Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19187 del 04/04/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19187 Anno 2018
Presidente: DI NICOLA VITO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Bifulco Giuseppina, nata a San Giuseppe Vesuviano il 9/8/1966
avverso l’ordinanza del 19/10/2017 del Tribunale di Noia
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
letta la requisitoria depositata dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Simone Perelli, che ha concluso chiedendo di dichiarare
inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 19 ottobre 2017 il Tribunale di Noia, quale giudice
dell’esecuzione, ha respinto la richiesta presentata da Giuseppina Bifulco, volta a
ottenere la sospensione della demolizione delle opere abusive disposta con la
sentenza del Pretore di Ottaviano del 4 marzo 1998, divenuta irrevocabile il 18
aprile 1998, ritenendo irrilevanti le richieste di condono presentate dalla
condannata e non soggetto a prescrizione l’ordine di demolizione delle opere
abusive, in considerazione della sua natura di sanzione amministrativa.

2. Avverso tale ordinanza la condannata ha proposto ricorso per cassazione,
affidato a un unico articolato motivo, mediante il quale ha denunciato violazione
dell’art. 173 cod. pen., in relazione all’art. 7 CEDU, richiedendo anche

Data Udienza: 04/04/2018

l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite di questa Corte, ai sensi dell’art.
610, comma 2, cod. proc. pen., ribadendo la qualificabilità dell’ordine di
demolizione come pena, soggetta alle disposizioni di cui agli artt. 172 e 173 cod.
pen., in considerazione della sua finalità punitiva, con la conseguente erronea
esclusione della sua prescrizione da parte del giudice dell’esecuzione.

3. Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile
il ricorso, sottolineando l’irrilevanza della pendenza delle istanze di sanatoria

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. Va ricordato il consolidato orientamento interpretativo di questa Corte,
circa l’esclusione della natura di pena accessoria dell’ordine di demolizione e
l’inapplicabilità allo stesso della disciplina della prescrizione stabilita dall’art. 173
cod. pen., fondato sul rilievo che detto ordine ha natura di sanzione
amministrativa a carattere ripristinatorio, priva di finalità punitive e con effetti
che ricadono sul soggetto che è in rapporto col bene, indipendentemente dal
fatto che questi sia l’autore dell’abuso (Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015, De
Lorier, Rv. 265540, che, tra l’altro, in

motivazione ha precisato che tali

caratteristiche dell’ordine di demolizione escludono la sua riconducibilità anche
alla nozione convenzionale di “pena” elaborata dalla giurisprudenza della Corte
EDU; conf. Sez. 3, n. 41475 del 03/05/2016, Porcu, Rv. 267977, che ha anche
dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 31 d.P.R. 380/2001, in quanto le caratteristiche di detta sanzione
amministrativa, che assolve a una funzione ripristinatoria del bene leso,
configura un obbligo di fare per ragioni di tutela del territorio, non ha finalità
punitive e ha carattere reale, producendo effetti sul soggetto che si trova in
rapporto con il bene, anche se non è l’autore dell’abuso, non consentono di
ritenerla pena nel senso individuato dalla giurisprudenza della Corte EDU,
cosicché è da escludere sia la irragionevolezza della disciplina che la riguarda
rispetto a quella delle sanzioni penali soggette a prescrizione, sia una violazione
del parametro interposto di cui all’art. 117 Cost.; v. anche, nel medesimo senso,
Sez. 3, n. 36387 del 07/07/2015, Formisano, Rv. 264736; Sez. 3, Ordinanza n.
19742 del 14/04/2011, Mercurio, Rv. 250336; Sez. 3, n. 43006 del 10/11/2010,
La Mela, Rv. 248670).
Ne consegue la manifesta infondatezza della doglianza, per la sua
contrarietà a un orientamento ermeneutico del tutto univoco di questa Corte, da
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presentate dalla ricorrente e la non prescrittibilità dell’ordine di demolizione.

cui non si ravvisano ragioni per discostarsi, sicché non sussistono neppure i
presupposti per disporre la rimessione alle Sezioni Unite, non essendovi contrasti
nella giurisprudenza di questa Corte ed essendo stata risolta in maniera univoca
la questione interpretativa prospettata dalla ricorrente.

3. Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, essendo
manifestamente infondato l’unico motivo cui è stato affidato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod.
proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa della

del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa
delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti,
nella misura di euro 2.000,00.
In applicazione del decreto del Primo Presidente di questa Corte n. 84 del
2016 la motivazione è redatta in forma semplificata, in quanto il ricorso non
richiede, ad avviso del Collegio, l’esercizio della funzione di nomofilachia e
solleva questioni giuridiche la cui soluzione comporta l’applicazione di principi di
diritto già affermati e che il Collegio condivide.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 4/4/2018

ricorrente (Corte Cost. sentenza 7 – 13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese

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