Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 192 del 02/12/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 192 Anno 2017
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: DI PISA FABIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Ferrante Vito, nato a Palermo il 14/05/1961

avverso la sentenza del 17/09/2015 della Corte d’Appello di Palermo

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Fabio Di Pisa;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Perla Lori, che ha
concluso chiedendo dichiararsi l’ inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 17 Settembre 2015 la Corte di appello di Palermo confermava la
sentenza del Tribunale Palermo del 15 Maggio 2012, che aveva ritenuto Vito Ferrante colpevole
del reato di ricettazione di 1780 chilogrammi di rame provento di furto in danno dell’ ENEL
Distribuzione S.p.A. e lo aveva condannato alla pena di giustizia, con revoca della sospensione
condizionale relativa a precedenti condanne, oltre al risarcimento del danno in favore della
costituita parte civile.
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Data Udienza: 02/12/2016

1.2 Affermava la Corte che a carico dell’imputato sussistevano adeguati elementi di prova per
ritenere lo stesso responsabile di tale condotta delittuosa poiché il predetto era stato sorpreso
mentre riceveva tale quantitativo di rame, provento di precedente furto, all’interno del proprio
deposito di rottami in data 25 Febbraio 2010.

2. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato, tramite il proprio
difensore, lamentando:

contestazione del reato di riciclaggio ex art. 648 bis. cod. pen., lo stesso era stato condannato
per ricettazione costituente un fatto diverso;
– violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione all’ art. 192 cod. proc. pen.
quanto alla ritenuta sussistenza degli elementi costitutiv01 delitto di ricettazione, laddove non
erano emerse prove della propria responsabilità ed, in particolare, del dolo anche nella forma
eventuale e la motivazione della sentenza appellata era del tutto carente, illogica e
contraddittoria e frutto di un palese travisamento del fatto;
– violazione dell’ art. 56 cod. pen. in quanto l’azione del Ferrante si era arrestata al di sotto
della soglia del tentativo punibile o in subordine lo stesso, in ogni caso, doveva rispondere
esclusivamente del tentativo di ricettazione;
– violazione dell’ art. 49 cod. pen. in quanto la Corte non aveva considerato che, in ragione
della circostanza che l’ azione criminosa era stata sin dall’ inizio conosciuta e monitorata dagli
organi investigativi, appariva inidonea ed insufficiente ai fini della realizzazione del proposito
criminoso;
– violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione alla ritenuta sussistenza
degli elementi costitutivi l delitto di ricettazione, laddove non erano emerse prove della
circostanza che egli stava procedendo all’ acquisto dei beni ricettati ovvero di una attività di
L

intermediazione, dal momento (poteva, al più, sostenersi che l’ imputato avesse favorito l’
occultamento della merce e, quindi, dovega. rispondere unicamente del reato di
favoreggiamento;
– violazione di legge in ordine alla mancata riqualificazione nella ipotesi attenuata di cui all’ art.
648 cpv cod. pen., difettando, nella fattispecie, profili di rilevante gravità anche in
considerazione della capacità economica dell’ ENEL;
– violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. sotto il profilo della mancata applicazione
delle circostanze attenuanti generiche

ed alla eccessività del trattamento sanzionatorio;

– violazione dell’ art. 168 cod. pen. sotto il profilo della illegittimità della revoca della
sospensione condizionale;
– violazione di legge quanto alla affermazione della responsabilità dell’ imputato ex art. 185
cod. pen. in quanto l’ ENEL era carente di legittimazione attiva e l’ imputato era carente di
legittimazione passiva, potendo essere chiamato a rispondere, a tutto concedere, solamente
entro i limiti del proprio eventuale compenso;
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– violazione di legge in relazione all’ art. 521 cod. proc. pen. in quanto / a fronte della iniziale

– violazione dell’ art. 540 cod. proc. pen. quanto alla condanna al pagamento della
provvisionale la quale era eccessiva nel suo ammontare o) comunque, difettando la ricorrenza
dei “giustificati motivi”,la stessa non poteva essere applicata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Va, in primo luogo, rilevata la totale infondatezza della censura relativa alla asserita
violazione di legge, in relazione all’ art. 521 cod. proc. pen., in quanto, a fronte della iniziale
n4 .3

contestazione del reato di riciclaggio ex art. 648 bis. cod. pen.,

er-ste-sso sarebbe stato

condannato per ricettazione costituente un fatto diverso: occorre evidenziare che il fatto
contestato è quello di cui al capo d’imputazione, diversamente qualificato dai giudici di merito,
sicché non vi è stata alcuna violazione della norma richiamata.

