Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19182 del 05/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19182 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: CAMMINO MATILDE

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
CORTESE Paolo Sesto n. Melito Porto Salvo (RC) l’8 novembre 1965
avverso l’ ordinanza emessa il 4 settembre 2013 dal Tribunale di Reggio Calabria

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott. Maria Giuseppina
Fodaroni, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
sentito l’avv. Francesco Calabrese, in sostituzione del difensore di fiducia avv.
Giuseppe Nardo del foro di Reggio Calabria, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
osserva:

Data Udienza: 05/02/2014

Considerato in fatto
1. Con ordinanza in data 4 settembre 2013 il Tribunale di Reggio Calabria ha
rigettato gli appelli, riuniti, proposti avverso le ordinanze emesse dalla Corte di
appello di Reggio Calabria il 28 giugno 2013 e il 10 luglio 2013 con le quali, nel
procedimento a carico di Cortese Paolo Sesto, rispettivamente era stata disposta la
sospensione di detti termini ai sensi dell’art.304, comma secondo, cod.proc.pen. ed

cautelare.
2. Avverso la predetta ordinanza l’imputato ha proposto, tramite il difensore,
ricorso per cassazione deducendo:
1) la violazione di legge con riferimento agli artt.303 co.1 lett.c) n.2, 304 comma co.1
lett.c) bis, 544 co.3 e 172 co.1 cod.proc.pen. e l’erroneità, contraddittorietà, carenza e
manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui, accolto il rilievo difensivo sulla
necessità di calcolare il periodo di tempo effettivamente utilizzato per la redazione
della motivazione, il Tribunale erroneamente aveva ritenuto che il

dies a quo del

termine di fase relativo al giudizio di appello dovesse individuarsi nella data di lettura
del dispositivo (31 gennaio 2012), cui si aggiungerebbero ottantasette giorni per il
deposito della sentenza avvenuto il 26 aprile 2012 (ottantasette giorni, essendo il
2012 anno bisestile) e sessantadue giorni per sospensioni dovute a legittimo
impedimento dei coimputati; secondo la difesa il periodo tra la lettura del dispositivo
(31 gennaio 2012) e il deposito della motivazione (26 aprile 2012) sarebbe parte
integrante della fase di primo grado avendo il giudice di primo grado disposto la
sospensione dei termini di custodia cautelare ai sensi dell’art.304 co.1 lett.c) bis
cod.proc.pen. fino al giorno dell’effettivo deposito della sentenza; ulteriore errore del
Tribunale sarebbe quello di aver calcolato il giorno 29 febbraio 2012, compreso nel
periodo utilizzato per la redazione della motivazione, pur avendo affermato che detto
periodo avrebbe dovuto essere calcolato dopo il termine di fase di un anno decorrente
dalla lettura del dispositivo (31 gennaio 2012-31 gennaio 2013), nonostante il
disposto dell’art.172 co.1 cod.proc.pen. secondo il quale i termini processuali sono
stabiliti a ore, giorni, mesi e anni;
2) la violazione degli artt.304 co.1 lett.a) e 172 co.4 cod.proc.pen. e l’erroneità della
motivazione nel computo del periodo di sospensione della custodia cautelare per
legittimo impedimento di taluni imputati, nel corso del giudizio di appello, in giorni
sessantadue anziché sessanta, perché erroneamente era stato calcolato il dies a quo

era stata rigettata l’istanza di scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia

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(5 febbraio 2013-4 marzo 2013; 8 maggio 2013-10 giugno 2013); il termine di
custodia cautelare sarebbe quindi scaduto il 25 giugno 2013, tre giorni prima della
sospensione disposta dalla Corte di appello;
3) la violazione dell’art.304 co.2 cod.proc.pen. e il difetto di motivazione quanto alla
particolare complessità del giudizio addotta nella richiesta di sospensione dal
Procuratore Generale e rimasta indimostrata da parte della Corte di appello.

