Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19197 del 13/03/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 19197 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SABEONE GERARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BELLIFEMINE GIUSEPPE N. IL 11/01/1947
avverso la sentenza n. 3675/2007 CORTE APPELLO di MILANO, del
22/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GERARDO SABEONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per )

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 13/03/2014

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 22 maggio 2012, ha
parzialmente confermato riducendo la pena per l’intervenuta prescrizione di un
ascritto reato, la sentenza del Tribunale di Milano del 13 aprile 2007, che aveva

distrazione e documentale, quale amministratore di fatto della Bancocash s.p.a.,
dichiarata fallita il 4 ottobre 2001.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato,
a mezzo del proprio difensore, lamentando:
a) una omessa o illogica motivazione in merito alla affermazione della
penale responsabilità per la bancarotta fraudolenta per distrazione nelle sue
varie contestazioni nonché per la bancarotta documentale;
b) una violazione di legge in merito alla mancata rinnovazione della
istruttoria dibattimentale in appello;
c) l’inosservanza dell’obbligo di correlazione tra accusa e sentenza in
merito alla applicazione della circostanza aggravante di cui all’articolo 219,
comma 2 n. 1 L. Fall.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile essendone i motivi manifestamente infondati.
2. Giova premettere, in punto di diritto, come in tema di ricorso per
cassazione, quando ci si trovi dinanzi a una “doppia pronuncia conforme” e cioè a
una doppia pronuncia (in primo e in secondo grado) di eguale segno (vuoi di
condanna, vuoi di assoluzione), l’eventuale vizio di travisamento possa essere
rilevato in sede di legittimità, ex articolo 606 cod.proc.pen., comma 1, lett. c),
solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che
l’argomento probatorio asseritamente travisato sia stato per la prima volta
introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di
secondo grado (v. Cass. Sez. IV 10 febbraio 2009 n. 20395).
Inoltre, in tema di sentenza di appello, non sussiste mancanza o vizio
della motivazione allorquando i Giudici di secondo grado, in conseguenza della
completezza e della correttezza dell’indagine svolta in primo grado, nonché della
1

condannato Bellifemine Giuseppe per il delitto di bancarotta fraudolenta per

corrispondente motivazione, seguano le grandi linee del discorso del primo
Giudice.
Ed invero, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello,
fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico e
inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della
congruità della motivazione (v. Cass. Sez. H 15 maggio 2008 n. 19947).
La sentenza di merito non è, poi, tenuta a compiere un’analisi

dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che, anche
attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in
modo logico ed adeguato, le ragioni del convincimento, dimostrando che ogni
fatto decisivo è stato tenuto presente, sì da potersi considerare implicitamente
disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate,
siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (v. Cass. Sez. IV 13
maggio 2011 n. 26660).
3. Nella specie, questa volta in punto di fatto, la mera lettura dell’odierno
ricorso permette di acclarare, innanzitutto, come, avanti questa Corte di
legittimità, si ripropongano le medesime questioni sollevate in sede di appello (v.
pagina 6 della motivazione impugnata) e disattese dalla Corte territoriale con
motivazione del tutto logica.
4. In ogni caso, con riferimento al primo motivo, non si ravvisa alcuna
illogicità manifesta della motivazione nell’affermazione della penale
responsabilità dell’imputato nella sua veste di amministratore di fatto della
società dichiarata fallita, sulla base sia di quanto concretamente accertato e
motivato sul punto dal Giudice del primo grado sia di quanto ribadito dal Giudice
dell’impugnazione in conformità, inoltre, a quanto pacificamente affermato dalla
giurisprudenza di legittimità sul punto.
Sulla base dei principi che regolano la materia non è dubbio che in tema
di reati fallimentari, nell’ipotesi di fatti di bancarotta fraudolenta per distrazione,
e con riferimento alla posizione dell’extraneus in reato proprio
dell’amministratore di società, debba ritenersi che il soggetto esterno alla
struttura sociale possa sicuramente commettere il reato sia direttamente,
attraverso la propria attività contraria alla tutela della par condicio creditorum,
che, del pari, mediante condotta agevolativa di quella dell’intraneus, nella
consapevolezza della funzione di supporto alla distrazione, intesa quest’ultima
come sottrazione dal patrimonio sociale e suo depauperamento ai danni della
classe creditoria, in caso di fallimento.
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approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame

