Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19185 del 29/03/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19185 Anno 2018
Presidente: DI NICOLA VITO
Relatore: GALTERIO DONATELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
DIANO FRANCESCA, nata a Reggio Calabria 1’11.1.1953

avverso la ordinanza in data 26.9.2017 del Tribunale di Reggio Calabria
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Donatella Galterio;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale dott. Ciro Angelillis, che ha concluso chiedendo la declaratoria di
inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1.Con ordinanza in data 26.9.2017 il Tribunale di Reggio Calabria ha
rigettato l’istanza proposta da Francesca Diano di revoca o sospensione
dell’ingiunzione di demolizione impartitole, quale comproprietaria, dal PM con
provvedimento del 14.10.2015 con il quale veniva dato corso alla procedura
esecutiva, in forza di sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal
GIP di Reggio Calabria in data 29.10.1996.
Avverso il suddetto provvedimento l’imputata ha proposto, per il tramite del
proprio difensore, ricorso per cassazione articolando quattro motivi di seguito
riprodotti nei limiti di cui all’art.173 disp. att. c.p.p..

Data Udienza: 29/03/2018

2. Con il primo motivo deduce, in relazione al vizio di violazione di legge
riferito all’art.655, quinto comma c.p.p., che l’odierna ricorrente non poteva
essere ritenuta destinataria dell’ordine di demolizione, non essendo mai stata
pronunciata alcuna sentenza di condanna nei suoi confronti e che l’unico
legittimato era Chirico Demetrio il quale soltanto era stato condannato dal Gip di
Reggio Calabria con pronuncia del 15.12.1996 nell’ambito di un procedimento cui
l’istante era rimasta estranea.
3. Con il secondo motivo deduce, in relazione al vizio di violazione di legge

motivazionale, che l’ordine di demolizione impartito dal Gip di Reggio Calabria
con sentenza del 29.10.1996 emessa nei confronti del solo Chirico Demetrio era
stato revocato dalla Corte di Appello con sentenza n.1325/2005 pronunciata nei
confronti del Chirico e dell’istante: a fronte della condanna da entrambi riportata
in primo grado per il reato di cui all’art. 20 lett. c) 1.47/1985 per aver realizzato
due piani fuori terra di un fabbricato costituito da soli pilastri e soletta, che era
stato ritenuto per il Chirico avvinto dal vincolo della continuazione con il reato
giudicato con sentenza irrevocabile pronunciata dal GIP di Reggio Calabria del
29.10.1996, con pena sospesa subordinatamente all’adempimento dell’obbligo di
demolizione, la Corte distrettuale aveva dichiarato non doversi procedere nei loro
confronti per essersi il reato estinto per prescrizione e contestualmente revocato
l’ordine di demolizione impartito dal primo giudice. Conseguentemente nessun
ordine di demolizione può, secondo la difesa, ritenersi sussistente nei confronti
della odierna ricorrente e comunque la dichiarazione di estinzione del reato di
costruzione abusiva produce automaticamente l’inefficacia dell’ordine di
demolizione dell’opera, indipendentemente da una richiesta di revoca.
4. Con il terzo motivo deduce, in relazione in relazione al vizio di violazione
di legge riferito agli artt.125, primo comma e 666, sesto comma c.p.p., che il
riconoscimento della continuazione tra i reati di cui alle sentenze sopra indicate
si traduce in una modifica sostanziale della sentenza che comporta il
trasferimento di ogni potere al giudice di secondo grado: conseguentemente il
Pubblico Ministero presso il Tribunale non poteva ritenersi competente a
promuovere l’esecuzione dell’ordine di demolizione, spettando ogni potere al PG
presso la Corte di Appello.
5. Con il quarto motivo deduce, in relazione al vizio di violazione di legge
riferito agli artt.125, primo comma e 666, sesto comma c.p.p., che avendo tanto
la Diano quanto il Chirico presentato domanda di condono edilizio ai sensi della
1.326/2003 e provveduto al pagamento della relativa oblazione che, seppur
autodeterminata, era stata ritenuta congrua dai competenti uffici tecnici
comunali, imponeva quanto meno la sospensione dell’ordine di demolizione
essendo prevedibile che possa verificarsi entro breve tempo la causa di

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riferito agli artt.125, primo comma e 666, sesto comma c.p.p. e al vizio

estinzione del reato e che comunque il rilascio della concessione in sanatoria
quand’anche inidonea, ove intervenuta dopo il passaggio in giudicato della
sentenza di condanna, ad estinguere il reato può comportare la revoca
dell’ordine di demolizione.
6. Con il quinto motivo invoca la natura penale della sanzione dell’ordine di
demolizione in forza del diritto sovrannazionale (art. 53 CEDU) che dovendo, così
come ritenuto dalla giurisprudenza comunitaria, essere ricompresa nella pena,
resta assoggettata all’estinzione, nonché l’affidamento ingeneratosi

