Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19229 del 15/12/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19229 Anno 2017
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

SEMPLIFICATA

sul ricorso proposto da:
RUSSO ALBERTO N. IL 01/10/1980
avverso la sentenza n. 5354/2010 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
11/05/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/12/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Ì?a
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 15/12/2016

MOTIVI DELLA DECISIONE

RUSSO Alberto ricorre per Cassazione avverso la sentenza 11.5.2015 con la quale
la Corte d’Appello di Napoli lo ha condannato alla pena di ani due, mesi otto di reclusione e 800,00 € di multa per la violazione dell’art. 629 cod. pen.
La difesa chiede l’annullamento della decisione impugnata deducendo i seguenti
motivi così riassunti entro i limiti previsti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
§1.) Violazione dell’art. 500 cod. proc. pen.

sta di annullamento dell’ordinanza 8.7.2009 con la quale il tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha disposto l’acquisizione delle dichiarazioni rese nella fase delle
indagini preliminari dalla persona offesa di Blasio Felice.
§2.)

Violazione, degli articoli 110, 56, 629 cod. pen. e vizio di motivazione

in relazione alla riaffermata responsabilità dell’imputato per il delitto di tentata
estorsione non avendo la Corte d’Appello tenuto nella dovuta i molteplici elementi,
evidenziati dalla difesa, dimostrativi della totale estraneità dell’imputato ai fatti
contestati.
§3.)

vizio di motivazione e violazione di legge in ordine al mancato ricono-

scimento delle circostanze attenuanti generiche ed in ordine all’affermazione della
sussistenza della fattispecie aggravata di cui al secondo comma dell’articolo 629
codice penale.

RITENUTO IN DIRITTO

Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte d’Appello (vv. pp. 3,4 della sentenza), sollecitata dalla difesa alla verifica
della legittimità dell’ordinanza 8.7.009 con la quale il tribunale, ex art. 500 comma
IV cod.proc. pen., ha acquisito le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari dalla persona offesa, ha verificato l’esistenza di atti volti a condizionare la
persona offesa (dopo aver reso dichiarazioni alla polizia giudiziaria) consistenti in
minacce espresse nei suoi confronti dal figlio dell’imputato che lo aveva aggredito
in pieno giorno in luogo affollato.
L’articolo 500 IV comma cod. proc. pen. prevede la legittima acquisizione al fascicolo per il dibattimento delle dichiarazioni testimoniali contenute nel fascicolo del
Pubblico Ministero e rese nel corso delle indagini preliminari, quando, per le circostanze emerse nel corso del dibattimento vi sono elementi concreti per ritenere
che il testimone sia stato sottoposto a violenza o a minaccia, affinchè non deponga o deponga il falso.
I giudici di merito hanno rinvenuto e indicato la specifico elemento di fatto costituente il presupposto per la applicazione dell’art. 500,00 comma 4 cod. proc. pen.

La difesa sostiene che la Corte d’Appello ha errato in diritto nel rigettare la richie-

L’apprezzamento del presupposto di fatto, ritenuto condizionante il testimone,
rientra fra le valutazioni di merito non sindacabili in questa sede in quanto adeguatamente motivata.
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. La difesa ha formulato doglianze generiche senza indicare specifici vizi della motivazione, desumibili dal testo del provvedimento impugnato; la difesa ricorrente si è limitata a
proporre una valutazione alternativa del dato probatorio attraverso un confronto
diretto con esso. Si tratta della formulazione di doglianze che per il contenuto esu-

Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato sia in relazione alla
ritenuta esistenza della circostanza aggravante prevista dal secondo comma
dell’articolo 629 cod. pen., (Nella forma delle più persone riunite), sia in relazione
all’esclusione delle circostanze attenuanti generiche.
In relazione a queste ultime la corte d’appello, con giudizio nel merito non sindacabile, ha preso in considerazione i parametri della gravità del fatto e della personalità dell’agente sottolineando che l’imputato è gravato da numerosi precedenti
penali anche specifici. Si tratta della valorizzazione di elementi di fatto del tutto
legittimanti, ex art. 133 cod. pen. l’esclusione del riconoscimento delle attenuanti
generiche.
Parimenti giustificato il riconoscimento dell’aggravante della commissione del fatto
di estorsione in più persone riunite. La Corte d’Appello [v. pag. 5 della sentenza]
ha indicato in modo specifico e puntuale la circostanza di fatto in base alla quale
ha ritenuto integrata la circostanza in esame.
La motivazione, corretta in diritto, è insindacabile nella ricostruzione del fatto.
Per le suddette ragioni il ricorso è inammissibile il ricorso e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di C
1.500 alla Cassa delle Ammende, così equitativamente determinata la sanzione
amministrativa prevista dall’art. 616 cod. proc. pen., ravvisandosi nella condotta
del ricorrente gli estremi della responsabilità ivi stabilita.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.500,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 15.12.2016
Sentenza a motivazione semplificata.

lano dal perimetro del giudizio di legittimità

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