3. Il ricorso va rigettato
3.1. Il primo motivo è infondato.
Il giudice dell’appello cautelare ha ritenuto di conformarsi nell’ordinanza
impugnata a quanto affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n.27361 del 31
marzo 2011 circa la limitazione della sospensione dei termini di custodia cautelare, in
caso di deposito anticipato rispetto alla data di differimento del termine di deposito
della sentenza, al periodo effettivamente utilizzato per la redazione della motivazione,
dovendosi tener conto dell’esigenza di contenere quanto più possibile l’incidenza della
facoltà di differimento del termine di deposito sulla limitazione della libertà personale.
Il Procuratore Generale in sede di discussione ha posto una questione di diritto
che questo Collegio non può certamente eludere, anche in considerazione del fatto che
il decisum era favorevole all’accusa e che il pubblico ministero non avrebbe avuto
interesse a proporre impugnazione. Il Procuratore Generale ha infatti rilevato che
l’ordinanza impugnata si è basata su un’interpretazione contenuta nella citata
sentenza delle Sezioni Unite che non si è tradotta in un principio di diritto, ma
costituisce semplicemente un

obiter dictum

non vincolante e comunque non

condivisibile in quanto il dato testuale dell’art.304 comma 1 lett.c) cod.proc.pen. (“i
termini previsti dall’articolo 303 sono sospesi […] nella fase del giudizio, durante la
pendenza dei termini previsti dall’art. 544, commi 2 e 3”), nella parte in cui prevede
che i termini di sospensione della misura cautelare sono sospesi in pendenza del
termine differito stabilito dal giudice, impedisce di considerare la durata della
sospensione facendo riferimento alla data, che può essere antecedente o anche
successiva, di effettivo deposito della motivazione, in quanto una diversa
interpretazione vanificherebbe l’istituto della sospensione dei termini di custodia
cautelare.

Ritenuto in diritto

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La Corte ritiene fondati i rilievi del Procuratore generale. Rileva innanzitutto che
le Sezioni Unite nella citata sentenza erano chiamate a pronunciarsi sulla questione di
diritto, risolta in senso positivo, circa la legittimità del provvedimento, assunto di
ufficio senza il previo contraddittorio delle parti, di sospensione dei termini di durata
della custodia cautelare in pendenza dei termini per la redazione della sentenza, ex
art. 304, comma primo, lett. c), cod. proc. pen.. Solo incidentalmente, a titolo di
precisazione, nella citata sentenza delle Sezioni Unite si è preso in considerazione il

escludendo che la persistente rilevanza ai fini impugnatori del prefissato termine
differito possa influire sulla sospensione dei termini di custodia cautelare, esaminando
criticamente quanto affermato da altra pronuncia (cfr. Sez. 1, n.38596 del
30/09/2005, Cuomo, Rv. 232604). La prevalente giurisprudenza di diverse sezioni di
questa Corte, che le Sezioni Unite non hanno preso specificamente in considerazione e
che il collegio condivide, è tuttavia consolidata nel senso di ritenere irrilevante
l’avvenuto deposito della sentenza prima della scadenza fissata del termine indicato
nel dispositivo, da cui decorrono i termini di impugnazione previsti dall’art. 585
cod.proc.pen. (sez.I 21 giugno 2005 n.26005, Palmisano; sez. VI 29 aprile 2004, n.
29873, Delle Grottaglie; sez.IV 30 novembre 2004 n.6695, Mignozzi) in quanto ciò
che rileva ai fini della durata della sospensione è il termine ex art. 544, co. 3,
cod.proc.pen. indicato nel dispositivo della sentenza e non il tempo effettivamente
impiegato per il deposito della motivazione dipendendo dal termine indicato in
sentenza, quanto ad entità e decorrenza, i termini di impugnazione previsti dall’art.
585 cod.proc.pen. e la connessa loro incidenza sulla concreta possibilità di
celebrazione del giudizio di impugnazione prima della scadenza del relativo termine di
fase.
Quanto alle ulteriori deduzioni difensive , la Corte ritiene che la sospensione dei
termini di custodia cautelare per il tempo, superiore all’ordinario, previsto per la
stesura ed il deposito della motivazione della decisione di primo grado di cui all’art.
304, comma 1, lett. c), rappresenta un’ipotesi di sospensione automatica che opera a
vantaggio della successiva fase di appello, posto che la redazione della sentenza è
necessariamente successiva alla sua pronuncia, la quale segna il passaggio dalla fase
di primo grado a quella di secondo grado e, quindi, il momento di decorrenza dei nuovi
termini di fase (Cass. sez.III 15 luglio 2003 n.36396, Ait Abdelmalk Hassan).

caso del deposito anticipato (rispetto al prefissato termine differito) della sentenza,

