Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19174 del 29/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19174 Anno 2014
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZAPPIA PASQUALE N. IL 13/09/1939
avverso l’ordinanza n. 1459/2013 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del
17/09/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
7

Udit i difensor Avv.;

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Data Udienza: 29/01/2014

ZAPPIA Pasquale, tramite i difensori ricorre per Cassazione avverso
l’ordinanza 17.9.2013 con la quale il Tribunale di Torino ha rigetto l’appello
proposto ex art. 310 cpp avverso l’ordinanza 7.8.2013 della Corte d’appello
di Milano che aveva a sua volta rigettato la richiesta di revoca e sostituzione
della misura cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari.
La difesa chiede l’annullamento della decisione impugnata e deduce i seguenti motivi così sinteticamente riportati ex art. 173 disp. att. cpp.:
§1.) ex art. 606 I^ comma lett. e) cpp, vizio di carenza di motivazione in ordine alle deduzione del primo motivo dell’atto di appello e vizio di motivazione in ordine alla compatibilità delle condizioni di salute del ricorrente
con la condizione di carcerato.
§2.) ex art. 606 lì comma lett. e) cpp, illogicità della motivazione in ordine
all’affermazione della permanenza delle esigenze cautelari ancorate alla persistenza di un rischio di recidivanza connessa al fatto che l’imputato non avrebbe mai palesato il proprio distacco dall’associazione criminale di appartenenza. La difesa lamenta che il Tribunale non ha preso in adeguata considerazione la situazione specifica dell’imputato, le sue condizioni di salute, la
progressiva compromissione delle condizioni psichiche e fisiche, la riduzione di pena riconosciuta dalla Corte d’Appello, segno evidente di una minore
valenza della gravità criminale. La difesa sostiene che il pericolo di recidivanza è connesso a valutazioni congetturali e astratte.
§3.) ex art. 606 I^ comma lett. e) cpp, vizio di carenza di motivazione in ordine alle circostanze di ui all’art. 275 IV comma cpp; la difesa sostiene che
il Tribunale non ha considerato l’età dell’imputato e le sue condizioni psicofisiche, mancando la prova della esistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.
RITENUTO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va rigettato.
Va in primo luogo premesso che la valutazione delle doglianze del presente
ricorso soggiace ai noti limiti del giudizio di legittimità. Infatti in materia di
provvedimenti “de libertate”, la Corte di Cassazione non ha alcun potere né
di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (ivi
compreso lo spessore degli indizi), né di rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed all’adeguatezza
delle misure; infatti, sia nell’uno che nell’altro caso si tratta di apprezzamenti propri del giudice di merito. Il controllo di legittimità rimane pertanto
circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un
lato le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro l’assenza di
illogicità evidenti, nelle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del
provvedimento [Cass. SU 22.3.2011 n. 11; Cass. Sez. H 7.12.2011 n. 56;
Cass. Sez VI 12.11.1998 n. 3529; Cass. Sez. I ordinanza 20.3.1998 n. 1700;
Cass. Sez. 111.3.1998 n. 1496; Cass. Sez. 120.2.1998 n. 1083]. Da quanto
sopra discende che: a) in materia di misure cautelari la scelta e la valutazione delle fonti di prova rientra fra i compiti istituzionali del giudice di merito
sfuggendo entrambe a censure in sede di legittimità se adeguatamente motivate ed immuni da errori logico giuridici, posto che non può contrapporsi
alla decisione del Tribunale, se correttamente giustificata, un diverso criterio di scelta o una diversa interpretazione del materiale probatorio; b) la de-

