Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19169 del 16/12/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19169 Anno 2017
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: ESPOSITO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LEO ANGELO N. IL 15/08/1979
avverso la sentenza n. 1323/2011 TRIBUNALE di PRATO, del
18/01/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO ESPOSITO;

Data Udienza: 16/12/2016

RILEVATO IN FATTO

Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Prato condannava Leo Angelo alla
pena di C. 300,00 di ammenda in ordine al reato di cui all’art. 660 cod. pen., per
ripetute telefonate moleste effettuate nei confronti dell’ex compagna.
Leo Angelo, a mezzo del suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione
Avverso detta sentenza, deducendo vizio di motivazione e rilevando quanto
segue: l’esistenza di contraddizioni della parte civile irragionevolmente

ulteriori utilizzatori del telefono e la durata di dieci minuti della videochiamata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.
Deve evidenziarsi che il ricorrente intende per lo più provocare una nuova,
non consentita, valutazione di merito delle circostanze di fatto già vagliate dal
Tribunale con motivazione congrua ed adeguata, non criticando la violazione di
specifiche regole inferenziali preposte alla formazione del convincimento del
giudice, ma, postulando indimostrate carenze argomentative della sentenza
impugnata, chiede la rilettura del quadro probatorio.
Tuttavia, tale riesame è inammissibile in sede di legittimità, quando la
struttura razionale della sentenza impugnata abbia, come nel caso in esame, una
sua chiara e puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel
rispetto delle regole della logica, alle risultanze processuali (cfr. Sez. 2,
08/02/2013 n. 9242, Reggio, Rv. 254988).
In particolare, il compendio probatorio acquisito, tenuto conto dell’esito degli
accertamenti eseguiti dalle forze dell’ordine, delle dichiarazioni della persona
offesa e degli ulteriori elementi probatori risultava univocamente orientato in
senso sfavorevole al Leo.
Per queste ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e,
non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle
ammende, determinabile in 2.000,00 euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..

2

considerate modeste imprecisioni, la mancanza di accertamenti in ordine ad

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 2.000,00 euro alla Cassa delle
ammende.

Cosi deciso in Roma il 16 dicembre 2016.

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