Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19213 del 23/04/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 19213 Anno 2015
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto dal
SERBAN Iulian Claudiu, nato in Romania il 12/06/1989,
avverso l’ordinanza del 18/11/2014 del Tribunale di Caltanissetta, sezione riesame;
esaminati gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere Giacomo Paoloni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto Procuratore generale Maria Giuseppina
Fodaroni, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

FATTO E DIRITTO

1. Decidendo sulla richiesta di applicazione di misure cautelari carcerarie formulata
dal locale pubblico ministero nei confronti di dieci persone, tra cui l’odierno ricorrente
Iulian Claudiu Serban, indagate per associazione criminosa dedita a commettere furti di
rame e furti in abitazioni rurali e per più concorrenti reati fine, commessi tra il dicembre
2013 e la prima metà del 2014, il g.i.p. del Tribunale di Enna con ordinanza in data
14.10.2014 ha rigettato la richiesta cautelare per ritenuta insussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza nei riguardi di tutti gli indagati.
Ad avviso del g.i.p. l’unico pur significativo indizio, costituito dalle spontanee
dichiarazione auto ed eteroaccusatorie (rese il 17 e il 27.7.2014) dal cittadino rumeno
Alexandru Buciu, arrestato in coincidenza con un furto di rame 1’8.12.2013, che ha
rivelato di far parte di una associazione per delinquere specializzata in furti di rame e
composta da sette connazionali capeggiati dall’indagato Constantin Mateiuc, non è
confortato da adeguati elementi individualizzanti di riscontro esterno. L’unico dato di
supporto, indiretto, offerto alle chiamate in correità del Buciu è rappresentato dalle

Data Udienza: 23/04/2015

dichiarazioni della sua convivente, Floriana Stirbei, che ha riferito delle esplicite ripetute
minacce rivoltele dal Mateiuc o da suoi emissari per indurre il Buciu a non svelare quanto
a sua conoscenza, pena gravi attentati alla loro incolumità personale. Senonché
l’evenienza, che in teoria varrebbe a rafforzare l’attendibilità delle accuse del Buciu,
finisce per minarla irrimediabilmente, quando si ponga attenzione all’oscuro episodio
dell’evasione dagli arresti domiciliari del Buciu avvenuta il 14.3.2014. Allorché, come lui
stesso racconta, persuaso dal Mateiuc che a dire del suo avvocato può lasciare la sua
abitazione, egli è fatto salire dal Mateiuc a bordo di una vettura Rover 75 di un altro
condotto da entrambi, dopo un non breve viaggio, convinto che sia in programma un
nuovo furto di rame, fino a Messina. Quivi i tre sono sottoposti a un normale controllo
della p.g. che, verificatane l’evasione dal regime cautelare domestico, trae in arresto il
Buciu. Osserva il g.i.p. che la versione di questo episodio resa dal Buciu è inverosimile,
minandone l’attendibilità intrinseca con riferimento alla

“intera gamma delle sue

dichiarazioni”. In vero non è credibile che il Mateiuc e il Serban, se consapevoli dello stato
custodiale del Buciu, abbiano corso il rischio di essere controllati dalla p.g. (come è
accaduto), esponendo loro stessi a più insidiosi approfonditi accertamenti di p.g. Così
come soprattutto non è credibile che il Buciu, dettosi gravemente intimorito dalle minacce
indirizzategli tramite la convivente dal Mateiuc (che sa essere uomo violento e senza
scrupoli), si sia subito fidato del temibile connazionale, accettando di seguirlo senza
indugio a bordo dell’auto di uno sconosciuto e senza alcuna previa indicazione della meta
e degli scopi del viaggio.
2. Adito dall’appello del Procuratore della Repubblica di Enna, confutante l’assenza
di idonei riscontri esterni alle dichiarazioni accusatorie del collaborante Buciu ipotizzata
dal g.i.p., il Tribunale distrettuale di Caltanissetta, con ordinanza del 18.11.2014, ha
accolto l’impugnazione cautelare del p.m. ed ha applicato -tra gli altri- all’indagato Iulian
Claudiu Serban la misura cautelare degli arresti domiciliari in ordine al solo reato di
partecipazione all’associazione per delinquere diretta da Constantin Mateiuc (capo A della
rubrica). Il Tribunale ha ritenuto non sorretto da indizi, rigettando il corrispondente
appello del p.m., il descritto episodio

