Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1922 del 20/12/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 1922 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NEGRO GIUSEPPE N. IL 20/05/1961
avverso l’ordinanza n. 2/2011 CORTE APPELLO di MESSINA, del
21/03/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;
lette~ le conclus’oni del PG Dott.4
c,f2A9c,1)’t< lAct,ou ,ye& 11",9"--3t--°L Data Udienza: 20/12/2013 Uditi difensor Avv.; Pi (1 La Corte di Appello di Messina, con ordinanza resa all'udienza camerale del giorno 21.03.2012, rigettava l'istanza di riparazione presentata da Negro Giuseppe per ingiusta detenzione in regime di custodia in carcere dal 28.02.2005 al 7.06.2005 e in regime di arresti domiciliari sino al 30.08.05 perché sospettato dei reati di cui agli articoli 416 e 648 bis c.p., dai quali era stato assolto dal G.U.P. del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto con sentenza del 3.12.2008, irrevocabile per l'istante in data 28.07.2009. Negro Giuseppe, a mezzo del suo difensore, proponeva quindi ricorso per cassazione avverso l'ordinanza della Corte di appello di Messina e concludeva chiedendo di volerla annullare. Il ricorrente censurava l'ordinanza impugnata per violazione ed erronea applicazione dell'articolo 314 cod.proc.pen. e per difetto di motivazione, in particolare nella parte in cui la Corte di appello rimproverava in termini di colpa grave condotte insuscettibili di essere riguardate alla stregua di macroscopica negligenza e trascuratezza. Pertanto, ad avviso del ricorrente, non sussisterebbe la colpa grave, impeditiva del riconoscimento del diritto all'equa riparazione. Il Ministero dell'Economia e delle Finanze a mezzo dell'Avvocatura Generale dello Stato presentava tempestiva memoria e concludeva chiedendo di voler dichiarare inammissibile il proposto ricorso ovvero di rigettarlo. Considerato in diritto Osserva la Corte che il diritto a equa riparazione per l'ingiusta detenzione, regolato dagli artt. 314 e seguenti c.p.p., trova fondamento nella condizione soggettiva della persona sottoposta a detenzione immeritata e in tal senso ingiusta. Il quadro sistematico di riferimento è un quadro di diritto civile ma non è quello dell'art. 2043 c.c. che appresta sanzioni contro chi produce per dolo o colpa un danno ingiusto ad altri. Il principio regolatore è piuttosto quello della riparazione legata ad eventi che producono il sorgere, quali conseguenze di principi di solidarietà e di giustizia distributiva, di responsabilità da atto lecito ( la distinzione tra responsabilità per danno ingiusto ex art. 2043 c.c. e responsabilità per atto lecito è ben chiarita da Cass. SS.UU. civ. 11/6/2003 n. 9341). E' ben fermo, in materia, l'assetto delle regole generalissime che disciplinano l'onere della prova civile ex art. 2697 Ritenuto in fatto 3 c.c. posto che il procedimento relativo alla riparazione per l'ingiusta detenzione, quantunque si riferisca ad un rapporto obbligatorio di diritto pubblico e comporti perciò il rafforzamento dei poteri officiosi del giudice, e' tuttavia ispirato ai principi del processo civile, con la conseguenza che l'istante ha l'onere di provare i fatti costitutivi della domanda, la custodia cautelare subita e la successiva assoluzione ( Corte Cass. Sez. 4 sent. n. 23630 02/04/2004 - 20/05/2004 ). Peraltro il sorgere del diritto è condizionato alla esistenza di una condotta del richiedente che al tempo del processo in nulla abbia dato causa o concorso a dare causa a quella ingiusta detenzione. L'operazione intesa a cogliere tali condizioni deve scandagliare solo l'eventuale efficienza causale delle condotte dell'imputato che possano aver indotto, anche nel concorso dell'altrui errore, secondo una valutazione ragionevole e non congetturale il giudice a stabilire la misura della detenzione (Cass. SSUU 13/12/95 n. 43, Sez IV 10/3/2000 n. 1705) . Il giudice,pertanto, deve fondare la sua decisione su fatti concreti e precisi e non su mere supposizioni, esaminando la condotta del richiedente, sia prima e sia dopo la perdita della libertà personale, indipendentemente dall'eventuale conoscenza che quest'ultimo abbia avuto dell'attività di indagine, al fine di stabilire, con valutazione ex ante, non se tale condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stato il presupposto che ha ingenerato, ancorchè in presenza di errore dell'autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurazione come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di causa ad effetto (cfr. Cass. Sezioni Unite, Sent. n.34559/2002; Cass., Sez.4, Sent. n.17552 del 2009). Tanto premesso si osserva che la Corte di Appello di Messina, con motivazione adeguata, ha enucleato, con congrua verifica degli accertati elementi di riferimento, la condotta della richiedente ostativa all'accoglimento dell'istanza di equa riparazione. La Corte territoriale ha infatti evidenziato i frequenti contatti telefonici intrattenuti dal Negro con il vertice dell'associazione criminosa, Paragella Antonio, definiti dallo stesso G.U.P., nella sentenza di assoluzione, come "sospetti" per la coincidenza temporale degli stessi con il momento di maggiore attività del sodalizio e con le specifiche operazioni incriminate, per di più in assenza di lecite motivazioni alternative. La Corte territoriali ha pertanto ritenuto che tali frequenti contatti, pur insufficienti a dimostrare l'intraneità del Negro al sodalizio criminoso, erano tuttavia idonei a fondare il giudizio di "contiguità" dell'istante con detta associazione, idoneo ad integrare gli estremi della colpa grave preclusiva ( Pi PQM Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione delle spese sostenute dal Ministero dell'Economia per questo giudizio di cassazione e liquidate in euro 750,00. Così deciso in Roma il 20.12013 dell'invocato indennizzo (cfr, Cass., Sez.4, ordinanza n.45418 del 25.11.2010). Secondo i giudici della riparazione quindi la condotta di stretta contiguità con l'associazione contestata posta in essere da Negro Giuseppe aveva legittimamente destato allarme sociale e determinato l'intervento dell'autorità giudiziaria. Questo essendo il quadro accusatorio, il motivo proposto dall'odierno ricorrente non può essere accolto. Il provvedimento impugnato, che definisce il procedimento per la riparazione dell'ingiusta detenzione, supera quindi il vaglio di questa Corte che è limitato alla correttezza del procedimento logico giuridico con cui il Giudice è pervenuto ad accertare o negare i presupposti per l'ottenimento del beneficio indicato. Resta invece nelle esclusive attribuzioni del giudice di merito, che è tenuto a motivare adeguatamente e logicamente il suo convincimento, la valutazione sull'esistenza e la gravità della colpa e sull'esistenza del dolo. Il legislatore non ha infatti riconosciuto incondizionatamente il diritto all'equa riparazione, ma l'ha esplicitamente escluso allorquando il comportamento dell'indagato, come appunto nella fattispecie de qua, abbia indotto in errore il giudice circa l'esistenza dei gravi indizi di colpevolezza a suo carico. Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese in favore del Ministero resistente che si liquidano in complessivi euro 750,00.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA