Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19177 del 05/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19177 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: CAMMINO MATILDE

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
PELLEGRINI Andrea n.Bari 1’8 novembre 1992
avverso l’ordinanza emessa il 6 maggio 2013 dal Tribunale di Bari

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott. Maria Giuseppina
Fodaroni, che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
osserva:

Data Udienza: 05/02/2014

2
Considerato in fatto
1. Con ordinanza in data 6 maggio 2013 il Tribunale di Bari ha confermato, in
sede di appello cautelare, l’ordinanza emessa il 12 marzo 2013 dal giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Bari con la quale era stata rigettata la richiesta,
presentata nell’interesse di Pellegrini Andrea, di revoca o sostituzione della misura
cautelare della custodia in carcere disposta in ordine al reato di rapina aggravata

commesso in una farmacia di Bari il 7 gennaio 2013.

2. Avverso la predetta sentenza il Pellegrini ha presentato, tramite il difensore,
ricorso per cassazione deducendo:
1) l’erronea applicazione dell’art.273 cod.proc.pen. e la mancanza di motivazione; il
giudice di merito avrebbe erroneamente ricostruito i fatti, affermando in particolare
che il Pellegrini nel fuggire si era disfatto di un marsupio di colore nero come quello
sottratto nel corso della rapina, marsupio che tuttavia non risultava nemmeno essere
stato sequestrato; nel provvedimento impugnato non si sarebbe inoltre tenuto conto
della mancanza di indizi sulla presenza dell’imputato nel luogo di commissione della
rapina, in assenza di testi oculari o videoregistrazioni che potessero confermare la sua
partecipazione all’azione criminosa; si sarebbe trascurato di considerare che non erano
stati rinvenuti né l’arma, né il marsupio e, inoltre, che il provento della rapina (600,00
euro) non era stato trovato in possesso del ricorrente, il quale aveva con sé al
momento dell’arresto solo 270,00 euro;
2) la violazione di legge e la mancanza di motivazione sulla sussistenza di esigenze
cautelari e sull’adeguatezza della misura cautelare della custodia in carcere.

Ritenuto in diritto
3. Il ricorso è inammissibile.
3.1. Con il primo motivo si tende a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti
attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale indiziario rimessi
alla esclusiva competenza del giudice di merito. Infatti nel ricorso si formulano
censure di merito improponibili in sede di legittimità, prospettando sostanzialmente
una rilettura in fatto degli elementi indiziari già presi in considerazione e
analiticamente valutati nella loro complessiva gravità dal tribunale del riesame, che ha
adeguatamente giustificato le conclusioni circa la sussistenza della gravità indiziaria
attraverso una puntuale valutazione delle emergenze investigative e una motivazione

1,

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coerente e lineare, conforme ai principi di diritto che governano le risultanze
probatorie ed esente da contraddizioni e manifeste illogicità (Cass. Sez.Un. 22 marzo
2000 n. 11, Audino; sez.IV 3 maggio 2007 n.22500, Terranova; sez.V 8 ottobre 2008
n.46124, Pagliaro; sez.VI 8 marzo 2012 n.11194, Lupo). Va ribadito, infatti, che il
controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti
restrittivi della libertà personale è diretto a verificare, da un lato, la congruenza e la

al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato e, dall’altro lato, la valenza
sintomatica degli indizi senza coinvolgere il giudizio ricostruttivo del fatto e gli
apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la
concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia
adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici. (Cass. Sez.Un.30 aprile 1997
n.6402, Dessimone; sez. I 20 marzo 1998 n. 1700, Barbaro). In sede di ricorso
proposto ai sensi dell’art. 311co.2 c.p.p. la motivazione del provvedimento che
dispone una misura coercitiva è, pertanto, censurabile solo quando sia priva dei
requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità al punto da risultare meramente
apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal
giudice di merito o talmente priva di coordinazione e carente dei necessari passaggi
logici da far risultare incomprensibili le ragioni che hanno giustificato l’applicazione
della misura (Cass. sez.I 7 dicembre 1999 n.6972, Alberti).
Correttamente nella motivazione dell’ordinanza impugnata si fa rilevare attraverso un’organica e consequenziale ricostruzione dei fatti- che il Pellegrini faceva
parte del gruppo dei quattro giovani, due dei quali avevano materialmente messo in
atto la rapina all’interno della farmacia ed erano fuggiti per congiungersi poco lontano
con altri due soggetti a bordo di due scooter; che i quattro erano stati visti scambiarsi
qualcosa prima di darsi alla fuga; che il Pellegrini, il quale non era stato perso di vista
durante l’inseguimento da parte della Polizia, prima di essere raggiunto e tratto in
arresto era stato visto disfarsi del borsello nero che unitamente alla somma di 600,00
euro costituiva il provento della rapina. Nell’ordinanza si puntualizza che il borsello era
stato recuperato e riconosciuto dal suo proprietario Gervasoni Riccardo, cui era stato
consegnato (f.3) non essendovi evidentemente necessità di procedere al sequestro. Il
coinvolgimento del Pellegrini nella rapina era comunque desumibile, nell’articolata
ricostruzione del giudice di merito, dalla compatibilità dei capi di vestiario indossati da
uno dei rapinatori con quelli del Pellegrini al momento dell’arresto, dal fatto che lo
stesso fosse stato trovato in possesso della somma di 270,00 euro tra cui molte

ÉLL

coordinazione logica dell’apparato argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza

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banconote di piccolo taglio la cui disponibilità è generalmente indispensabile per le
necessità di cassa di un’attività commerciale, dal rinvenimento nel luogo in cui il
Pellegrini si era dato alla fuga di uno scontrino relativo ad un pagamento
informatizzato effettuato pochi istanti prima della rapina presso la farmacia. Si tratta
di elementi indiziari che, pur prescindendo dalla mancanza di immagini registrate da
impianti di sorveglianza, contribuiscono a delineare un solido quadro indiziario a carico

sentenza in data 25 giugno 2013 emessa, all’esito del giudizio abbreviato, dal giudice
per le indagini preliminari del Tribunale di Bari.

3.2. Il secondo motivo è del pari manifestamente infondato avendo il giudice
dell’appello cautelare rilevato che nessun elemento nuovo, successivo all’applicazione
della misura cautelare della custodia in carcere, era stato prospettato dalla difesa e
che il Pellegrini non aveva dato prova di alcun ravvedimento. Del resto nella
motivazione dell’ordinanza custodiale, la cui motivazione si integra con quella di segno
conforme emessa in sede di appello, si fa specifico riferimento alla gravità della
condotta, desunta dalle modalità dell’azione criminosa, e alla personalità
dell’imputato, recidivo specifico infraquinquennale, quali elementi indicativi di una
particolare inclinazione a delinquere fronteggiabile unicamente attraverso la misura
cautelare della custodia in carcere.
4. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa
delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in
euro 1.000,00.
5.

A norma dell’art. 94 co. 1 ter disp. att. c.p.p., copia del presente

provvedimento va trasmesso al Direttore dell’istituto penitenziario in cui il ricorrente è
ristretto.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Si provveda a norma dell’art.94 comma 1 ter disp. att. c.p.p..
Roma 5 febbraio 2014

del Pellegrini, il quale peraltro risulta essere già stato condannato in primo grado con

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