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Ne consegue che -essendo il termine annuale di sospensione, calcolato
correttamente dalla pronuncia della sentenza di primo grado, scadente il 31 gennaio
2013 e dovendo calcolarsi in aggiunta i novanta giorni di sospensione corrispondenti al
termine differito di deposito della sentenza prefissato ai sensi dell’art.544 comma 3
cod.proc.pen. (scadenti il 10 maggio 2013, come correttamente rilevato dal Procurato
generale della Corte di appello nell’esprimere il parere sull’istanza di scarcerazione per
decorrenza dei termini di custodia cautelare) nonché i successivi sessanta giorni di

imputati nel corso del giudizio di appello (su questo punto la censura difensiva
contenuta nel secondo motivo di ricorso è fondata, non essendo sessantadue i giorni
di sospensione)- l’ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare per
effetto della complessità del procedimento è intervenuta tempestivamente alla data
del 28 giugno 2013.

3.2. Il secondo motivo, pur prospettando un corretto calcolo del periodo di
sospensione del termine di custodia cautelare per impedimento di difensori o imputati
nel corso del giudizio di appello (erroneamente calcolato nell’ordinanza impugnata in
sessantadue anziché sessanta giorni), è infondato nella conclusione in quanto nel
ricorso si parte dalla premessa, errata secondo quanto rilevato nell’esaminare il primo
motivo, che il termine di sospensione per il deposito della sentenza dovesse calcolarsi
in quello effettivamente utilizzato dal giudice di primo grado e non in quello di novanta
giorni indicato in dispositivo.

3.3. Il terzo motivo è infondato.
Dalla lettura congiunta dell’ordinanza emessa il 28 giugno 2013 dalla Corte di
appello di Reggio Calabria e di quella emessa dal giudice dell’appello cautelare, che si
integrano essendo di segno conforme, si desume che la sospensione dei termini di
custodia cautelare ha trovato da parte del giudice di merito adeguata e approfondita
giustificazione attraverso il riferimento al numero dei reati e alla loro gravità
(associazione di stampo mafioso, attentati dinamitardi, plurime vicende di estorsione,
danneggiamenti a scopo estorsivo, varie ipotesi di detenzione di armi anche in numero
elevato, una tentata rapina e connessa simulazione di reato), al numero degli imputati
(sette), alla molteplicità e complessità delle questioni, sia di fatto che di diritto,
dedotte con i motivi di appello, alla mole degli atti da esaminare (61 faldoni) e alla
complessità della sentenza di primo grado, alla necessità di ricostruire per i singoli
imputati la posizione personale nell’ambito delle molteplici e articolate vicende

sospensione per effetto dei rinvii disposti per impedimento dei difensori e degli

C
descritte nei capi d’imputazione, all’esigenza di tradurre gli imputati detenuti in diversi
luoghi, all’impossibilità di fissare quotidianamente udienza per le difficoltà di organico
della Corte e per il notevolissimo carico di lavoro costituito in misura preponderante
da procedimenti di criminalità organizzata, con imputati detenuti. La Corte di appello
ha altresì rappresentato l’ulteriore elemento di particolare complessità costituito dalla
presentazione, da parte del difensore di uno degli imputati, di un memoriale attribuito
all’imputato Lo Giudice Antonino, collaboratore di giustizia e principale fonte

dei coimputati determinando la necessità di effettuare opportune verifiche circa
l’autenticità del documento attraverso l’acquisizione di ulteriore documentazione, con
conseguente riapertura della discussione per tutte le parti del processo. Detta
motivazione, ampia e particolareggiata, ritenuta dal giudice dell’appello cautelare
esauriente e completa, rendeva superflua una disamina particolareggiata delle censure
difensive sostanzialmente volte a prospettare una diversa valutazione della particolare
complessità del procedimento senza contestare specificamente le argomentazioni della
Corte di appello.

4. Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

5.

A norma dell’art. 94 co. 1 ter disp. att. c.p.p., copia del presente

provvedimento va trasmesso al Direttore dell’istituto penitenziario in cui il ricorrente è
ristretto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Si provveda a norma dell’art.94 comma 1 ter disp. att. c.p.p..
Roma 5 febbraio 2014

il cons. est.

f

r s’clente

accusatoria, il quale avrebbe ritrattato le accuse formulate in precedenza nei confronti

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