3. Quanto al primo motivo, con il quale si contesta l’affermazione di responsabilità in relazione
alla ritenuta ipotesi di ricettazione, lo stesso si appalesa manifestamente infondato dovendosi
richiamare le dettagliate ed articolate considerazioni svolte dalla Corte di appello di Palermo
alle pagine 11-27 della impugnata sentenza nelle quali vengono evidenziate tutte quelle
specifiche circostanze di fatto, correttamente ricostruite, in base alle quali ritenere che, al
momento del controllo dei Carabinieri, l’ imputato avesse posto in essere la condotta
integrante il reato di ricettazionec{14780 chilogrammi di rame provento di furto in danno dell’
ENEL Distribuzione S.p.A, (quali “la circostanza che, all’ intervento dei Carabinieri, si stava
svolgendo una attività di sguainamento

analoga a quella cui sarebbe stato sottoposto il

materiale caricato sul cassone dell’ autocarro del Ribuffo”, autore del furto; la posizione del
predetto autocarro “al centro del piazzale”, circostanza che non deponeva per un parcheggio
temporaneo del mezzo, come indicato dal Ribuffo; le varie incongruenze della testimonianza di
quest’ ultimo; le dichiarazioni del teste Kilo Castaldi; la circostanza che la tesi difensiva del
Ferrante, secondo cui si era recato sui luoghi solamente per liberare l’ area, era stata smentita
dai successivi accertamenti in forza dei quali era stato verificato, alcuni mesi dopo, che il
predetto continuava ad operare presso detto deposito; l’ accertato legame societario con l’
altro coimputato Salvatore Doria,anch’ egli nella disponibilità di detto deposito di materiali).
3.1. A fronte di tale specifica e puntuale ricostruzione il ricorrente propone motivi di ricorso in
violazione dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, perché attraverso la formulazione di censure
attinenti al merito della decisione impugnata sotto il profilo della violazione di legge e vizio di
motivazione tenta in realtà di sottoporre a questa Corte un giudizio di merito, non consentito in
questa sede di legittimità, affermando che le circostanze di fatto non rileverebbero né sotto il
profilo del tentativo punibile né con riguardo alla consapevolezza della illecita fdel Farie
ricevuto. Tali considerazioni paiono evidentemente infondate anche nel merito avendo la Corte
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1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

di secondo grado specificato, con motivazione congrua e corretta, che la condotta posta in
essere dall’ imputato all’arrivo dei Carabinieri denotava perfetta consapevolezza dell’origine
furtiva del rame ricevuto da Emilio Ribuffo, condannato per il furto del materiale, in un
deposito di rottami nelle prime ore del mattino.
3.2. Il Ferrante ha, quindi, riproposto censure già sostanzialmente prospettate con i motivi di
appello, e sulle quali la Corte territoriale ha esaurientemente risposto. E questa Corte non può
sindacare il contenuto del convincimento dei giudici di merito ma solo la correttezza delle

enunciati alle doglianze proposte dalla parte. In tema di sindacato del vizio di motivazione non
è certo compito del giudice di legittimità quello di sovrapporre la propria valutazione a quella
compiuta dai giudici di merito, ne’ quello di “rileggere” gli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione la cui valutazione è compito esclusivo del giudice di merito: quando, come nella
specie, l’obbligo di motivazione è stato esaustivamente soddisfatto dal giudice di merito, con
valutazione critica di tutti gli elementi offerti dall’istruttoria dibattimentale e con indicazione,
pienamente coerente sotto il profilo logico- giuridico, degli argomenti dai quali è stato tratto il
proprio convincimento, la decisione non è censurabile in sede di legittimità.

4. Premesso che il delitto di ricettazione si consuma, nella ipotesi di acquisto, al momento
dell’accordo fra cedente ed acquirente sulla cosa proveniente da delitto e sul prezzo,
considerato che la “traditio” della “res” – nella quale può ravvisarsi null’altro che un momento
che pertiene all’adempimento del contratto, già perfezionato ed efficace – non può ritenersi
imposta dalla norma penale, come elemento strutturale della fattispecie, al punto da
contrassegnarne la consumazione. (Sez. 2, n. 46899 del 07/12/2011 – dep. 20/12/2011,
Carelli e altro, Rv. 25145401), la motivazione della sentenza appare congrua e corretta anche
nella parte in cui ha ritenuta configurabile la fattispecie della ricettazione consumata e non
semplicemente tentata.

5. Come correttamente evidenziato dalla Corte territoriale è, altresì, totalmente destituita di
fondamento l’ argomentazione difensiva secondo cui, essendo stata l’ attività in questione
monitorata, sin dall’ inizio, dalle forze dell’ ordine, si sarebbe trattato di una ipotesi di reato
impossibile ex art. 49 comma 2 cod. pen, atteso che. per la configurabilità del reato
impossibile, l’inidoneità deve essere assoluta per inefficienza strutturale e strumentale del
mezzo usato tale da non consentire neppure in via eccezionale l’attuazione del proposito
criminoso, situazione certamente non configurabile nella fattispecie in esame. Invero -ea
circostanza che gli organi investigativi, attraverso indagini continue e accurate, riescano a
monitorare e tenere sotto controllo la dinamica dell’azione criminosa che si protrae nel tempo,
non vale di per sé a rendere la stessa inidonea ed inadeguata ai fini del secondo comma
dell’art. 49 cod. pen. (Sez. 6, n. 36699 del 06/06/2008 – dep. 24/09/2008, Tortoioli, Rv.
24140001).
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affermazioni, la logicità dei passaggi tra premesse e conseguenze nonché la rispondenza degli

