Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19179 del 05/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19179 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: CAMMINO MATILDE

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
ARUTA Modestino n. Napoli il 22 novembre 1989
avverso l’ ordinanza emessa il 6 agosto 2013 dal Tribunale di Napoli

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. Dott. Maria Giuseppina
Fodaroni, che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
osserva:

Data Udienza: 05/02/2014

Considerato in fatto
1. Con ordinanza in data 6 agosto 2013 il Tribunale di Napoli in sede di riesame
ha confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 15 luglio 2013 dal
giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli nei confronti di Aruta
Modestino limitatamente al reato di associazione per delinquere di stampo
camorristico ascritto al capo A (quale affiliato dell’associazione camorristica

vedetta armata, dall’aprile 2011), nonché in ordine al reato di associazione per
delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti aggravato ai sensi dell’art.7
d.l. n.152/91, ascritto al capo F (quale gestore, dal marzo 2007 fino all’aprile-maggio
2011, della piazza di spaccio delle Case dei Puffi , cd. Lotto P, per conto del gruppo
criminoso camorristico Amato-Pagano). L’ordinanza custodiale è stata annullata
relativamente al reato di partecipazione all’associazione camorristica denominata clan
Amato-Pagano contestata al capo E.
2. Avverso la predetta ordinanza l’Aruta ha proposto, tramite il difensore,
ricorso per cassazione deducendo:
1)

la violazione degli artt.291 e 305, comma 5, cod.proc.pen. e il difetto di

motivazione quanto al rigetto dell’eccezione difensiva relativa alla mancata
trasmissione da parte del pubblico ministero al giudice per le indagini preliminari delle
dichiarazioni dei collaboratori di giustizia riportate nell’ordinanza impugnata

“per

stralcio” e contenute per intero nella richiesta cautelare; la giurisprudenza citata dal
Tribunale per rigettare l’eccezione difensiva non sarebbe congruente riferendosi al
caso di trasmissione al giudice per le indagini preliminari di verbali di interrogatorio
contenenti cancellature od omissioni; l’eccezione era peraltro corredata da una
certificazione di cancelleria erroneamente ritenuta irrilevante;
2) la violazione degli artt.273 co.1 e co.1 bis e 192 cod.proc.pen. e il difetto di
motivazione quanto alla ritenuta gravità indiziaria; in relazione al capo A vi sarebbe
elementi contraddittori sulla data in cui il clan della Vanella Grassi avrebbe acquisito
una propria autonomia (2007 o 2011) e le dichiarazioni accusatorie individuate e
selezionate dal Tribunale del riesame non sarebbero dimostrative della condotta
contestata (Illiano Giovanni era il solo ad aver attribuito all’Aruta il ruolo di scorta
armata, indicando peraltro l’Aruta come spacciatore e non gestore della piazza di
spaccio; Menna Luca aveva del pari collocato genericamente l’Aruta insieme con il
fratello Luigi sulla piazza di spaccio della case dei Puffi; le dichiarazioni di Annunziata

denominata clan della Vinella Grassi, con il ruolo di scorta armata dei capi del clan e di

;

Carmine, che aveva indicato l’Aruta come “sorvegliante non armato della piazza di

spaccio dei Puffi”, e di Annunziata Gaetano, che come il Marino aveva riferito di una
condotta di gestione della piazza di spaccio senza indicare tuttavia episodi specifici,
erano troppo generiche e contraddittorie per costituire un idoneo riscontro; i
collaboratori di giustizia Lombardi e Giugliano non avevano indicato l’Aruta quale
componente del clan Vinella-Grassi); la contestazione di affiliazione all’associazione di

mentre le dichiarazioni di Annunziata Gaetano e Marino Giovanni si riferivano al
periodo in cui Abete-Abbinante e la Vanella con i Marino e i Leonardi erano “una cosa”
(Marino Giovanni) ovvero a “quando noi Abbinante-Abete-Notturno eravamo una sola

