Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19168 del 17/12/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19168 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Somma Eugenio, nato a Pinnonte il 11/12/1947
avverso la sentenza del 23/11/2012 della Corte di appello di Firenze;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero in persona sostituto Procuratore Generale Vito
D’Ambrosio che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per
prescrizione;
udito per l’ imputato

Data Udienza: 17/12/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Eugenio Somma ricorre per cassazione impugnando la sentenza emessa
in data 23 novembre 2012 dalla corte di appello di Firenze che ha confermato
quella resa dal tribunale di Pisa che aveva condannato il ricorrente alla pena,
condizionalmente sospesa, di mesi quattro di reclusione per il reato previsto
dall’articolo 10 ter decreto legislativo 10 marzo 2000 numero 74 per avere
occultato, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, in

scritture contabili della ditta e gli altri documenti di cui è obbligatoria la
conservazione. Accertato in Pisa nel luglio 2006.

2. Per la cassazione dell’impugnata sentenza Eugenio Somma, tramite il
difensore, affida il gravame ad un unico motivo con il quale deduce la violazione
dell’articolo 606, comma 1, lett. b), codice di procedura penale in relazione alle
norme sulla disciplina della valutazione delle prove di cui all’articolo 192 codice di
procedura penale.
Sostiene che il tribunale ha desunto la prova della condotta illecita dalla
falsa denuncia di furto delle scritture contabili sporta dal Somma ai Carabinieri di
Migliarino nonché dalla mancata presentazione delle dichiarazioni ai fini Iva ed
Irpef. Secondo il ricorrente dall’istruttoria dibattimentale non è emersa la
contestata condotta di occultamento sul rilievo che, nel caso di specie,
l’alterazione del vero avrebbe riguardato solo le modalità della realizzazione del
furto ovvero il danneggiamento del vetro dell’auto, che non influisce sulla
configurazione del reato e sulla commissione del fatto ad opera del ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile in quanto presentato nei casi non consentiti.

2. Con il motivo di gravame, il ricorrente devolve alla Corte di cassazione
censure fattuali che non radicano il sindacato di legittimità, avendo i Giudici del
merito affermato, con adeguata e logica motivazione, che la falsa denuncia
sporta dal ricorrente fosse finalizzata ad occultare le scritture contabili
obbligatorie.
La corte di appello, in conformità al giudizio espresso dal tribunale, ha
ritenuto che la prova della condotta illecita potesse logicamente trarsi dalla
circostanza, pacificamente accertata, della falsa denuncia di furto delle scritture
contabili, unita agli ulteriori elementi indiziari costituiti dalla mancata
presentazione delle dichiarazioni fiscali per gli anni 2002, 2003 e 2004 nonché

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qualità di titolare della ditta individuale omonima con sede in Vecchiano, le

dalla accertata movimentazione bancaria riferibile a prestazioni lavorative
eseguite dalla ditta del Somma, circostanze che non trovano altra spiegazione
plausibile se non quella del volontario occultamento da parte dell’imputato della
documentazione contabile ai fini di evasione fiscale.
Si chiede allora al giudice di legittimità – a fronte di una doppia conforme
sentenza di affermazione della responsabilità fondata su motivazioni logiche ed
adeguate e dunque insuscettibili di radicare il sindacato di legittimità – una
rilettura degli atti probatori, per pervenire ad una diversa interpretazione degli

Trattasi di una censura non consentita in sede di legittimità perché sollevata
in violazione della disciplina di cui all’art. 606 cod. proc. pen. (ex multis, Sez. U,
n. 6402 del 02/07/1997, Dessimone, Rv. 207944).
La giurisprudenza di questa Corte è senza oscillazioni nel ritenere che
l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte
circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere
limitato a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari
punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle
argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo
convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali, esulando,
infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi
di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva,
riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la
mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione
delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 02/07/1997, cit.).
Va soltanto ricordato che, sulla base del motivo proposto, il ricorso non ha
instaurato un valido rapporto giuridico processuale di un nuovo grado di giudizio
e ciò esclude qualsiasi vaglio, anche ufficioso, della presenza di eventuali cause
di non punibilità, ex articolo 129 cod. proc. pen. (nella specie, prescrizione),
maturate tra la pronuncia della sentenza impugnata e la definizione del gravame,
vaglio interdetto appunto dalla declaratoria di inammissibilità (ex multis Sez. U,
22/11/2000, n. 32, De Luca, Rv. 217266), nella specie sussistente.

3. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto
che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per
il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del
procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di

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stessi, più favorevole alla tesi difensiva del ricorrente.

inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 17/12/2014

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