Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19168 del 30/04/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19168 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
De Stefano Michele, nato a Serino il 02/02/1972;
avverso la sentenza del 24/10/2012 della Corte d’appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Antonio
Gialanella, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 10/02/2009 il Tribunale di Avellino dichiarò De Stefano
Michele responsabile dell’illecito utilizzo di carta di credito (ivi assorbito il reato
di ricettazione) e truffa, unificati sotto il vincolo della continuazione e lo
condannò alla pena di anni 2 di reclusione ed C 900,00 di multa.

2. L’imputato propose gravame e la Corte d’appello di Napoli, con sentenza
del 24.10.2012, in parziale riforma della pronunzia di primo grado, riconosciute
le attenuanti generiche, ridusse la pena ad anni 1 mesi 4 di reclusione.

3. Ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore, deducendo:

Data Udienza: 30/04/2014

1. violazione della legge processuale in quanto, avendo il giudice sollecitato
il P.M., all’esito della deposizione del teste Benincasa Michele, a
modificare l’imputazione, sarebbe stato violato il principio della esclusività
dell’azione penale in capo al P.M.;
2. violazione di legge in quanto l’affermazione di responsabilità si fonda sulla
individuazione fotografica su una foto che non ha numerazione e non
sarebbe perciò riconducibile all’imputato;
inutilizzabile in quanto non

la fotografia sarebbe

ritualmente acquisita al fascicolo

dibattimentale e comunque la sola individuazione non giustificherebbe

3. vizio di motivazione in relazione al riconoscimento fotografico irrituale ed
all’inattendibilità del teste Esposito Giovanni, il quale non ha fornito
alcuna descrizione dell’imputato in fase di indagini preliminari.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Questa Corte, ha chiarito che nel giudizio abbreviato condizionato e, qualora
si sia proceduto d’ufficio ad integrazione probatoria, anche in quello non
condizionato, il giudice può legittimamente sollecitare il pubblico ministero alla
modifica dell’imputazione ai sensi del primo comma dell’art. 423 cod. proc. pen.
(Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18732 del 31/01/2012 dep. 16/05/2012 Rv. 252521.
In motivazione la Corte ha precisato che il provvedimento del giudice assume
carattere ordinatorio e rimane privo di qualsiasi efficacia cogente nei confronti
del pubblico ministero).
Tale principio vale anche nel giudizio ordinario.

2. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono manifestamente infondati.
Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, infatti,
l’individuazione di un soggetto – sia personale sia fotografica – è una
manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta, perciò, una
specie del più generale concetto di dichiarazione; di modo che la sua forza
probatoria non discende dalle modalità formali del riconoscimento, bensì dal
valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione
testimoniale. (Cass. Sez. 2^ sent. 47871 del 28.10.2003 dep. 15.12.2003 rv
227079).

3. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
2

l’affermazione di responsabilità;

pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della
Cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in
ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

Così deciso il 30/04/2014.

spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.

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