Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19209 del 23/04/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 19209 Anno 2015
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

SENTENZA
sul ricorso proposto dal
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma
avverso l’ordinanza del 09/04/2014 del Tribunale di Roma nel procedimento contro
PELLEGRINI Rocco, nato a Roma il 29/06/1970;
esaminati gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere Giacomo Paoloni;
lette le richieste del pubblico ministero in persona del sostituto Procuratore generale Mario
Fraticelli, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso per tardività.
FATTO E DIRITTO
1. Nella fase degli atti preliminari all’apertura del dibattimento nel giudizio ordinario
di primo grado nei confronti di Rocco Pellegrini, imputato del reato di cui all’art. 393 c.p., il
Tribunale di Roma con ordinanza pronunciata in udienza il 9.4.2014 ha dichiarato la nullità
dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis c.p.p., perché “non
correttamente notificato all’imputato, il quale il 10.3.2012 ha eletto il proprio domicilio e
nominato un difensore di fiducia con lo stesso atto”, di guisa che l’avviso, “notificato al
difensore di ufficio ma non all’imputato, andava notificato “presso il domicilio eletto e al
difensore di fiducia”. Per l’effetto il Tribunale ha disposto la restituzione degli atti al
pubblico ministero in sede per l’ulteriore corso (nuova notificazione dell’avviso dì cui all’art.
415 bis c.p. p.).
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, denunciandone
l’abnormità, il Procuratore della Repubblica di Roma, che ha evidenziato l’insussistenza
della nullità dell’avviso di conclusione delle indagini ritenuta dal giudice dibattimentale. i

Data Udienza: 23/04/2015

L’avviso, infatti, è stato ritualmente notificato dalla polizia giudiziaria al difensore di ufficio
dell’indagato il 26.1.2012 e allo stesso indagato Pellegrini (a mani proprie) il 10.3.2012.
Soltanto dopo la regolare notifica dell’avviso (lo stesso giorno 10.3.2012) l’indagato ha
eletto un domicilio e nominato un difensore di fiducia, senza che tale evenienza -osserva il
ricorrente p.m.

“possa implicare il dovere di procedere a nuove notifiche” dell’avviso di

conclusione delle indagini.
3. Il ricorso del pubblico ministero va dichiarato inammissibile per un duplice
congiunto ordine di ragioni.

considerarsi tardivo, perché proposto oltre il termine di quindici giorni dalla pronuncia
dell’ordinanza impugnata. Termine di impugnazione che, per stabile giurisprudenza di
legittimità (Sez. U, n. 11 del 9.7.1997, Quarantelli, Rv. 208221; Sez. 6, n. 30920 del
30.6.2009, Cavagliano, Rv. 244556; Sez. 1, n. 4477/14 del 18.12.2013, Gerasimovki, Rv.
258978), deve ritenersi applicabile anche ai provvedimenti giudiziari caratterizzati da
abnormità, in quanto tali ricorribili per cassazione in deroga al principio di tassatività delle
impugnazioni sancito dall’art. 568 co. 1 c.p.p. Vale a dire a provvedimenti che si pongono
al di fuori di ogni schema ordinamentale e della struttura stessa del sistema processuale,
per i quali non vi è ragione di escludere l’operatività degli ordinari termini di decadenza
previsti per l’impugnazione dal combinato disposto degli artt. 585 e 591 -co. 1, lett. c)c.p.p., pari a quindici giorni decorrenti dalla pronuncia del provvedimento impugnato. Nel
caso di specie dalla lettura dell’ordinanza avvenuta in udienza il 9.4.2014 nel
contraddittorio delle parti e, dunque, alla presenza del rappresentante dell’ufficio del
pubblico ministero che ha proposto ricorso.
Mette conto aggiungere, tuttavia, che il principio fissato dalla citata sentenza
Quarantelli delle Sezioni Unite vale per tutte le situazioni in cui la dedotta abnormità del
provvedimento giudiziario non sia qualificata da una così radicale e congenita anomalia
dell’atto suscettibile di produrre uno stallo del procedimento non altrimenti superabile se
non con la proposizione del ricorso per cassazione, quale unico strumento giuridico in
grado di rimuovere la stasi della fase processuale e ripristinare l’ordinata evoluzione del
procedimento penale cui acceda un atto abnorme di tale specie. E’ di tutta evidenza, in
vero, che in simili casi di abnormità funzionale o dinamica (incidente, cioè, sulla regolare
prosecuzione del procedimento) non possa esservi spazio per l’osservanza degli ordinari
termini decadenziali dell’impugnazione per cassazione, la peculiare genetica e radicale
anomalia (abnormità) del provvedimento potendo e dovendo essere denunciata in qualsiasi
momento (cfr. Sez. 1, n. 3305 del 13.1.2005, Haddah, Rv. 230747).
Ma l’impugnata ordinanza dibattimentale del Tribunale di Roma integra una
situazione che, pur dando luogo ad una indebita regressione della fase procedimentale,
non è riconducibile né alla prima, né a questa seconda tipologia di abnormità totale.
3.2. In vero tale ordinanza, in secondo e connesso luogo, non può tecnicamente
qualificarsi abnorme alla stregua dei connotati dell’abnormità definiti dalla giurisprudenza
di questa Corte regolatrice.

