Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19167 del 17/12/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19167 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Palomba Marco, nato a Napoli il 20/12/1985
avverso la ordinanza del 04/10/2013 del Gip presso il tribunale di Santa Maria
Capua Vetere;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero in persona sostituto Procuratore Generale Vito
D’Ambrosio che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’ imputato l’avv. Antonella D’Alessandro, sostituto processuale
dell’avv. Pasquale D’Alessio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 17/12/2014

RITENUTO IN FATTO

1.

Marco Palomba ricorre per cassazione impugnando l’ordinanza del

tribunale di Santa Maria Capua Vetere emessa in data 4 ottobre 2013 e con la
quale disponeva la sospensione per il periodo di mesi sette della patente di guida
rilasciata all’imputato ed a ciò provvedendo ad integrazione della sentenza
emessa ex art. 444 cod. proc. pen. il 15 dicembre 2010 dal predetto tribunale di
applicazione su richiesta della pena di 8.700,00 di ammenda per il reato

dalla Corte di cassazione con rinvio limitatamente alla omessa applicazione della
sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida.

2. Per la cassazione dell’impugnata sentenza Marco Palonnba, tramite il
difensore, affida il ricorso a tre motivi di gravame, qui enunciati, ai sensi dell’art.
173 disp. att. cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la
motivazione.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce l’inosservanza della legge
penale (articolo 606, comma 1, lett. b) del codice di procedura penale) con
riferimento agli articoli 220, comma 2, 224, comma 1, codice della strada e 628
codice di procedura penale, assumendo che il giudice ha erroneamente adottato
una ordinanza laddove la legge espressamente prevede che la sanzione
amministrativa della sospensione della patente di guida debba essere applicata
con decreto o con sentenza, tanto che l’articolo 628 codice di procedura penale si
riferisce esclusivamente alla sentenza.
2.2. Con il secondo motivo lamenta l’inosservanza della legge penale con
riferimento agli articoli 1, 3, 4 e 27 della costituzione, eccependo la
incostituzionalità degli articoli 218, comma 2, e 224 del codice della strada nella
parte in cui riconoscono al solo prefetto, e soltanto per un tempo massimo di tre
ore giornaliere, la possibilità di concedere a colui che viene colto dalla sanzione
amministrativa della sospensione della patente permessi orari di guida.
2.3. Con il terzo motivo deduce difetto di motivazione per violazione
dell’articolo 606, comma 1, lettera e) codice di procedura penale.
Si sostiene che la motivazione in base alla quale il gip condannava il
ricorrente a sette mesi di sospensione della patente di guida appare carente ed
illogica in quanto la richiamata gravità del reato si atteggia come una mera
clausola di stile non motivata in concreto, con la conseguenza che il tribunale
avrebbe ben potuto applicare al ricorrente la sanzione accessoria nel minimo
edittale previsto per legge. Peraltro il reato si era, nel frattempo estinto per Aryolti
essere l’imputato incorso nel biennio in altri reati e tale circostanza non era stata
affatto valutata dal giudice.
2

previsto dall’art. 186, comma 2, lett. b), codice della strada, sentenza annullata

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.

2. Quanto al primo motivo, se è vero che il provvedimento impugnato è
stato adottato con ordinanza, è di tutta evidenza come esso rivesta la forma
della sentenza emessa secondo la sequenza procedinnentale prevista dalla legge
e con le garanzie del contraddittorio, con la conseguenza che, nel caso in cui il

consiglio abbia assunto erroneamente la forma dell’ordinanza anziché quella
della sentenza, della quale tuttavia contenga tutti i requisiti essenziali, non è
ravvisabile alcuna nullità, sicché la doglianza deve ritenersi manifestamente
infondata.
3. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato.
Questa Corte, con orientamento condivisibile al quale occorre dare
continuità, ha già affermato che è manifestamente infondata la questione di
legittimità costituzionale degli artt. 218 e 224 cod. strad., sollevata con
riferimento al criterio di ragionevolezza contenuto nell’art. 3 Cost., nella parte in
cui non prevedono – a differenza dell’art. 63 legge n. 689 del 1981 – la possibilità
per il giudice di regolamentare l’applicazione della sanzione amministrativa della
sospensione della patente di guida in modo tale da non ostacolare il lavoro del
condannato, qualora la patente rappresenti un indispensabile requisito per lo
svolgimento dell’attività lavorativa, rientrando nel potere discrezionale del
legislatore la tutela della pubblica incolumità anche con il sacrificio delle
possibilità lavorative del condannato (Sez. 4, n. 3435 del 04/02/1997, Calandri,
Rv. 207797).
Né la questione di costituzionalità ha, sulla base

dell’eadem ratio

in

precedenza esposta, alcun fondamento in relazione alle norme costituzionali
denunciate dal ricorrente ( artt. 1, 4 e 27 Cost.) per la lesione del diritto
fondamentale al lavoro quale ineludibile strumento di emenda con conseguenti
riflessi sulla violazione del principio rieducativo della pena, rientrando
nell’insindacabile discrezionalità del legislatore, ancora una volta, la tutela della
pubblica incolumità anche con il sacrificio delle possibilità lavorative del
condannato sul rilievo che le peculiarità insite in una attività lavorativa che
comporti frequenti spostamenti (nel caso di specie si assume trattarsi di una
agente di commercio), in tanto possono trovare equilibrato soddisfacimento, in
quanto le relative modalità attuative non finiscano per svuotare integralmente di
contenuto la sanzione applicata.

3

provvedimento terminativo del giudizio svoltosi, come nella specie, in camera di

4. Inammissibile è anche il terzo motivo, dovendosi ritenere sufficiente il
richiamo ad opera del giudice al criterio della gravità del reato, posto che la
sanzione è stata determinata in prossimità del minimo edittale, mentre è di tutta
evidenza che, in base al principio della formazione progressiva del giudicato, ove
l’impugnazione della sentenza sia avvenuta esclusivamente per contestare, come
nella specie, l’omessa statuizione delle sanzioni amministrative accessorie, con
conseguente passaggio in giudicato del capo relativo all’accertamento della

5. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto
che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per
il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del
procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 17/12/2014

responsabilità penale, le cause estintive del reato maturatasi nelle more del
3cevva
giudizio rescissorio non
l’applicazione delle indicate sanzioni.

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