rimasta ineseguita

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso risulta inammissibile stante la manifesta infondatezza delle
doglianze svolte.
Il primo ed il secondo motivo si fondano sull’indebita sovrapposizione
all’ordine di demolizione, derivante da una sentenza pronunciata dal GIP di
Reggio Calabria in data 29.10.1996 e diventata irrevocabile, della sentenza di
improcedibilità resa dalla Corte di Appello della stessa città in data in data
29.9.2005 afferente a tutt’altro procedimento svoltosi nei confronti dell’odierna
ricorrente e di Chirico Demetrio: l’estinzione del reato edilizio per intervenuta
prescrizione aveva comportato, relativamente a quel solo procedimento, la
revoca dell’obbligo di demolizione, lasciando ciò nondimeno inalterata la
condanna e le statuizioni ad essa accessorie oggetto del presente incidente di
esecuzione, stante la assoluta autonomia dei due procedimenti. Irrilevante è
comunque la circostanza che l’istante non sia stata l’autrice né abbia concorso
alla realizzazione dell’abuso, cui attiene l’ingiunzione demolitoria, atteso che,
come correttamente rilevato dal giudice dell’esecuzione, l’ordine di demolizione
delle opere abusive emesso dal giudice penale, avendo carattere reale, ricade,
per consolidato orientamento giurisprudenziale, direttamente sul soggetto che è
in rapporto con il bene in quanto titolare dei un diritto reale o personale di
godimento, nei confronti del quale deve essere eseguito, indipendentemente dal
fatto che si tratti di soggetto estraneo alla commissione del reato edilizio (Sez. 3,
n. 16035 del 26/02/2014 – dep. 11/04/2014, Attardi, Rv. 259802; Sez. 3, n.
47281 del 21/10/2009 – 11/12/2009, Arrigoni, Rv. 245403).
2. Dall’autonomia dei due procedimenti deriva, a cascata, l’infondatezza
dell’eccepita incompetenza del Tribunale quale giudice dell’esecuzione, oggetto
del terzo motivo: essendo il titolo esecutivo costituito dalla sentenza del Gip di
Reggio Calabria del 1996, la doglianza si rivela all’evidenza infondata.

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nell’imputata per effetto del lungo tempo trascorso dalla pronuncia di condanna

3. In ordine al contestato diniego della richiesta di sospensione dell’ordine di

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sospensione, su cui verte il quarto motivo di ricorso, va rilevato che il mancato
adempimento, entro il termine fissato, dell’obbligo di demolizione dell’immobile
abusivo – cui sia subordinata la concessione del beneficio di cui all’art. 163 c.p. determina la revoca della sospensione condizionale della pena, la quale opera di
diritto, salva l’ipotesi di sopravvenuta impossibilità, con la conseguenza che il
giudice dell’esecuzione, al quale non è attribuita alcuna discrezionalità al
riguardo, non è tenuto a motivare su questioni diverse dall’adempimento e dalla

30/04/2015 – dep. 25/06/2015, De Francisci, Rv. 264024; Sez. 3, n. 10672 del
05/02/2004, Raptis, Rv. 227873).
Nella specie, nessuna impossibilità viene dedotta dalla ricorrente la quale
semplicemente lamenta che il provvedimento non si sia fatto carico di verificare i
tempi di definizione del procedimento amministrativo per il conseguimento di un
titolo abilitativo in sanatoria, allo stato pendente per avere tanto costei quanto il
Chirico presentato domanda di condono edilizio. Trovando applicazione il
principio secondo il quale la revoca o la sospensione dell’ordine di demolizione
delle opere abusive, di cui all’art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001, in conseguenza
della presentazione di una istanza di condono o sanatoria successivamente al
passaggio in giudicato della sentenza di condanna, presuppone l’accertamento
da parte del giudice dell’esecuzione della sussistenza di elementi che facciano
ritenere plausibilmente prossima la adozione da parte della autorità
amministrativa competente del provvedimento di accoglimento (Sez. 3, n. 9145
del 01/07/2015 – dep. 04/03/2016, Manna, Rv. 266763), l’evidenziazione da
parte del Tribunale reggino della nota a firma del competente funzionario
comunale con la quale viene comunicato alla ricorrente, in relazione alla
suddetta istanza di condono, che l’immobile non è passibile di sanatoria, atto con
cui il ricorso non confronta e che lascia invece fondatamente prevedere il diniego
di accoglimento della domanda di condono, rende il provvedimento immune da
censure.
4. Le doglianze svolte con il quinto motivo, afferenti alla natura penale
dell’ordine di demolizione, risultano palesemente in contrasto con la consolidata
interpretazione adottata da questa Corte. E’ stato invero reiteratamente
affermato che la demolizione del manufatto abusivo, anche se disposta dal
giudice penale quando non sia stata altrimenti eseguita, ha natura di sanzione
amministrativa tenuto conto che integra una sanzione ripristinatoria del bene
giuridico leso, che si concretizza in un obbligo di fare imposto per ragioni di
tutela del territorio e che riveste, producendo effetti sul soggetto che è in
rapporto diretto con il bene indipendentemente dall’essere stato o meno
quest’ultimo autore dell’abuso, natura reale: proprio in ragione di dette
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inesistenza di cause che lo rendano impossibile (Sez. 3, n. 26744 del

caratteristiche non può ritenersi una “pena” nell’accezione individuata dalla
giurisprudenza della Corte EDU, con conseguente inassoggettabilità alla
prescrizione stabilita dall’art.173 c.p.p. per le sanzioni penali (Sez. 3, n. 36387
del 07/07/2015 – dep. 09/09/2015, Formisano, Rv. 264736; Sez. 3, n. 49331 del
10/11/2015 – dep. 15/12/2015, PM in proc. Delorier, Rv. 265540 Sez. 3, n.
41475 del 03/05/2016 – dep. 04/10/2016, Porcu, Rv. 267977)
In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Segue a tale
esito ricorso la condanna della ricorrente, a norma dell’art.616 cod. proc. pen., al

favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di C 2.000 in favore della Cassa
delle Ammende
Così deciso il 29.3.2018

pagamento delle spese processuali e di una somma equitativamente liquidata in

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