6. La Corte di Appello, con motivazione congrua, esauriente ed immune da censure logico
giuridiche rilevabili in questa sede, nel confermare la ricostruzione operata dal primo giudice,
espressamente richiamata, valutate criticamente le complessive risultanze istruttorie e
considerate le modalità della condotta dell’ imputato, ha, poi, escluso la possibilità di ritenere
integrato, in luogo della ricettazione, il reato di cui all’ art. 378 cod. pen. in linea con l’
orientamento giurisprudenziale secondo cui nell’ipotesi di occultamento di un oggetto

ricettazione, è individuabile nel diverso atteggiamento psicologico dell’agente, il quale opera,
nel favoreggiamento, nell’interesse esclusivo dell’autore del reato, per aiutarlo ad
assicurarsene il prezzo, il prodotto o il profitto, e invece, nella ricettazione, con il dolo specifico
di trarre profitto, per sé o per terzi. (Sez. 2, n. 30744 del 10/04/2014), laddove nel caso in
esame era emerso che l’ intento del ricorrente non era quello di aiutare il Ribuffo, autore del
furto, ma di assicurare a sé o ad altri un profitto.

7. Poichè in tema di ricettazione il valore del bene è un elemento concorrente solo in via
sussidiaria ai fini della valutazione della particolare tenuità del fatto di cui al capoverso dell’art.
648 cod. pen., nel senso che se esso non è particolarmente lieve deve comunque escludersi la
tenuità del fatto, essendo superflua ogni ulteriore indagine; e solo se è accertata la lieve
consistenza economica del compendio ricettato può procedersi alla verifica della sussistenza
degli ulteriori elementi, desumibili dall’art. 133 cod. pen., che consentono di configurare
l’attenuante “de qua”, fermo restando che essa può essere esclusa ove emergano elementi
negativi sia sotto il profilo strettamente obbiettivo (quali l’entità del profitto) sia sotto il profilo
della capacità a delinquere dell’agente. (Sez. 2, n. 4581 del 23/03/1998 – dep. 18/04/1998,
PM in proc. Canteruccio, Rv. 21059801), la sentenza impugnata resiste alle censure riguardanti F! ,mancata riqualificazione nella ipotesi attenuta di cui all’ art. 648 cpv, avendo la corte di merito
correttamente evidenziato che il valore dei beni oggetto di ricettazione (1780 chilogrammi di
rame) era assai rilevante e che occorreva, anche, tenere conto dalla circostanza che i fatti
risultavano commessi “con preventiva organizzazione di mezzi e di uomini attestante le
modalità professionali e non già occasionali delle condotte illecite”.

8. I motivi di ricorso relativi al trattamento sanzionatorio ed alla mancata concessione delle
attenuanti generiche sono tutti manifestamente infondati, a fronte delle argomentazioni
corrette dal punto di vista logico e giuridico esposte dalla sentenza impugnata, che, in
conformità a quanto previsto dall’art. 133 comma 2, n. 2 cod. pen. , fa riferimento alla gravità
dei fatti attestanti una spiccata capacità a delinquere dell’ imputato.

9. Del tutto priva di pregio è la censura relativa alla asserita violazione di legge sotto il profilo
della illegittimità della revoca della sospensione condizionale: la Corte d’ appello ha chiarito
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costituente provento di reato la distinzione tra delitto di favoreggiamento e delitto di

che trattavasi di una pronunzia meramente “dichiarativa” e il ricorrente nulla di specifico ha
contestato sul punto.

10. Non sussiste la violazione di legge in ordine alla affermazione della responsabilità dell’
imputato ex art. 185 cod. pen. dal momento l’ ENEL sarebbe carente di legittimazione attiva e
I’ imputato carente di legittimazione passiva, potendo essere chiamato a rispondere a tutto
concedere solamente entro i limiti del proprio eventuale compenso. Invero, versandosi in tema

ENEL Distribuzione S.p.A., proprietaria dei cavi

de quibus che costituiscano effetti normali

dell’illecito secondo il criterio della cd. regolarità causale, sicchè, anche sotto tale profilo, le
contestazioni formulate sono prive di pregio.

11. E’ infine inammissibile l’ ultimo motivo di impugnazione afferente la assenta violazione di
legge quanto alla condanna al pagamento della provvisionale dal momento che non è
impugnabile con ricorso per cassazione la statuizione pronunciata in sede penale e relativa alla
concessione e quantificazione di una provvisionale, trattandosi di decisione di natura
discrezionale, meramente delibativa e non necessariamente motivata. (Sez. 3, n. 18663 del
27/01/2015 – dep. 06/05/2015, D. G., Rv. 26348601).

12. Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla
declaratoria d’inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al pagamento in favore
della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal
ricorso, si determina equitativamente in millecinquecento euro.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro millecinquecento a favore Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 2 Dicembre 2016

Il consigliere estensore

Il presidente

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