Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19195 del 13/03/2014

Penale Sent. Sez. 5 Num. 19195 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SABEONE GERARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
R.L.
R.P.
avverso la sentenza n. 909/2008 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
15/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/03/2014 la relazione fatta dal
,
Consigliere Dott. GERARDO SABEONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ,,I.m•eff i
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv kf i,tt (9,14,9u Ahuis1 9.’4t/o
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 13/03/2014

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza del 15 giugno 2012, ha
riformato la sentenza del Tribunale di Sulmona del 27 settembre 2007, e ha
dichiarato non doversi procedere nei confronti di R.L. e

E.T. e T.L. perchè estinto per prescrizione,
confermando, peraltro, le statuizioni civili.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli
imputati, a mezzo del comune difensore, il quale lamenta:
a) una violazione di legge in ordine al mancato proscioglimento;
b) la illegittimità costituzionale dell’articolo 129 cod.proc.pen. nella parte
in cui non si applica alle ipotesi di cui all’articolo 530, comma 2 cod.proc.pen.;
c) una motivazione illogica in merito alla ricostruzione dei fatti;
d)

una violazione di legge in merito alla intervenuta conferma delle

statuizioni civili.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.
2.

I ricorsi sono da rigettare.
Con riferimento al primo e al terzo motivo, che possono essere trattati

insieme, è principio ripetutamente affermato da questa Corte quello secondo cui,
in presenza di una causa di estinzione del reato, l’ambito di controllo di
legittimità sulla giustificazione della decisione è circoscritto all’evidenza delle
condizioni per il proscioglimento nel merito sulla base di un criterio che attiene
alla constatazione piuttosto che all’apprezzamento, giacché l’annullamento con
rinvio è incompatibile con la declaratoria di estinzione del reato stabilita
dall’articolo 129, comma 1 e articolo 620 cod.proc.pen., comma 1, lett. a) (v., da
ultimo, Cass. Sez. V 14 febbraio 2013 n. 13316).
Connesso a questo principio è, poi, l’altro secondo cui, qualora già risulti
una causa di estinzione del reato, la sussistenza di una nullità anche di ordine
generale non è rilevabile nel giudizio di legittimità, con la sola eccezione che
l’operatività della causa di estinzione non presupponga specifici accertamenti e
valutazioni riservati al Giudice di merito ovvero che la nullità afferisca
1

R.P. in ordine al reato di lesioni personali aggravate in danno di

,

direttamente alle modalità di rilevazione della causa estintiva (v. Cass. Sez. Un.
28 novembre 2001 n. 1021, Sez. Un. 28 maggio 2009 n. 35490 e Sez. Un. 30
settembre 2010 n. 43055).
Nella specie, come ricavabile dagli stessi motivi evidenziati dai ricorrenti,
non sussiste affatto evidenza della mancanza di colpevolezza in capo agli
imputati posto che si opera una completa rilettura dall’attività istruttoria tesa a
rivalutare i fatti, così come concordemente accertati dai Giudici del merito.

Giudice delle leggi la disposizione di cui all’articolo 129 cod.proc.pen. comma 2
nella parte in cui non fa riferimento anche alla causa di proscioglimento di cui
all’articolo 530, comma 2 cod.proc.pen.
Come già affermato dalla Corte Costituzionale, con la decisione 17 giugno
1991 n. 300 con riferimento alla causa di estinzione dell’amnistia ma
analogamente applicabile nell’ipotesi di altra causa di estinzione come la
prescrizione, la rinunciabilità delle suddette cause, costituendo esplicazione del
diritto di difesa, tutela il diritto di chi sia perseguito penalmente ad ottenere non
già solo una qualsiasi sentenza che lo sottragga alla irrogazione di una pena, ma
precisamente quella sentenza che nella sua formulazione documenti la non
colpevolezza.
3. Quanto all’ultimo motivo basta osservare come la Corte territoriale
abbia motivato, quanto alla conferma delle statuizioni civili per l’ascritto reato di
lesioni personali, la colpevolezza degli imputati sulla base delle dichiarazioni della
parte offesa E.T.  e delle certificazioni mediche.
Il Collegio giudicante ha, quindi, correttamente applicato la costante
giurisprudenza di legittimità sul punto secondo la quale le regole, dettate
dall’articolo 192, comma terzo cod.proc.pen. non si applicano alle dichiarazioni
della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a
fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa
verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del
dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal
caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le
dichiarazioni di qualsiasi testimone (v. da ultimo, Cass. Sez. Un. 19 luglio 2012
n. 41461).
4. I ricorsi devono, in conclusione, essere rigettati con la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese
sostenute dalla parte civile T.L. nel presente grado, liquidate come da
dispositivo.

2. Manifestamente infondata è la richiesta di sottoporre al vaglio del

P.T.M.
La Corte, rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti singolarmente al
pagamento delle spese processuali ed in solido alla rifusione delle spese
sostenute nel grado dalla parte civile T.L. , liquidate in euro

Così deciso in Roma, il 13 marzo 2014.

1.500,00 oltre accessori di legge.

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