Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19203 del 03/03/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 19203 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: CASSANO MARGHERITA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Gallo Giuseppe, nato il 7/10/1976
avverso l’ordinanza n. 4233/2013 del Tribunale di sorveglianza di Roma del
15/11/2013
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Margherita Cassano;
lette le conclusioni del Procuratore generale dott. A. Gialanella che ha
chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile;

Data Udienza: 03/03/2015

Ritenuto in fatto.
1.Con ordinanza emessa il 15 novembre 2013 il Tribunale di Sorveglianza di
Roma respingeva la richiesta di Giuseppe Gallo, volta ad ottenere la revoca
anticipata del regime penitenziario differenziato

ex art. 41 bis ord. pen.,

disposto con provvedimento del 23 giugno 2010.

il suddetto regime penitenziario) dedotto nella richiesta di revoca anticipata era
già stato esaminato dal Tribunale di sorveglianza di Roma il 17 giugno 2011
nell’ambito di un’ordinanza confermata dalla Corte di Cassazione a seguito della
declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto (cfr. sentenza n. 42856 della
Prima Sezione Penale di questa Corte in data 14 giugno 2012).
Tale pronuncia era intervenuta dopo la sentenza con la quale il gup del
Tribunale di Latina aveva prosciolto Gallo dai reati a lui ascritti per incapacità di
intendere e di volere al momento del fatto (2003-2004).
Il Tribunale osservava, inoltre, che la sentenza di condanna emessa 1’8
febbraio 2011 dal gup del Tribunale di Napoli per i delitti di cui agli artt. 416 bis
c.p. e 74 d.P.R. n. 309 del 1990 metteva in luce una particolare lucidità del
detenuto.
Sottolineava il rifiuto da parte del detenuto di assunzione della terapia
antipsicotica.
Evidenziava, infine, la difformità delle conclusioni dei diversi elaborati
psichiatrici circa la compatibilità delle condizioni di salute mentale di Gallo con
la detenzione in carcere, tenuto conto anche della possibilità di cure
specialistiche.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il
difensore di fiducia, Giuseppe Gallo, il quale lamenta carenza della motivazione
in ordine allo stato di salute del detenuto, alla compatibilità con il regime
penitenziario differenziato e alla attualità della pericolosità sociale, da ritenere
scemata per effetto della gravità del quadro clinico.

Considerato in diritto.
Il ricorso è manifestamente infondato.
1. L’ambito del sindacato devoluto alla Corte di Cassazione è segnato dal
comma 2 sexies del novellato art. 41 bis, a norma del quale il Procuratore
generale presso la Corte d’appello, l’internato o il difensore possono proporre
ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale per violazione di legge.
1

Il Tribunale osservava che il profilo (patologia psichiatrica incompatibile con

La limitazione dei motivi di ricorso alla sola violazione di legge è da
intendere nel senso che il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso,
oltre che all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla
mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei
quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di
coerenza, completezza e di logicità, al punto da risultare meramente apparente
o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal

argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei
necessari passaggi logici da far rimanere oscure le ragioni che hanno
giustificato la decisione (Sez. U., n. 25080 n. del 28 maggio 2003).
E’, invece, da escludere che la violazione di legge possa ricomprendere il
vizio di illogicità della motivazione, dedotto dal ricorrente che, sotto questo
profilo, non può trovare ingresso in questa sede.

2. Alla luce di questi principi il Collegio osserva che il ricorso, pur
denunciando formalmente anche il vizio di violazione di legge, non individua
singoli aspetti del provvedimento impugnato da sottoporre a censura, ma tende
in realtà a provocare una non consentita nuova valutazione del merito delle
circostanze di fatto, in quanto tali insindacabili in sede di legittimità, ove
l’ordinanza sia, come nel caso di specie, sorretta da una compiuta e razionale
argomentazione.
3.Quanto alle doglianze relative al carattere ostativo della sottoposizione al
regime differenziato asseritamente riconducibile alle condizioni di salute del
ricorrente, il Collegio osserva che il particolare regime penitenziario previsto
dall’art. 41-bis ord. pen. non preclude la predisposizione delle cure e
dell’assistenza sanitaria prescritte dai medici in ambito penitenziario e non
esclude, inoltre, in presenza dei relativi presupposti, il temporaneo
trasferimento presso un luogo esterno di cura, ai sensi dell’ar. 11 ord. pen., per
l’esecuzione di specifici accertamenti diagnostici ed interventi terapeutici.
Non sussiste, quindi, alcuna incompatibilità tra le condizioni di salute del
detenuto, quali accertate dal Tribunale di sorveglianza, e le limitazioni disposte
dal decreto ministeriale che attengono esclusivamente a taluni aspetti del
trattamento (colloqui, ricezioni di pacchi ed altri oggetti) e non sono ostative ad
un’adeguata assistenza da parte degli operatori sanitari, non provocando,
pertanto, alcuna compressione del diritto alla salute del detenuto (Sez. 1, n.
11274 del 26/2/2008; Sez. 1, n. 34021 dell’11//2011).
4.Infine, le doglianze difensive sono manifestamente prive di pregio anche
nella parte in cui, con erroneo automatismo argomentativo, presumono che le
asserite (ma non comprovate) cattive condizioni di salute di Gallo comportino la
2

giudice di merito per ritenere giustificata la proroga, ovvero quando le linee

cessazione della sua pericolosità sociale e dell’attitudine a relazionarsi con
l’ambito sterno al circuito penitenziario, omettendo di confrontarsi criticamente
con le circostanze di fatto che il Tribunale ha motivatamente posto a base
dell’ordinanza reiettiva dell’istanza.

4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di
elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di

della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo
determinare in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 c.p.p.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille in favore della
cassa della ammende.
Così deciso, in Roma, il 3 marzo 2015.

inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore

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