Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19175 del 29/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19175 Anno 2014
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
IOFRIDA GIUSEPPE N. IL 01/04/1977
avverso l’ordinanza n. 670/2013 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 24/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 29/01/2014

IOFRIDA Giuseppe, tramite il difensore, ricorre per Cassazione avverso
l’ordinanza 26.8.2013 con la quale il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, quale giudice del rinvio disposto con decisione di questa Corte del
12.6.2013 n. 25865, ha confermato il provvedimento di custodia cautelare in
carcere per la violazione dell’art. 416 bis cp.
La difesa richiede l’annullamento della decisione impugnata deducendo i
seguenti motivi, così brevemente esposti ex art. 173 I° comma disp. att. cpp.
§1.) Ex art. 606 I^ comma lett. b) ed e) cpp, stante la violazione degli arttt.
623 comma I lett. a), 627 comma III, 274, 275 cpp e 110, 416 bis cp. La difesa sostiene che il Tribunale del riesame: 1) non ha seguito le direttive imposte dalla Corte di cassazione nella sentenza di rinvio; 2) ha accolto la tesi
accusatoria con motivazione che sfocia nella “assoluta congetturalità”; 3)
ha omesso di motivare in ordine alla doglianze difensive riscontrate dalla
documentazione in atti; 4) non ha formulato alcuna critica in ordine alle deduzioni difensive; 5) ha equivocato il contenuto delle dichiarazioni rese dal
testimone SCA VELLI, il quale si è limitato ad esporre le ragioni per le quali
si è rivolto all’imputato, ha stipulato contratti di nolo a freddo e ha assunto
personale della zona.
La difesa conclude sostenendo che mancano a carico dell’imputato indizi
gravi precisi e concordanti idonei a dimostrare la sua resposnabilitò
PREMESSA IN FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Dalla lettura della sentenza 30.5.2013 della VI sezione di questa Corte e della ordinanza cautelare genetica, si apprende quanto segue. Nel corso delle
indagini ad infiltrazioni mafiose nel settore dei lavori pubblici ed in danno
di cantieri, la polizia giudiziaria ha proceduto alla ricostruzione dei rapporti
intercorrenti tra una ditta formalmente intestata a MAMMOLITI Stefano,
ma di fatto appartenente a MAMMOLITI Francesco (capo dell’omonimo
clan criminale) e la ditta NISCA di Cotronei resasi aggiudicataria dei lavori
di realizzazione della “casa della legalità e della cultura di Polsi” in agro
di San Luca.
I direttore dei lavori della suddetta impresa sarebbe stato nominato nella
persona dell’odierno ricorrente che, secondo l’impostazione degli inquirenti,
sarebbe associato al clan Mammoliti/Fischiante, avendo curato i loro interessi nell’esecuzione dei lavori.
Nel corso delle indagini, la polizia giudiziaria accertava gli stretti rapporti
intercorrenti tra il MAMMOLITI Francesco e tale MESSINE° Francesco
per la gestione del cantiere, nonché i rapporti fra MAMMOLITI Frahcesco e
IOFFRIDA Giuseppe. La prova dei suddetti rapporti si fonda sugli accertamenti condotti sui tabulati telefonici relativi alle utenze in uso alle suddette
persone. La polizia giudiziaria accertava inoltre: l’esistenza di rapporti
IOFFRIDA Giuseppe e NIRTA Giuseppe (nipote del MAMMOLITI); che
lo IOFFRIDA faceva assumere, come operai, presso il cantiere dell’impresa
NISCA persone che risultavano appartenenti alla `Ndrina STRANGIO, legata alla `ndrina MAMMOLITI/FISCHIANTE; che la impresa NISCA aveva stipulato contratti di “nolo a freddo” con la impresa del MAMMOLITI
Stefano.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte di Cassazione, sez. VI, investita della legittimità del provvedimento con il quale il Tribunale del riesame aveva confermato la misura della custodia cautelare in carcere disposta dal Tribunale di Reggio Calabria, poneva in evidenza due specifici vizi contenuti nel provvedimento: 1) il Tribunale del riesame aveva utilizzato, ai fini del proprio giudizio, e in modo non
marginale, il contenuto delle dichiarazioni rese dallo IOFFRIDA Giuseppe
alla polizia giudiziaria e non utilizzabili ai fini del giudizio ex art. 63 cp; 2)
il tribunale aveva omesso ogni valutazione in ordine agli argomenti specifici
adoperati dalla difesa e da questa riversati in una memoria scritta depositata
in udienza a unitamente ad altri documenti.

