Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19220 del 09/04/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 19220 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROCHIRA COSIMO N. IL 25/09/1977
avverso la sentenza n. 9/2012 CORTE ASSISE APPELLO di LECCE,
del 07/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito,

la parte civile, l’Avv

it i difensor Avv.

Data Udienza: 09/04/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Francesco Salzano,
ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Per il ricorrente sono presenti gli Avvocati Maggio e Coppi, i quali
concludono per raccoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza 5/5/07 il Gup del Tribunale di Taranto, in esito a

premeditazione e dei motivi abbietti o futili e con l’attenuante della
provocazione, la continuazione e la diminuente del rito, condannava
Rochira Cosimo alla pena di anni 12 di reclusione per i reati (accertati
in agro di San Giorgio Ionico, il 29/1/05) di omicidio in danno di
Putignano Angelo e tentato omicidio in danno di Leuzzi Cesareo (capo
A) e di detenzione e porto illegali di una pistola e delle relative
munizioni (capo B). Con pena accessoria e misura di sicurezza e con
le statuizioni in favore delle costituite parti civili.
2.

Con sentenza 29/9/10 la Corte di Assise di Appello di Taranto, in
parziale riforma, esclusa l’attenuante della provocazione e nel
concorso di

attenuanti generiche (per la

incensuratezza

dell’imputato), elevava la pena inflitta ad anni 14 di reclusione. Con
conferma nel resto.
3.

Intorno alle 13 del 29/1/05 tale Muzio Andrea, titolare di un’azienda
agricola sita in contrada Baronia di San Giorgio Ionico, informava
telefonicamente i CC della locale stazione che poco prima si era
presentato da lui un giovane con una pistola infilata nella cintura dei
pantaloni, che, dopo avergli detto di avere sparato a due persone, gli
chiedeva di accompagnarlo alla caserma dei CC di Francavilla
Fontana, consentendo poi per quella, più vicina, di San Giorgio
Ionico. Durante il tragitto, però, incrociava l’Alfa Romeo 156 di uno
che evidentemente conosceva e richiamata la sua attenzione
scendeva e proseguiva con l’altro.

4.

Nel frattempo presso l’ospedale di Francavilla Fontana era ricoverato,
con ferite di arma da fuoco, tale Leuzzi Cesareo, che riferiva che nelle
vicinanze di un capannone, nei cui pressi egli aveva lasciato la
propria Fiat Punto, c’era una cadavere. Era così che i carabinieri,
portatisi nel luogo dove sorgeva il capannone industriale della
Soluzioni Chimiche Srl, in contrada Baronia di San Giorgio Ionico,
1

giudizio abbreviato, escluse le aggravanti contestate in itinere della

trovavano il cadavere di tale Putignano Angelo (nel corso della
perquisizione era rinvenuto anche un autocarro di illecita
provenienza, che, come si sarebbe appurato, era stato ceduto dal
Putignano ai titolari della predetta società che poi avevano
provveduto a cambiare le targhe).
5.

Nel frattempo si presentava ai CC uno dei due titolari, tale Iurlaro
Florindo, presente al duplice fatto di sangue. Spiegava, infatti, Iurlaro
che nei giorni precedenti era stato avvicinato dal Putignano, detto ù

Rochira, lo invitava a dare appuntamento al detto Rochira la mattina
del 29 presso il suo capannone (senza dirgli nulla della sua
presenza), avendo a sua volta un credito (di Euro 90.000) nei suoi
confronti e volendo decidere con lui le modalità del pagamento.
6.

Così era avvenuto e nella tarda mattinata di quel 29/1 egli si era
recato con la propria auto al capannone seguito dal suo socio Lieti
(Luigi) e dallo stesso Putignano a bordo di una Fiat Punto condotta
dal Leuzzi. Dopo circa tre quarti d’ora sopraggiungeva su un’Alfa
Romeo 156, accompagnato da persona sconosciuta, il Rochira che,
entrato negli uffici, cominciava a discutere con i presenti. Era a quel
punto che compariva il Putignano, che, fatti uscire il suo
accompagnatore e quello del Rochira, rivendicava il suo credito nei
confronti di quest’ultimo e subordinava l’estinzione del debito dello

7.

Iurlaro verso il Rochira a quello del Rochira nei suoi confronti.

8.

Sia pur malvolentieri il Rochira accettava e la compagnia si
scioglieva.

9.