(“tutt’altro che chiaro” e caratterizzato da

“inquietanti aspetti”) relativo all’evasione del Buciu dalla custodia domiciliare verificatosi il
14.3.2014 ed integrante il reato di cui all’art. 386 c.p. (capo G della rubrica), contestato
al Serban e al Mateiuc, controllati dalla p.g. insieme al Buciu presso l’imbarcadero delle
FF.SS. di Messina.
Dopo ampia analisi delle emergenze investigative i giudici dell’appello cautelare
hanno ritenuto pienamente attendibili le dichiarazioni accusatorie del Buciu perché
sorrette da molteplici riscontri esterni scanditi da oggettive verifiche di p.g. (modalità
tecniche dei furti di rame; puntuale esposizione delle condotte degli associati e dei
rispettivi ruoli; coinvolgimento aliunde accertato, dopo l’arresto del Buciu nel dicembre
2013, di più coindagati in furti di rame; destinatario finale del rame rubato, identificato
con il ricettatore messinese, coindagato, Alberto Di Blasi; ecc.). Con l’effetto, quindi, del i

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connazionale a lui sconosciuto fino a quel momento (poi identificato in Iulian Serban) ed è

prospettarsi di un affidabile grave quadro indiziario in ordine alla sussistenza del reato di
associazione per delinquere contestato agli indagati, ivi compreso il Serban.
Gli elementi indiziari che investono la specifica posizione di quest’ultimo sono
individuati dal Tribunale nei rapporti di frequentazione, anche per la comune origine
nazionale rumena, del Serban con i coindagati e, in modo particolare, nella sua
partecipazione al citato episodio del 14.3.2014 della c.d. evasione del Buciu. Episodio che
dimostra, ad avviso del Tribunale, lo “stretto collegamento” tra il Serban e l’organizzatore
del sodalizio delinquenziale Constantin Mateiuc. A tali indizi si sovrappongono, anche per
all’art. 274 c.p.p. (pericolo di inquinamento delle fonti probatorie, di fuga, di reiterazione
di atti criminosi) giustificanti l’applicazione nei suoi confronti della misura cautelare degli
arresti domiciliari.
3. Il provvedimento coercitivo del Tribunale è stato impugnato per cassazione dal
difensore di Iulian Claudiu Serban, che deduce erronea applicazione degli artt. 192, 273,
274 e 275 c.p.p. e mancanza, contraddittorietà e illogicità manifesta della motivazione
con riferimento sia ai gravi indizi di colpevolezza che avvolgerebbero la posizione
dell’indagato, sia alle connesse esigenze cautelari legittimanti l’applicata cautela
domiciliare.
Gli indizi di colpevolezza acquisiti nei confronti del Serban quale partecipe della
ipotizzata associazione ex art. 416 c.p. finalizzata alla commissione di furti (di rame o in
dimore private) e attiva in provincia di Enna debbono considerarsi inconsistenti. L’unico
elemento di prova che attinge il Serban è costituito dalla sua presenza, insieme al Buciu e
al Mateiuc, a Messina il 14.3.2014. Episodio che ha dato origine alla contestazione del
reato di cui all’art. 386 c.p. (capo G). Reato che lo stesso Tribunale nisseno ha giudicato
inesistente. Le dichiarazioni, reputate credibili e riscontrate, del collaborante Buciu non
chiamano mai in causa il Serban quale componente della “banda” di criminali rumeni
perfezionatisi nei remunerativi furti di rame. Il collaborante lo ha, infatti,
riconosciuto/identificato in fotografia (non conoscendone neppure il nome) soltanto dopo
l’episodio del 14.3.2014, indicandolo come il connazionale in possesso del veicolo Rover
75, a bordo del quale il pur temutissimo Matieuc lo ha convinto a seguirlo a Messina. Né
le indagini profilano altri dati avvaloranti il coinvolgimento del Serban in fatti criminosi
(furti o altri reati) insieme a taluno dei coindagati.
In ogni caso non possono ravvisarsi le esigenze cautelari in virtù delle quali il
Tribunale ha applicato al Serban la misura cautelare degli arresti domiciliari. Esigenze
apoditticamente affermate dai giudici di appello nella loro triplice tipologia ex art. 274
c.p.p., ma non sorrette da alcun oggettivo dato dimostrativo. Sì da rendere, a tutto
concedere, l’applicata cautela senz’altro sproporzionata rispetto alla supposta condotta
partecipativa ex art. 416 c.p. del ricorrente.
4. Il ricorso proposto nell’interesse di Iulian Claudiu Serban è fondato e l’ordinanza
impugnata deve essere annullata. Annullamento da disporsi senza rinvio, non
prefigurandosi -alla luce della meticolosa disamina di tutti i dati offerti dalle indagini sulla

