affermazione di responsabilità sia
avvenuta sulla base delle dichiarazioni della sola persona offesa, non sottoposte
a vaglio critico e smentite dal teste Blasco, che avrebbe ricondotto alla figlia
dell’imputata la frase incriminata. Deduce la mancanza di offensività della frase,
nonché della intenzionalità offensiva della sua pronuncia, e lamenta che non sia
stata applicata l’esimente dell’art. 599, comma 2, cod. pen., di cui ricorrerebbero
gli estremi per il comportamento tenuto, nell’occasione, dal Greco (che trattò
l’imputata con sufficienza e la invitò a lasciare il negozio). Lamenta, infine, che il
Pubblico Ministero d’appello non si sia astenuto, nonostante fosse lo stesso del
primo grado.
Con altro ricorso depositato comunque nei termini, l’avv. Lipera ha censurato la
sentenza anche per assenza di motivazione in ordine alla condanna al
risarcimento del danno e alla sua quantificazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
E’ fondata la principale questione sollevata dalla ricorrente (quella relativa
alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato).
Emerge con chiarezza dalla sentenza impugnata che Bonaccorsi Angela
riteneva di aver subito un torto dal venditore della borsa, a cui imputava di
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RITENUTO IN FATTO
averle venduto un oggetto – che avrebbe dovuto essere di pregio – difettoso, e
che ebbe a dolersi con lui della qualità del bene compravenduto; inoltre, che
sollecitò il cambio della borsa, ricevendone prima risposte interlocutorie e poi
risposta negativa. Non può revocarsi in dubbio che il consumatore abbia il diritto
di criticare il venditore, allorché ritenga di aver subito un torto nella gestione del
rapporto commerciale che lo riguarda, purché si tratti di critiche “continenti” e
relative al rapporto di cui è stato parte. E’ escluso, quindi, che siano giustificate
critiche generalizzate o aggressioni della sfera morale della controparte, potendo
dall’ordinamento a favore della parte adempiente. Nella specie, non può dirsi che
Bonaccorsi abbia ecceduto nella critica, avendo messo in discussione la
professionalità del venditore nel commerciare “borse firmate”; vale a dire, un
genus a cui apparteneva il bene da lei acquistato. Pertanto, sebbene non possa
negarsi che l’espressione avesse un limitato carattere offensivo, la stessa doveva
ritenersi scriminata dal diritto di critica, che non è stato esercitato – nella specie
– in maniera esorbitante rispetto agli scopi per cui è riconosciuto
dall’ordinamento. Nel mettere in discussione la professionalità del Greco,
l’acquirente intendeva, all’evidenza, mettere in discussione la professionalità con
cui era stato gestito il rapporto che la riguardava; vale a dire una vendita da cui,
per i motivi già detti, riteneva di essere stata danneggiata.
Consegue a tanto che la sentenza va annullata senza rinvio perché il fatto
non costituisce reato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.
Così deciso il 22/1/2015
ogni diverbio, o ogni torto commerciale, trovare tutela nei rimedi apprestati