Si allontanava dapprima il Lieti. Lo stesso stava facendo lo Iurlaro,
quando alle sue spalle udiva dei colpi di arma da fuoco;

10. giratosi, vedeva il Putignano a terra, mentre il Rochira e il suo
accompagnatore scavalcavano la recinzione del capannone essendosi
nel frattempo richiuso il cancello elettrico. Al contempo, il Leuzzi
ferito, chiedeva aiuto ed egli lo accompagnava in ospedale (un
giubbotto raccolto da terra che credeva del Leuzzi era in realtà del
Rochira).
11. Analoga testimonianza rendeva il Lieti, che però si era allontanato
prima degli spari ed era stato informato del seguito dal socio per
telefono.

biondo, che, avendo appreso di un suo debito nei confronti del

12. Nel primo pomeriggio del 30/1 si costituiva il Rochira, affermando
che nell’occorso vi era stata una violenta colluttazione con il
Putignano, che a un certo punto aveva estratto una pistola. Nel
tentativo di sottrargliela erano partiti alcuni colpi, che erano andati a
colpire sia il Putignano che il Leuzzi. Egli era creditore dello Iurlaro
per un prestito di Euro 102.000 ed il Putignano, comparso
inaspettato, voleva trattenere gli assegni che egli aveva appena
ricevuto dai due soci a garanzia della somma che a dire di quello gli

il Rochira aveva consumato in territorio di Francavilla). Quindi la lite,
la minaccia con la pistola, la zuffa e gli spari. Durante la fuga a piedi
aveva gettato l’arma sul terreno (peraltro mai ritrovata). In verità
dieci assegni erano stati recuperati nelle tasche del morto.
13. La versione era confermata da tale D’Angelo Sabatino, che l’aveva
accompagnato sul luogo del fatto.
14. Diverso il narrato del Leuzzi, sentito dapprima in ospedale e
successivamente in sede di formale denuncia: era stato
improvvisamente il Rochira a sparare prima un colpo contro di lui, poi
altri contro il Putignano (intervenuto a sua difesa) e poi ancora altri
contro di lui, colpendolo infine al braccio destro. Sulla base di questi
elementi di prova (integrati dal contenuto di alcune conversazioni
intercettate, telefoniche ed ambientali, e da considerazioni logiche)
l’affermata reità del Rochira, esclusa l’ipotesi dell’esimente della
legittima difesa.
15. In appello veniva negata la circostanza attenuante della
provocazione, e tuttavia il conseguente aumento di pena era mitigato
dalla concessione delle attenuanti generiche.
16. Ricorrevano per cassazione il PG a quo e la difesa dell’imputato. Il
PG deduceva: 1) violazione di legge e vizio di motivazione per
l’esclusione dell’aggravante della premeditazione (non incompatibile
col dolo condizionato e stante la pregressa e dichiarata ostilità
malavitosa tra il Rochira ed il Putignano); 2) violazione di legge e
vizio di motivazione per l’esclusione dell’aggravante dei motivi
abbietti o futili; 3) mancanza di motivazione per le concesse
attenuanti generiche; 4) mancanza di motivazione in ordine
all’aumento di pena per la continuazione.

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era dovuta come “comandante della zona” (per una grossa truffa che

17. La difesa dell’imputato deduceva: 1) violazione di legge e vizio di
motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’esimente della
legittima difesa e in ordine alla esclusione dell’attenuante della
provocazione; 2) vizio di motivazione in ordine alla rideterminazione
della pena.
18.

Degli opposti ricorsi avverso la sentenza di secondo grado veniva
accolto, limitatamente all’esclusa provocazione, quello dell’imputato.

provocazione non è richiesta una vera e propria proporzione tra
offesa e reazione, mentre è comunque necessaria l’adeguatezza della
risposta rispetto alla gravità del fatto ingiusto, occorrendo un nesso
causale tra il secondo e la prima che va escluso in presenza di una
sproporzione molto consistente, la corte di cassazione ha ritenuto che
il giudice di merito avesse concluso per l’inadeguatezza della reazione
del Rochira senza aver adeguatamente spiegato in cosa
consistessero, con riferimento al caso concreto, le differenze tra i
concetti di sproporzione (insufficiente a negare la provocazione, per
essa tradizionalmente bastando una soggettiva riferibilità della
reazione all’offesa subita) e oggettiva inadeguatezza (sufficiente
invece a escluderla).
20. La prima sezione di questa corte, pertanto, annullava la sentenza sul
punto, invitando il giudice del rinvio a precisare tale aspetto decisivo
(l’adeguatezza della risposta al fatto ingiusto) per l’esclusione o meno
dell’attenuante.
21. Quanto al motivo sul trattamento sanzionatorio, rilevava che il
giudice d’appello, nel rideterminare la pena, l’aveva indebitamente
aumentata per la continuazione da due a tre anni di reclusione, una
volta accolto il gravame dell’V’,VPnitatamente
alla richiesta di
esclusione della provocazione. A seguito del nuovo giudizio dovuto
all’annullamento, il giudice del rinvio doveva dunque provvedere a
tener fermo l’aumento di pena in anni due di reclusione, avendo
anche cura di specificare il quantum di esso per la continuazione
interna al reato sub A (omicidio e tentato omicidio) ed esterna per il
reato sub B (sulle armi).
22. La Corte di assise d’appello di Lecce, quale giudice di rinvio, ha
ritenuto che nella specie difettasse il presupposto dell’offesa ingiusta
da parte della vittima, di modo che irrilevante era procedere alla

