Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19171 del 30/04/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19171 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Cristallo Marco, nato a Cremona il 20/06/1968;
avverso la sentenza del 08/11/2012 della Corte d’appello di Lecce, sezione
distaccata di Taranto;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Antonio
Gialanella, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 18.2.2004 il Tribunale di Taranto, fra l’altro, dichiarò
Cristallo Marco responsabile dei reati di tentata estorsione aggravata e lesioni,
unificati sotto il vincolo della continuazione e lo condannò alla pena di annoi 3 di
reclusione ed € 500,00 di multa.

2. L’imputato (con altri) propose gravame e la Corte d’appello di Lecce,
sezione distaccata di Taranto, con sentenza in data 8.1.12012 in parziale riforma
della pronunzia di primo grado, dichiarò non doversi procedere per prescrizione

Data Udienza: 30/04/2014

in ordine al reato di lesioni ed eliminò l’incremento di pena di mesi 8 di
reclusione ed C 100,00 di multa, confermando nel resto la prima decisione.

3. Ricorre per cassazione l’imputato deducendo:
1. violazione di legge in relazione alla mancata declaratoria di prescrizione
del reato alla luce della previgente normativa;
2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di
responsabilità in quanto dalle risultanze processuali potrebbe desumersi
al più la presenza del ricorrente sul luogo dei fatti, ma non la sua

3. violazione della legge processuale in relazione all’utilizzo delle
dichiarazioni rese da Ciraci Cosimo in fase di indagini preliminari in
violazione dell’art. 500 comma 5 cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Vi sono state sospensioni del decorso della prescrizione per 647 giorni,
sicché al momento della pronunzia di appello non era intervenuta la prescrizione
del reato.

2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 606
comma 1 cod. proc. pen., perché propone censure attinenti al merito della
decisione impugnata, congruamente giustificata.
La Corte territoriale ha ritenuto la responsabilità dell’imputato in ragione del
manifestato proposito di prendere la legna (p. 10 sentenza impugnata).
In tale motivazione non si ravvisa alcuna manifesta illogicità che la renda
sindacabile in questa sede.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non
deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore
possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve
limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune
e con “i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento”, secondo una
formula giurisprudenziale ricorrente. (Cass. Sez. 5″ sent. n. 1004 del
30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745, Cass., Sez. 2″ sent. n. 2436 del
21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
Del resto va ricordato che il vizio di motivazione implica o la carenza di
motivazione o la sua manifesta illogicità.

2

partecipazione agli stessi;

Sotto questo secondo profilo la correttezza o meno dei ragionamenti
dipende anzitutto dalla loro struttura logica e questa è indipendente dalla verità
degli enunciati che la compongono.

3. Il terzo motivo di ricorso non è stato dedotto con i motivi di appello e
comunque è manifestamente infondato atteso che i giudici di merito hanno
ritenuto che Ciraci Cosimo fosse stato sottoposto ad illecite pressioni per
modificare la versione dei fatti in sede dibattimentale.

5. Non possono trovare applicazione le norme sulla prescrizione del reato,
pur essendo maturati i relativi termini, dal momento che – secondo la
giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte – l’inammissibilità del ricorso
per cassazione dovuta alla mancanza, nell’atto di impugnazione, dei requisiti
prescritti dall’articolo 581 cod. proc. pen., ovvero alla manifesta infondatezza dei
motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude,
pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma
dell’articolo 129 cod. proc. pen. (cfr.: Cass. Sez. Un., sent. n. 21 del 11.11.1994
dep. 11.2.1995 rv 199903; Cass. Sez. Un., sent. n. 32 del 22.11. 2000 dep.
21.12.2000 rv 217266).

6. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della
Cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in
ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.

Così deciso il 30/04/2014.

4. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

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