Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19203 del 19/03/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 19203 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BURGIJA VALTER N. IL 02/01/1960
avverso la sentenza n. 508/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
27/09/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO
tore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte
Udit i e• -nsor Avv.

e, l’Avv

Data Udienza: 19/03/2014

,

udito il PG in persona del sost.proc. gen. dott. G. Izzo, il quale ha chiesto dichiararsi
inammissibile il ricorso.
RILEVATO IN FATTO

2. Ricorre per cassazione il difensore, deducendo erronea applicazione della legge
penale in ordine alla qualificazione giuridica del fatto. La minaccia proferita dall’imputato non
può ritenersi grave, in quanto essa non apportò alcun turbamento psichico ai due destinatari.
La frase andava correttamente inserita in un contesto di “botta e risposta”, tanto che una delle
parti lese replicò dicendo all’imputato che avrebbe dovuto prendere bene la mira.
2.1. Con la seconda censura, si deduce la mancanza e/o la manifesta illogicità della
motivazione, anche sotto il profilo del travisamento del fatto, in quanto la corte d’appello
sostiene che le persone offese, anche se gravemente intimorite, non avrebbero mai potuto
modificare le loro abitudini di vita, in quanto la frequentazione del cimitero era dovuta sia a
ragioni personali (visita alla tomba della figlia), sia a ragioni professionali, in quanto essi
esercitavano il commercio di fiori con punto vendita prospiciente al cimitero. L’erroneità della
motivazione consiste nell’aver indicato come necessitati quei comportamenti che non erano
affatto ineludibili, anzi costituivano l’oggetto della minaccia. Manca poi qualsiasi individuazione
di ulteriori elementi dai quali desumere la pretesa gravità della frase pronunciata dall’imputato.
2.2. Con il terzo motivo si deduce ancora mancanza e manifesta illogicità della
motivazione perché la frase è stata decontestualizzata e non si comprende quale sia stato l’iter
argomentativo seguito per pervenire alla decisione adottata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e merita rigetto; il ricorrente va condannato alle spese del
grado.
2. Va innanzitutto ricordato che il reato di minaccia deve considerarsi reato formale di
pericolo e, come tale, non postula la intimidazione effettiva del soggetto passivo, essendo
sufficiente che il male minacciato, in relazione alle concrete circostanze di fatto, sia tale
potenzialmente da incutere timore e da incidere nella sfera di libertà psichica del soggetto
passivo (ASN 198203234-RV 152957).
2.1. Quanto alla gravità del male minacciato, è noto che essa va accertata avendo
riguardo a tutte le modalità della condotta, ed in particolare al tenore delle eventuali
espressioni verbali e al contesto nel quale esse si collocano, onde verificare se, ed in quale
grado, dette espressioni abbiano ingenerato timore o turbamento nella persona offesa (ASN
2008433380-RV 242188).
3. Si tratta evidentemente di una valutazione di merito che, se adeguatamente
giustificata dal giudicante, non può essere aggredita innanzi al giudice di legittimità.
3.1. Nel caso in esame, non illogicamente i giudici di merito hanno ritenuto che
prospettare alle persone offese l’ipotesi di essere attinte da colpi di arma da fuoco e, ancor di
più, di essere “visitate” da persone non conosciute, né identificabili, ma appartenenti alla
medesima etnia dell’imputato ed, evidentemente, con lui d’accordo nell’infliggere una
punizione al Forina e alla Palladino, costituisse minaccia connotata da obiettiva gravità. Il fatto
che dette parole, come si sostiene, siano state pronunciate nel corso di un litigio o di un
battibecco tra le parti, non può valere, di per sé, a togliere ad esse, né la natura minacciosa,
né l’elevato grado intimidatorio.

1. Burgija Valter fu condannato dal tribunale di Milano alla pena di giustizia in quanto
riconosciuto colpevole del delitto di minaccia aggravata in danno di Forino Alberto e Palladino
Lucia, nei confronti dei quali ebbe a pronunciare la frase: “vi sparo e vi mando dai miei
compagni se continuate a lavorare nel cimitero di Buccinasco”.
La corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado e ha condannato
l’appellante alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili.

3.1. Il fatto poi che le persone offese non abbiano cambiato, a seguito delle minacce
ricevute, le loro abitudini di vita è irrilevante ai fini della consumazione del reato per il quale è
intervenuta condanna, in quanto, evidentemente, se tale mutamento fosse intervenuto,
avrebbe dovuto essere contestata diversa e più grave ipotesi criminosa.
PQM
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di procedimento.

Il presidente- Gennaro Marasca

Così deciso in Roma in data 19 marzo 2O14-

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