cosa con loro della Vinella”.
Ritenuto in diritto
3. Il ricorso è inammissibile.
3.1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Nell’ordinanza impugnata il Tribunale ha affermato che l’assunto difensivo,
secondo il quale il pubblico ministero non avrebbe trasmesso al giudice per le indagini
preliminari le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (riportate nell’ordinanza per
stralcio, ma contenute per intero nella richiesta di applicazione della misura), è
rimasto privo di dimostrazione in quanto dall’attestazione della cancelleria del giudice
per le indagini preliminari prodotta dal difensore si evinceva solo una momentanea
impossibilità di visualizzare gli atti della procedura in esame e “non è certo possibile

dedurre l’omessa trasmissione degli stessi al G.I.P. in sede di richiesta cautelare del
P.M.”.

Sul punto nel ricorso non viene articolata alcuna deduzione. Peraltro,

indipendentemente dalla pertinenza della giurisprudenza citata nell’ordinanza del
Tribunale del riesame, questa Corte ritiene la

ratio

dell’aft.309, comma 5,

cod.proc.pen. non attiene essenzialmente alla materialità dei documenti quanto
piuttosto al loro contenuto, sicché, quando questo risulti come nel caso in esame “per

intero” inserito nella richiesta cautelare e per stralcio nell’ordinanza cautelare, può
ritenersi adempiuto l’obbligo di cui alla citata norma, essendo stata posta la difesa in
condizione di prendere completa cognizione degli atti posti a base della misura
restrittiva in considerazione dell’integrale

discovery

prevista dall’art. 293

cod.proc.pen., comma 3, di cui la difesa non lamenta l’omissione (Cass. sez.V 15
luglio 2011 n.42150, Minichini; sez.II 25 maggio 2005 n.21333, Starace; sez.I 7

cui all’art.74 D.P.R.309/90 riguardava, infine, esclusivamente il clan Amato-Pagano,

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aprile 1998 n.2047, Gulino). Del resto il ricorrente, come ha correttamente rilevato il
Tribunale del riesame, non ha formulato alcuna questione sul concreto pregiudizio
all’esercizio dei diritti difensivi dovuto alla presunta inadempienza del pubblico
ministero né ha adempiuto all’onere di indicare quale parte delle dichiarazioni non
fosse stata eventualmente trascritta nella domanda cautelare, dichiarazioni sul cui
contenuto risulta invece aver articolato censure specifiche.

Nella motivazione dell’ordinanza impugnata si rileva che il ruolo svolto dall’Aruta
nell’ambito del gruppo camorristico cd. della Vinella Grassi, affermatosi come clan
autonomo all’esito di scissioni e faide ricostruite giudiziariamente in diverse sentenze
anche definitive, emerge dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Menna Luca,
Illiano Giovanni, Marino Giovanni, Annunziata Carmine e Annunziata Gaetano,
sostanzialmente convergenti e riscontrate dai controlli di polizia giudiziaria. Richiamata
la giurisprudenza di legittimità in materia di valutazione della chiamata in correità o in
reità e, in particolare, la sentenza delle Sezioni Unite n.36267 del 2006, ric. Spennato,
il Tribunale del riesame ha legittimamente operato un integrale richiamo alla
motivazione dell’ordinanza cautelare (ff.8-107) in cui erano state riportate le
dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, evidenziando gli elementi che consentivano
di affermare la credibilità soggettiva di coloro che avevano reso dichiarazioni
accusatorie nei confronti dell’Orefice. L’analitico esame di dette dichiarazioni non
risulta carente sotto i profili evidenziati nel ricorso. Quanto alla partecipazione
dell’Aruta all’associazione dedita, per conto del gruppo Amato-Pagano, dal marzo 2007
all’aprile-maggio 2011, all’attività di spaccio di sostanze stupefacenti il tribunale del
riesame ha chiarito, così rispondendo alle censure difensive, che “le dichiarazioni di
tutti i collaboratori di giustizia prima citati sono concordi nell’indicare la partecipazione
di Aruta Modestino alla gestione della piazza di spaccio di hashish e marijuana delle
cd. case dei Puffi, con una collocazione temporale certa, la quale coincide con quella
indicata al capo F) dell’imputazione. Durante tale periodo la gestione delle piazze di
spaccio site nell’area a nord di Napoli, tra le quali quella in esame, era affidata ad un
ampio cartello criminale, del quale facevano parte gli Amato-Pagano e altri sottogruppi
sorti in seguito alla scissione dal clan Di Lauro come quelli degli Abete-AbbinanteNotturno, in cui erano confluiti dopo il 2007 altri gruppi, tra i quali quello della VinellaGrassi. Nel capo F) dell’imputazione non a caso si utilizza il termine di confederazione,
motivo per il quale la condotta descritta dai collaboratori di giustizia circa l’attività