Va premesso in diritto quanto segue.
Lo IOFFRIDA è accusato del delitto di cui agli artt. 416 bis, commi 1, 2, 3,
4, 5, 6 cp e 4 1. 146/2006, in particolare in associazione con NIRTA Giuseppe (in associazione, tra gli altri, con MAMMOLITI Fracesco (classe 49) e
MESSINEO Francesco, nei cui confronti si procede separatamente) facevano parte della “locale” San Luca, con lo scopo di assicurare il controllo
mafioso nel territorio di tale Comune e di raggiungere gli scopi sovra elencati, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della
condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, riconoscendo le
gerarchie e le regole interne del sodalizio, ponendo in essere atti intimidatori, acquisendo in modo diretto (mediante la stipula di contratti di subappalto) ed indiretto (mediante accordi collusivi, violazioni in materia di subappalti, violazione dei contratti di nolo “a freddo”, accaparramento delle
forniture e gauradiania abusiva), la gestione o comunque il controllo di
concessioni, di autorizzazioni, appalti pubblici ( in particolare opera pubblica denominata PON Sicurezza – Casa della legalità e della Cultura a
Polsi) In San Luca e territori limitrofi accertato nel 2011 con condotta perdurante.”
Il Tribunale del riesame, nel valutare una fattispecie concreta riconducibile
allo schema della dell’utilizzo della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà per acquisire in
modo diretto o indiretto la gestione o il controllo di attività economiche e in
particolare quello dell’appalto ha indicato i seguenti specifici elementi indizianti [pag. 11 della ordinanza]: 1) la scelta dello IOFFRIDA quale direttore
tecnico del cantiere dei lavori appaltati alla NISCA srl aggiudicatrice dei lavori, avvenuta con modalità definite inusuali; 2) gli stretti contatti tra lo IOFRIDA e uno dei massimi esponenti della cosca MAMMOLITI; 3) la scelta
di operai riconducibili alla cosca con al quale lo IOFRIDA manteneva i contatti; 4) la scelta della ditta intestata a MAMMOLITI Stefano (ma riconducibile al MAMMOLITI Francesco) per la stipulazione dei contratti di nolo a
freddo nell’interesse della società NISCA srl; 5) la esistenza di legami di
vincoli di frequentazione tra lo IOFFRIDA Giuseppe, MAMMOLITI Francesco, e parentale con MESSINEO Francesco (essendone il cognato).
Il Tribunale del riesame ha altresì affermato che non valgono a superare la
valenza indiziaria sovra riferita le considerazioni difensive in base alle quali:
a) lo IOFFRIDA non sapeva che gli operai assunti presso la NISCA srl, fossero appartenenti ad una associazione mafiosa; b) non sono credibili le argomentazioni poste a base della scelta dei mezzi da noleggiare “a freddo”;
c) la irrilevanza della circostanza che il titolare della NISCA srl avesse riso!-

RITENUTO IN DIRITTO

to il contratto di “nolo a freddo”; d) la irrilevanza della questione vertente
sulla utenza telefonica utilizzata dallo IOFFRIDA.
Dall’esame del provvedimento impugnato, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa emergono tre fatti:
– il Tribunale ha fondato la propria decisione sulla base di specifiche circostanze di fatto che trovano la loro prova in specifici atti processuali (esami testimoniali – intercettazioni telefoniche – esame di tabulati telefonici accertamenti di polizia giudiziaria) puntualmente indicati.
il Tribunale non ha in alcun modo fatto riferimento alle dichiarazioni inutilizzabili rilasciate dalla IOFFRIDA Giuseppe alla Polizia Giudiziaria
il Tribunale ha preso in considerazione le argomentazioni difensive, le ha
esaminate separatamente e ha dato una risposta specifica ad ognuna di esse.
Sulla base di questa prima panoramica si deve concludere che è manifestamente infondata la denuncia di violazione dell’art. 627 IV comma cpp. Il
Tribunale del riesame, procedendo alla valutazione del materiale probatorio
a sua disposizione ha puntualmente seguito le due prescrizioni contenute
nella sentenza di rinvio: a) non tenere conto delle dichiarazioni rese dallo
IOFFRIDA perché inutilizzabili; b) prendere in considerazione ed esaminare le argomentazioni proposte dalla difesa.
Pertanto alcuna violazione della legge processuale risulta essere stata commessa dal Tribunale del riesame.
Dal contenuto del ricorso della difesa non si evincono gli estremi della violazione degli artt. 274 e 275 cpp e degli artt. 110, 416 bis cp. La doglianza è
enunciata nell’epigrafe dei motivi di ricorso, ma in esso non si rinviene alcuno sviluppo argomentativ0 di talchè la profilata violazione delle norme
processuali o di quelle sostanziali risulta priva del carattere della specificità
imposta dall’art. 581 I° cmm a lett. c) cpp. Le argomentazioni spese dalla
difesa per illustrare i motivi di ricorso sono esclusivamente delle generiche
doglianze riguardanti il merito della motivazione del provvedimento impugnato. Infatti la difesa, oltre a definire meramente “congetturali” le argomentazioni adoperate dal Tribunale a sostegno della propria decisione, non
ha indicato alcun vizio specifico della motivazione: “carenza”, “contraddizione”, “manifesta illogicità”. I suddetti difetti devono essere desumibili dal
testo del provvedimento impugnato o da specifici atti processuali che devono essere puntualmente indicati dal deducente. La difesa non ha indicato
vizi della motivazione desumibili dal testo del provvedimento impugnato,
né da altri atti.
La lettura complessiva del provvedimento rende evidente una motivazione
esauriente, ancorata a specifici dati processuali, puntualmente indicati, né
manifestamente illogica, avendo tratto gli elementi indizianti: a) dalla deposizione del titolare della società NISCA srl le ragioni di fondo dettate nella
scelta del direttore tecnico dei lavori (casualmente incontrato in Comune);
b)nella scelta dell’impresa con la quale contrattare il nolo a freddo dei mezzi
adoperati nel cantiere della NISCA srl; c) nella scelta degli operai assunti
presso la NISCA srl; d) nei legami intercorrenti fra l’imputato e il MAMMOLITI Francesco, il MAMMOLITI Giuseppe, il NIRTA Giuseppe, il
MESSINE° Francesco; e) nel contenuto delle intercettazioni telefoniche e
dei contati telefonici comprovati dalla documentazione in atti. Su nessuno
dei suddetti punti la difesa è stata in grado di fornire la dimostrazione di una
illogicità nella valutazione dei suddetti elementi che deve essere manifesta
nel confronto di altrettanti elementi di fatto conducenti necessariamente ad