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19. Premesso che per la sussistenza della circostanza attenuante della

valutazione della proporzione ed adeguatezza della reazione. In ogni
caso riteneva che vi fosse una sproporzione consistentissima tra
l’offesa e la reazione.
23. L’imputato, a mezzo del proprio difensore, propone nuovamente
ricorso per cassazione per i seguenti due motivi:
a. violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento
all’esclusione della circostanza attenuante della provocazione;
thema decidendum

demandato al giudice del rinvio era quello di valutare se la
reazione dell’imputato fosse o meno adeguata al fatto ingiusto
posto in essere nei suoi confronti dal Putignano e che quindi
illegittimamente la corte d’assise d’appello aveva proceduto a
modificare la causale del delitto, al fine di giungere alla
conclusione che non sussisteva alcuna offesa ingiusta da parte
della vittima. In secondo luogo contestava la chiarezza e
logicità della motivazione sul punto e l’adozione di mere
formule di stile per escludere l’adeguatezza della reazione. Nel
merito, osservava che la causale del delitto risiede nella
richiesta, proveniente da un capo zona della sacra corona
unita (il Putignano), di una percentuale sugli illeciti commessi
nella zona di influenza e che tale fatto sia qualificabile come
ingiusto e giustificante (sotto il profilo della attenuante in
esame) la reazione del Rochira.
b. Mancanza di motivazione e/o manifesta illogicità e
contraddittorietà della stessa in relazione al calcolo della
pena; sotto tale profilo evidenzia un errore materiale, in
considerazione del fatto che la diminuzione di un terzo per il
rito abbreviato doveva comportare una pena totale di anni 12
e non invece di anni 13 e mesi 4.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso non è fondato; è vero che la motivazione
adottata dal giudice di rinvio ha indebitamente rivalutato il requisito del
“fatto ingiusto” della vittima, ma è vero, altresì, che in via subordinata la
Corte d’assise d’appello di Lecce ha spiegato che nel caso di specie
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sotto tale profilo si evidenzia che il

doveva ritenersi inadeguata la reazione del Rochira, in quanto
caratterizzata da una “consistentissima sproporzione”; una discussione
per una questione di soldi e la privazione della vita possono essere
messe in una relazione di giustificazione solo in un’ottica criminale (come
ha puntualmente osservato la Corte alla pagina 6), ma si tratta di una
comparazione che è, invero, enormemente sproporzionata in un’ottica di
normali rapporti di convivenza sociale. E benché per il riconoscimento
dell’attenuante della provocazione non si richieda espressamente, dalla

del criterio dell’adeguatezza come parametro utile alla valutazione dello
stato d’animo e delle intenzioni del reo, in quanto una palese
sproporzione sta a significare che una reazione smisurata non è
casualmente dipendente dallo stato d’ira insorto a cagione del fatto
ingiusto altrui, bensì tradisce malvagità d’animo, odio o risentimento,
ossia un sentimento o stato d’animo diversi da quello d’ira (Sez. 1,
Sentenza n. 6909 del 14/04/1992, Rv. 190550; conff. Sez. 1, Sentenza
n. 30469 del 15/07/2010, Rv. 248375; Sez. 1, Sentenza n. 1214 del
06/11/2008, Rv. 242622; Sez. 5, Sentenza n. 24693 del 02/03/2004,
Rv. 228861; Sez. 1, Sentenza n. 701 del 03/11/1997, Rv. 209402).
2. Il secondo motivo di ricorso è fondato. Il giudice di rinvio ha
indicato la pena base in 24 anni di reclusione; l’ha diminuita di un terzo
per le attenuanti generiche (e fanno 16 anni); l’ha aumentata di due
anni per la continuazione (e fanno 18 anni) e poi ha disposto la riduzione
di un terzo per il rito. 18 meno un terzo dà come risultato 12, per cui è
evidente l’errore materiale di calcolo in cui è incorsa la corte leccese,
indicando la pena finale in 13 anni e 4 mesi di reclusione.
3. Trattasi di errore materiale che può e deve essere corretto anche
in sede di legittimità. Per il resto, il ricorso va rigettato.

p.q.m.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena,
che ridetermina in anni 12 di reclusione.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 9.04.2014

norma, la proporzione tra reazione e offesa, deve tuttavia tenersi conto

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