3.2. Il secondo motivo è del pari manifestamente infondato.

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svolta dal ricorrente nel settore della droga è pienamente compresa nella
contestazione”. Peraltro, nella ricostruzione delle vicende dell’Aruta, dal contesto della
motivazione dell’ordinanza impugnata si evince che l’Aruta ha seguito
successivamente l’evoluzione criminale del clan della Vinella Grassi, prima nella sua
contrapposizione con gli Amato-Pagano unitamente alle altre famiglie prima citate
nella fase della cd. scissione nella scissione, per poi approdare ad un patto con gli

In tale ultimo periodo l’Aruta aveva assunto i compiti di vigilanza del territorio riferiti,
oltre che dall’Illiano il quale aveva parlato del ricorrente come un appartenente al
gruppo di fuoco della Vinella Grassi, anche dai collaboratori Annunziata Carmine e
Annunziata Gaetano, i quali avevano significativamente indicato l’Aruta come uno dei
soggetti da eliminare da parte del gruppo di fuoco degli Abete-Abbinante-NotturnoAprea, all’epoca contrapposto al gruppo della Vinella Grassi. Le dichiarazioni
dell’Illiano, del Marino e dei fratelli Annunziata sono concordi peraltro nell’attribuire
all’Aruta un ruolo non di semplice spacciatore, ma di un soggetto vicino ai capi
(Illiano), che gestiva la contabilità degli incassi (Marino, Annunziata Gaetano) ed
effettuava la sorveglianza (Illiano, Annunziata Carmine). Il Tribunale del riesame non
si è sottratto pertanto alla valutazione delle censure difensive, fornendo ampia e
documentata giustificazione circa la ritenuta attendibilità delle dichiarazioni dei
collaboratori di giustizia.
Le conclusioni circa la sussistenza della gravità indiziaria a carico del ricorrente
risultano pertanto adeguatamente giustificate dal giudice di merito attraverso una
puntuale valutazione delle emergenze investigative, esente da incongruenze logiche e
da contraddizioni. Tanto basta per rendere l’ordinanza impugnata incensurabile in
questa sede non essendo il controllo di legittimità diretto a sindacare direttamente la

stessi al fine di fronteggiare il cartello formato dagli Abete-Abbinante-Notturno-Aprea.

valutazione del materiale indiziario compiuta dal giudice di merito, ma solo a verificare
se questa sia sorretta da validi elementi dimostrativi e sia nel complesso esauriente e
plausibile. Il ricorrente con le sue doglianze formula censure di merito improponibili in
sede di legittimità, prospettando sostanzialmente una rilettura in fatto degli elementi
indiziari già presi in considerazione e analiticamente valutati nella loro complessiva
gravità dal Tribunale del riesame che ha dato adeguatamente conto delle ragioni che
giustificavano la conferma della gravità del quadro indiziario, con una motivazione
coerente e lineare, conforme ai principi di diritto che governano le risultanze
probatorie ed esente da contraddizioni e manifeste illogicità (Cass. Sez.Un. 22 marzo
2000 n. 11, Audino).

AA.

4.

Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 cod.proc.pen. la

condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in
favore della Cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima
equo determinare in euro 1.000,00.
5.

A norma dell’art. 94 co. 1 ter disp. att. c.p.p., copia del presente

provvedimento va trasmesso al Direttore dell’istituto penitenziario in cui il ricorrente è

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Si provveda a norma dell’art.94 comma 1 ter disp. att. c.p.p..
Roma 5 febbraio 2014

ristretto.

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