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il Serban, secondo il Tribunale, le tre tipologie di esigenze di cautela processuale di cui

complessiva vicenda processuale oggetto del procedimento sviluppata dal Tribunale di
Caltanissetta- alcuna concreta possibilità di emendare le palesi lacune probatorie che
connotano l’analisi della posizione del Serban. Posizione rimasta immutata pur a distanza
di tempo, quanto ai dati indiziari, rispetto a quella vagliata dal g.i.p. del Tribunale di
Enna, che ha respinto la richiesta cautelare del p.m., stimando insussistenti gli indizi di
colpevolezza nei confronti del ricorrente.
Dopo aver lungamente preso in considerazione le posizioni degli altri membri della
ipotizzata associazione per delinquere guidata dal Mateiuc (unico indagato cui è stata

passaggio in cui sono esaminate posizioni e ruoli dei cittadini rumeni che il Buciu assicura
far parte del sodalizio criminoso di cui lui stesso è stato un componente e tra i quali non
inserisce il Serban, colloca costui in un generale e generico contesto aggregativo
(“consorteria criminosa”),

che -in buona sostanza- è accreditato dalla sola comune

nazionalità rumena del Serban e dei coindagati. Senza il supporto di nessuna ulteriore
specificazione che chiarisca se e quale reale contributo sia stato fornito dal Serban
all’operatività dell’ipotizzato sodalizio delinquenziale.
Il solo brano della pur estesa ordinanza cautelare del Tribunale di Caltanissetta (16
pagine) dedicato, nella parte finale del provvedimento (p. 14), al Serban si sofferma,
quale supposto dato indiziario dell’esistenza di uno

“stabile vincolo associativo” del

prevenuto, sul già narrato episodio del viaggio a Messina che il Serban effettua il
14.3.2014 con la propria auto unitamente al Matieuc e al Buciu. L’episodio, che il
Tribunale a più riprese qualifica come nebuloso, rappresenta -per i giudici dell’appello
cautelare- l’unico grave indizio di colpevolezza nei confronti del Serban, perché esso
“mette in evidenza lo stretto collegamento tra l’indagato e il capo indiscusso del sodalizio
criminoso che, infatti, riponendo nello stesso la massima fiducia, lo portava con sé in una
missione che -come detto prima- risulta pienamente riscontrata dall’arresto del Buciu, ma
le cui finalità appaiono tutt’altro che chiare”.
Se questo, e soltanto questo (ché nei precedenti brani dell’ordinanza non è affatto
spiegato perché l’arresto in flagranza del Buciu per evasione il 14.3.2014 offra riscontro
dell’adesione associativa del Serban, cui il Tribunale riconosce non potersi ascrivere il
concorso nel reato di cui all’art. 386 c.p. sul presupposto della sua ignoranza dello stato
cautelare del Buciu), costituisce il paradigma della gravità indiziaria che attinge il
ricorrente, è agevole osservare che l’assunto del Tribunale è frutto di un ragionamento
abduttivo e puramente congetturale che non trascende la soglia del semplice sospetto,
probatoriamente irrilevante per gli effetti di cui all’art. 273 c.p.p.
Come precisa la stessa ordinanza impugnata, il Buciu in tutte le sue dichiarazioni
(ivi incluse quelle, pur inutilizzabili, rese alla p.g. in assenza di difensore fin dal suo
iniziale arresto dell’8.12.2013) non ha mai fatto il nome del Serban (che, ripetesi, ha
incontrato per la prima volta solo il 14.3.2014), né lo ha indicato, neppure in forma
indiretta, come inserito o contiguo alle illecite attività del gruppo criminale rumeno dedito
ai furti di rame e ad altri connessi reati. Né, ancora, il provvedimento cautelare del
Tribunale segnala evenienze che chiariscano le concrete valenze finalistiche (in funzione

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applicata la misura della custodia in carcere) il Tribunale, contraddicendo l’anteriore

dell’intera vicenda criminale indagata) dei rapporti esistenti tra il Serban e il Matieuc.
Rapporti anch’essi emersi soltanto in occasione del ridetto episodio del 14.3.2014.
In tale cornice referenziale, a fronte della generica motivazione del Tribunale
nisseno e in difetto di ulteriori dati seriamente indiziari che facciano ipotizzare una
ragionevole diversa e più pregante lettura della regiudicanda cautelare riguardante il
Serban, l’ordinanza impugnata non può che essere annullata senza rinvio.
P. Q. M.

Roma, 23 aprile 2015

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.

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