2

3.1. Innanzitutto in via preliminare il ricorso, recante la data del 29.4.2014, deve

Gli atti allegati al ricorso del p.m. conclamano la giustezza delle notazioni del
ricorrente p.m. sulla piena regolarità della notificazione all’indagato e al suo difensore di
ufficio (anteriormente alla nomina di quello di fiducia) dell’avviso di conclusione delle
indagini; di tal che l’ordinanza impugnata deve considerarsi senz’altro erronea.
Ma tale erroneità (aut illegittimità) non integra l’abnormità (strutturale/statica o
funzionale/dinamica) del provvedimento, che si configura di conseguenza come
inoppugnabile. Lo stesso, infatti, pur a fronte della erroneità e insussistenza della
dichiarata nullità dell’avviso di conclusione delle indagini

(rectius

della relativa

Vuoi perché trattasi di un provvedimento che costituisce pur sempre manifestazione
dei poteri fisiologicamente riconosciuti dall’ordinamento al giudice di merito (nella specie al
giudice del dibattimento di primo grado). Vuoi perché lo stesso non determina alcuna
insormontabile stasi del procedimento, il cui sviluppo ben può essere riattivato dal pubblico
ministero mediante la rinnovazione della notificazione dell’avviso ex art. 415 bis c.p.p. Non
è casuale, per ciò, che in situazioni affatto analoghe a quella odierna, in cui il g.u.p. o il
giudice dibattimentale abbiano -sebbene in modo errato- ritenuto omessa o incompleta la
notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini, restituendo per l’effetto gli atti
all’ufficio del p.m., questa S.C. abbia costantemente escluso che la formale regressione del
procedimento in tal modo prodottasi sia frutto di un provvedimento definibile abnorme
(cfr., ex plurimis: Sez. 1, n. 3716/09 del 4.12.2008, Schepis, Rv. 242223; Sez. 6, n.
25810 del 8.5.2014, D.M., Rv. 260069; Sez. 6, n. 5159 del 14.1.2014, Morra, Rv. 258569:
“Non è abnorme il provvedimento con cui il giudice -rilevata l’omessa notifica al difensore
dell’avviso di conclusione delle indagini di cui all’art. 415 bis c.p.p., in realtà ritualmente
eseguita- dichiari erroneamente la nullità del decreto di citazione a giudizio, disponendo la
trasmissione degli atti al p.m., trattandosi di provvedimento che, lungi dall’essere avulso
dal sistema, costituisce espressione dei poteri riconosciuti al giudice dall’ordinamento e che
non determina la stasi del procedimento, potendo il p.m. disporre la rinnovazione della
notificazione del predetto avviso”).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Roma, 23 aprile 2015

notificazione), non si pone in patente distonia con il sistema processuale.

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