Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19163 del 30/04/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19163 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Passarelli Gaetanino, nato a Pero il 22/10/1962;
avverso la sentenza del 10/03/2011 della Corte d’appello di Lecce, Sezione
distaccata di Taranto;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Antonio
Gialanella, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 26.2.2007 il Tribunale di Taranto dichiarò Passarelli
Gaetanino, responsabile del reato di cui all’art. 646 cod. pen., commesso il
19.11.2003 e – concesse le attenuanti generiche – lo condannò alla pena di mesi
4 di reclusione ed € 200,00 di multa, pena sospesa.

2. L’imputato propose gravame ma la Corte d’appello di Lecce, Sezione
distaccata di Taranto, con sentenza del 10.3.2011, confermò la pronunzia di
primo grado.

Data Udienza: 30/04/2014

3.

Ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore, deducendo

violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla conferma
dell’affermazione di responsabilità senza indicazione delle ragioni. Inoltre la
persona offesa non avrebbe fornito elementi atti ad individuare la responsabilità
dell’imputato, risultando solo che gli assegni emessi erano stati incassati, ma
senza poter indicare chi aveva riscosso i titoli, avendo appreso da Colangelo
Francesco che erano stati incassati dall’imputato. La condotta non integrerebbe

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato e svolge censure di merito.
La Corte territoriale ha motivato sulla corrispondenza delle generalità nel
contratto stipulato da Passarelli con Di Ponzio e che Colangelo ha riferito che fu
l’imputato a porre all’incasso gli assegni.
In tale motivazione non si ravvisa alcuna manifesta illogicità che la renda
sindacabile in questa sede.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non
deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore
possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve
limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune
e con “i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento”, secondo una
formula giurisprudenziale ricorrente. (Cass. Sez. 5^ sent. n. 1004 del
30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745, Cass., Sez. 2^ sent. n. 2436 del
21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
Del resto va ricordato che il vizio di motivazione implica o la carenza di
motivazione o la sua manifesta illogicità.
Sotto questo secondo profilo la correttezza o meno dei ragionamenti
dipende anzitutto dalla loro struttura logica e questa è indipendente dalla verità
degli enunciati che la compongono.

2. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della
Cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in
ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

2

comunqe il reato contestato.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.

Così deciso il 30/04/2014.

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