una diversa lettura del dato probatorio con dimostrazione che è illogica
quella data dal Tribunale. D’altro canto non appare irragionevole
l’apprezzamento dato dal Tribunale alle dichiarazioni del titolare della NISCA srl puntualmente riportate nell’ordinanza impugnata. La lettura delle
dichiarazioni della persona offesa, i fatti storici riferiti (incarico al professionista, contratto di nolo, assunzione operai) inerenti alla esecuzione
dell’appalto in POLSI, i comprovati contatti fra lo IOFFRIDA, il MESSINEO, il NIRTA, il MAMMOLITI, in funzione dell’attività lavorativa svolta
all’interno del cantiere della NIRTA srl, secondo quanto accertato nel corso
delle indagini, costituiscono in una loro lettura complessiva, una corretta e
non illogica valutazione del dato indiziario che non è smentita da specifiche
e puntuali censure difensive.
Va infine osservato che la valutazione delle doglianze del presente ricorso
soggiace ai noti limiti del giudizio di legittimità. Infatti in materia di provvedimenti “de libertate”, la Corte di Cassazione non ha alcun potere né di
revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (ivi compreso lo spessore degli indizi), né di rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed all’adeguatezza delle
misure; infatti, sia nell’uno che nell’altro caso si tratta di apprezzamenti
propri del giudice di merito. Il controllo di legittimità rimane pertanto circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un
lato le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro l’assenza di
illogicità evidenti, nelle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del
provvedimento [Cass. SU 22.3.2011 n. 11; Cass. Sez. II 7.12.2011 n. 56;
Cass. Sez VI 12.11.1998 n. 3529; Cass. Sez. I ordinanza 20.3.1998 n. 1700;
Cass. Sez. 111.3.1998 n. 1496; Cass. Sez. 120.2.1998 n. 1083]. Da quanto
sopra discende che: a) in materia di misure cautelari la scelta e la valutazione delle fonti di prova rientra fra i compiti istituzionali del giudice di merito
sfuggendo entrambe a censure in sede di legittimità se adeguatamente motivate ed immuni da errori logico giuridici, posto che non può contrapporsi
alla decisione del Tribunale, se correttamente giustificata, un diverso criterio di scelta o una diversa interpretazione del materiale probatorio; b) la denuncia di insussistenza di gravi indizi di colpevolezza o di assenza di esigenze cautelari è ammissibile solo se la censura riporta l’indicazione precisa
e puntuale di specifiche violazioni di norme di legge, ovvero l’indicazione
puntuale di manifeste illogicità della motivazione provvedimento, secondo i
canoni della logica ed i principi di diritto, esulando dal giudizio di legittimità sia le doglianze che attengono alla ricostruzione dei fatti sia quelle che si
risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate e valorizzate dal giudice di merito. [v. in tal senso Cass sez. III 21.10.2010 n. 40873].
Infatti Il sindacato del giudice di legittimità sulla motivazione del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare che quest’ultima: a) sia
“effettiva”, ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia “manifestamente
illogica”, perché sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non
viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica; c) non
sia internamente “contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri
atti del processo” (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei
motivi posti a sostegno del ricorso) in misura tale da risultarne vanificata o
radicalmente inficiata sotto il profilo logico [Cass. Sez. I 19.10.2011 n.

41738; e nello stesso senso Cass. Sez. IV 3.5.2007 n. 22500; Cass. Sez. VI
15.3.2006n. 10951].
Va infine considerato che con riferimento alla lamentata omessa considerazione delle argomentazioni difensive, il ricorrente a fronte dell’acclarata 1P0!
sposta data dal Tribunale proprio con riferimento alle tesi prospettate nel
corso della udienza del riesame cautelare, non ha in questa sede indicato
quale delle argomentazioni spese sia stata pretermessa dall’esame del Tribunale e quale la sua incidenza sul piano logico-probatorio.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli avvisi di cui all’art. 94 disp. att. cpp.

Così deciso in Roma il 29.1.2014

Per le suddette ragioni il ricorso va quindi rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali, dovendo la cancelleria procedere alle comunicazioni di cui all’art. 94 disp. att. cpp.

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