MOTIVI DELLA DECISIONE

nuncia di insussistenza di gravi indizi di colpevolezza o di assenza di esigenze cautelari è ammissibile solo se la censura riporta l’indicazione precisa
e puntuale di specifiche violazioni di norme di legge, ovvero l’indicazione
puntuale di manifeste illogicità della motivazione provvedimento, secondo i
canoni della logica ed i principi di diritto, esulando dal giudizio di legittimità sia le doglianze che attengono alla ricostruzione dei fatti sia quelle che si
risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate e valorizzate dal giudice di merito. [v. in tal senso Cass sez. III 21.10.2010 n. 408731.
Infatti il sindacato del giudice di legittimità sulla motivazione del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare che quest’ultima: a) sia
“effettiva”, ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia “manifestamente
illogica”, perché sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non
viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica; c) non
sia internamente “contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri
atti del processo” (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei
motivi posti a sostegno del ricorso) in misura tale da risultarne vanificata o
radicalmente inficiata sotto il profilo logico [Cass. Sez. I 19.10.2011 n.
41738; e nello stesso senso Cass. Sez. IV 3.5.2007 n. 22500; Cass. Sez. VI
15.3.2006n. 10951].
Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, il Tribunale del riesame ha
dato puntuale risposta a tutte le censure mosse con l’atto di impugnazione; il
Tribunale ha affrontato il tema della permanenza delle esigenze cautelari
ricollegate al combinato disposto degli artt. 274 lett. c) e 275 III” comma
cpp considerando in termini concreti e in funzione della natura del reato
(violazione dell’art. 416 bis cp) le circostanze per le quali l’imputato è stato
condannato, in grado di appello, a seguito di giudizio abbreviato, alla pena
di anni nove di reclusione. Il Tribunale ha preso in considerazione il ruolo
di rilievo rivestito dal ricorrente all’interno dell’organizzazione `ndragheta,
e il fatto che abbia ricoperto la carica di “mastro generale della Lombardia” e quindi di responsabile referente dei rapporti tra le cosche mafiose operanti in Lombardia e l’organizzazione criminale avente il suo vertice in
Platì [sul punto v. i riferimenti processuali riportati a pag. 5 della ordinanza]. E’ evidente che la posizione assunta dall’imputato allo interno
dell’organizzazione costituisce la dimostrazione di un legame di appartenenza con essa che è perdurato nel tempo ed è particolarmente intenso, di
talchè la ricerca di elementi di prova sicuri circa la rescissione di ogni legame con l’organizzazione criminosa si impone in un rigoroso rispetto dell’art.
275 cpp. Il Tribunale ha inoltre preso in considerazione il quadro sanitario
complessivo dell’imputato, verificando, anche attraverso accertamenti peritali, la compatibilità delle condizioni di salute del ricorrente con lo stato di
attuale detenzione carceraria , tenero conto dell’età, delle patologie e delle
cure necessarie relazionate allo stato di detenzione in atto.
La complessiva motivazione del provvedimento è esauriente, logica, completa, priva di manifeste illogicità e di contraddizioni o carenze. In altri termini la motivazione del provvedimento impugnato sfugge alle censure mosse dalla difesa.
Sulla scorta di una corretta interpretazione del portato del III^ comma
dell’art. 275 cpp il Tribunale ha affermato di non avere rinvenuto atti o fatti
attraverso i quali possa affermare essere venuto meno il legame di apparte-

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si provveda a norma dell’art.94 co. 1 ter disp. att. cpp.
Così deciso in Roma il 29.1.2014

nenza dell’imputato con l’organizzazione criminale mafiosa. La motivazione è sufficiente La considerazione non è stata adeguatamente confutata dalla
difesa che si è limitata a richiamare il dato dell’età e quella delle condizioni
di salute come idonee a far ritenere cessato il pericolo di reiterazione della
condotta criminosa. Circostanze che, di per sè, sul piano logico non appaiono essere sufficienti per superare l’argomento del Tribunale che si fonda
sulla presunzione relativa di pericolosità qualificata derivante da una testuale applicazione del terzo comma dell’art. 275 cpp non smentita dalla giurisprudenza. La difesa sul punto non ha offerto alcun elemento concreto che,
dimostrando l’avvenuto scioglimento del legame partecipativo
all’associazione criminale, consenta di ritenere illogica la motivazione del
provvedimento impugnato o in contraddizione con atti specifici che dovevano essere indicati o allegati.
Con riferimento alle condizioni di salute dell’imputato e della compatibilità
del regime carcerario con la necessità di cure, questo collegio rileva che si
tratta di una valutazione di fatto, che nella specie è stata condotta dal Tribunale, attraverso il riferimento alla perizia medico legale, disposta nel corso
del procedimento incidentale de libertate, le cui conclusioni sono riportate
nel corpo del provvedimento impugnato [pag. 7 dell’ordinanza]. La decisione assunta appare consona con le risultanze e le conclusioni formulate dal
medico legale. Anche doto questo profilo la difesa non ha fornito argomenti
idonei a confutare la motivazione, all’interno dell’ambito segnar dall’art.
606 1^ comma lett. e) cpp, ma ha offerto solo una diversa possibile lettura
del dato fattuale, aspetto che è precluso al giudice di legittimità.
Per le suddette ragioni il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali. Si dispone che la cancelleria
proceda alle comunicazioni di cui all’art. 94 disp. att. cpp.

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