Nel caso in cui, a sua volta la distrazione venga realizzata mediante
l’azione “combinata” di più soggetti, la consapevolezza del partecipe extraneus
deve abbracciare le varie condotte ed i reciproci loro nessi, protesi al
raggiungimento dell’evento conclusivo (v. Cass. Sez. V 15 febbraio 2008 n.
10742 e 2 ottobre 2009 n. 49642).
Nella specie, in punto di fatto e con riferimento ai vari fatti distrattivi
(vicenda dell’acquisto delle quote della s.r.l. AEME, costituzione di un pegno con

autovetture concesse in leasing) la Corte territoriale ha dato pienamente conto
del ruolo svolto dal Bellifemine all’interno della società decotta (v. da pagina 7 a
pagina 9 della motivazione) per cui richiedere a questa Corte di legittimità una
rilettura del materiale probatorio, già conformemente valutato in entrambi i gradi
del merito, alla luce di considerazioni del tutto personali che non valgono ad
inficiare le argomentazioni dei suddetti Giudici, appare operazione non
consentita.
Lo stesso può dirsi con riferimento alla contestata bancarotta fraudolenta
documentale, nascente dalla non contestata mancanza di taluna delle scritture
contabili, dall’incompletezza del libro giornale e dei registri IVA.
5. Quanto al secondo motivo, in diritto, si osserva come l’articolo 507
cod.proc.pen. (e l’articolo 603 cod.proc.pen. per il grado d’appello) conferisca al
Giudice un potere e non un dovere di integrazione probatoria; l’esercizio di tale
potere presuppone, poi, la sussistenza dell’assoluta necessità del nuovo mezzo di
prova e postula l’apprezzamento e la valutazione al riguardo da parte del
Giudice, il quale, ove non eserciti tale potere, non è tenuto a darne
espressamente conto, evincendosi implicitamente dall’effettuata valutazione,
adeguata e logica, delle risultanze probatorie già acquisite la superfluità di una
eventuale integrazione istruttoria (v. Cass. Sez.VI 16 febbraio 2010 n. 24430);
l’iniziativa deve essere, pertanto, “assolutamente necessaria” (sia l’articolo 507
che il 603 del codice di rito per l’appello usano questa espressione) e la prova
deve avere carattere di decisività (altrimenti non sarebbe “assolutamente
necessaria”), diversamente da quanto avviene nell’esercizio ordinario del potere
dispositivo delle parti in cui si richiede soltanto che le prove siano ammissibili e
rilevanti; nella specie, in fatto questa volta, il Giudice di fronte alla richiesta della
difesa dell’imputato, ha chiaramente motivato non solo il diniego dell’ammissione
della prova ma, altresì, il suo carattere di non decisività, sulla base di quanto
emerso dall’istruttoria dibattimentale in prime cure (v. pagina 9 della
motivazione).
3

sottrazione delle somme ricevute dalla BNL, rimborsi spese, sparizione merci ed

6. Quanto al terzo ed ultimo motivo si osserva come, alla luce della
pacifica e costante giurisprudenza di questa Corte, non v’è stata, come già
correttamente affermato dal Giudice del merito, alcuna violazione dell’articolo
521 cod.proc.pen., posto che la condotta ascritta al ricorrente (pluralità di fatti di
bancarotta fraudolenta quale circostanza aggravante ai sensi dell’articolo 219 L.
Fall.) risulta dalla contestazione di cui alla rubrica, senza che si sia verificata
alcuna difformità tra quanto previsto nel capo d’imputazione e quanto realmente

indirizzo emerso in sede di legittimità al suo massimo livello, secondo il quale la
pretesa violazione dell’articolo 521 del codice di procedura si verifica solo in
ipotesi di trasformazione radicale della contestazione nei suoi elementi essenziali
del fatto (v. Cass. Sez. Un. 15 luglio 2010 n. 36551).
7. Il ricorso deve essere, in conclusione, dichiarato inammissibile e il
ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di
denaro in favore della Cassa delle Ammende.

P.T.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 13 marzo 2014.

emerso dall’istruttoria dibattimentale; pieno ossequio, pertanto, al più recente

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