Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19200 del 13/03/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 19200 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SABEONE GERARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MERCOGLIANO FELICE N. IL 19/07/1967
avverso la sentenza n. 1847/2010 CORTE APPELLO di GENOVA, del
22/10/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GERARDO SABEONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
i,
che ha concluso per)

eii(

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 13/03/2014

RITENUTO IN FATTO
1.

Con l’impugnata sentenza la Corte di Appello di Genova ha

parzialmente confermato, per quanto d’interesse del presente giudizio, la
sentenza di prime cure che aveva condannato Mercogliano Felice per i reati di

2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato,
a mezzo del proprio difensore, denunciando quale unico motivo una motivazione
illogica in merito alla mancata applicazione dell’attenuante di cui all’articolo 62 n.
4 cod.pen. ed alla eccessività della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va dichiarato inammissibile.
2.

Con riguardo al diniego della concessione dell’attenuante di cui

all’articolo 62 n. 4 cod.pen., trattasi di doglianza che contrasta con la pacifica
giurisprudenza di questa Suprema Corte secondo la quale la sentenza di merito
non è tenuta a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e
a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo
sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e
risultanze, spieghi, in modo logico ed adeguato, le ragioni del convincimento,
dimostrando che ogni fatto decisivo è stato tenuto presente, sì da potersi
considerare implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non
espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione
adottata (v. Cass. Sez. IV 13 maggio 2011 n. 26660).
Nella specie, l’attenuante del danno di lieve tenuità non appare
compatibile con i delitti susseguenti a quello originariamente contestato di furto
per i quali, da un lato, non v’è possibilità di applicazione (l’articolo 491 cod.pen.
punisce un reato contro la fede pubblica e non contro il patrimonio, v. Cass. Sez.
V 15 maggio 2013 n. 23812) e, d’altra parte, la sottrazione di un carnet di
assegni, per le sue potenzialità offensive, evidenzia un danno che va al di là del
valore del carnet stesso (v. per il furto Cass. Sez. IV 5 luglio 2005 n. 44639 e in
tema di ricettazione Cass. Sez. Un. 12 luglio 2007 n. 35535).

1

truffa e di falso in titoli di credito.

3.

La quantificazione della pena, in quanto non illegale, sfugge al

sindacato di legittimità di questa Corte, comportando l’esame di circostanze di
fatto e soggettive estranee al presente giudizio di legittimità.
In ogni caso, si osserva, come la stessa sia stata contenuta nei minimi di
legge e che l’irrogazione della pena è indipendente dalla applicazione della
recidiva, basandosi su elementi diversi per cui non appare lecito richiedere una

contestata circostanza aggravante della recidiva.
4. La ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui
all’articolo 616 cod.proc.pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano
ad escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione
pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro mille.
P. T. M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 13 marzo 2014.

“simmetria” sulla quantificazione della pena e l’esclusione o meno della

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