Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19163 del 17/12/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19163 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Boria Domenico, nato a Cirè il 22/07/1960
avverso la sentenza del 25/11/2013 della Corte di appello di Genova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero in persona sostituto Procuratore Generale Vito
D’Ambrosio che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’ imputato l’avv.

Data Udienza: 17/12/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Domenico Boria ricorre per cassazione impugnando la sentenza emessa,
in data 25 novembre 2013, dalla Corte di appello di Genova che ha confermato
quella resa dal tribunale di Imperia con la quale il ricorrente è stato condannato
alla pena condizionalmente sospesa di mesi uno di reclusione ed euro 100,00 di
multa per il reato previsto dagli articoli 81 cpv. cod. pen., 2, comma 1 bis, d.l.
12/09/1983 n. 463 convertito il legge 11/11/1983 n. 638 perché, con più azioni

rappresentante della ditta “I Portici”, ometteva di versare le ritenute
previdenziali ed assistenziali effettuate sulle retribuzioni dei dipendenti per i mesi
di settembre, ottobre e novembre 2007 per un totale di complessivi euro
1260,00.

2. Per la cassazione dell’impugnata sentenza Domenico Boria, tramite il
difensore, affida il ricorso ai due seguenti motivi, qui enunciati, ai sensi dell’art.
173 disp. att. cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la
motivazione.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce l’inosservanza o comunque
l’erronea applicazione della legge processuale con particolare riferimento agli
articoli 148 e 157 del codice di procedura penale in relazione all’articolo 606,
comma 1, lettera c), del codice di procedura penale nonché inosservanza ed
erronea applicazione la legge processuale per la carenza dei requisiti della
sentenza con riferimento all’articolo 546 del codice di procedura penale.
Assume che la Corte di appello avrebbe errato nella parte in cui non ha fatto
notificare ai sensi dell’articolo 148 del codice di procedura penale la sentenza per
intero all’imputato contumace, al quale invece sarebbe stato notificato un
estratto con comunicazione a mezzo fax incompleto, con la conseguenza che la
notificazione dell’atto non può ritenersi compiutamente eseguita.
Peraltro, la sentenza impugnata sarebbe affetta da nullità sul rilievo che
nella seconda pagina si assume, quanto alla pena detentiva, che il tribunale di
Imperia avrebbe condannato il ricorrente alla pena di 15 giorni di reclusione,
laddove invece la pena inflitta dal tribunale era pari a mesi uno di reclusione con
palese difformità tra il dispositivo indicato dalla Corte di appello di Genova
rispetto alle statuizioni emesse dal tribunale di Imperia.
2.2. Con il secondo motivo di gravame, lamenta l’inosservanza o comunque
l’erronea applicazione della legge penale, la violazione di legge e l’erronea
applicazione delle norme processuali con riferimento all’articolo 81 del codice
penale in relazione all’articolo 606, comma 1, b), del codice di procedura penale.

2

esecutive di un medesimo disegno criminoso, nella sua qualità di legale

Sostiene che, per gli stessi fatti quantunque le omissioni fossero riferibili a
periodi diversi ossia ai mesi di novembre e dicembre 2006 . nonché gennaio, luglio
e agosto 2007, egli aveva già subito una condanna penale da parte del tribunale
di Imperia, emessa il 25 novembre 2010, che lo aveva condannato alla pena di
due mesi di reclusione ed euro 300 di multa. Tale sentenza di condanna era
stata poi confermata dalla Corte di appello di Genova e pertanto nella fattispecie
si sarebbe dovuta ravvisare la disciplina del reato continuato determinata

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato per quanto di ragione sulla base del secondo motivo,
limitatamente alla doglianza proposta in relazione alla disciplina del reato
continuato.
Il primo motivo è invece manifestamente infondato.

2. Quanto infatti al profilo della notifica della sentenza, va precisato che
l’imputato era contumace.
Questa Corte ha affermato che l’estratto della sentenza emessa in
contumacia deve necessariamente contenere le seguenti indicazioni: 1)
l’indicazione dell’autorità che ha emesso la decisione e delle generalità
dell’imputato; 2) l’enunciazione del titolo del reato; 3) il dispositivo integrale
della sentenza (Sez. 3, n. 35740 del 08/06/2011, Ndoye, Rv. 251239).
Dallo stesso tenore del ricorso (pag. 2 e 3) si evince che l’estratto
contumaciale era completo quanto alle necessarie indicazioni che esso doveva
contenere, derivando da ciò la manifesta infondatezza della doglianza in parte
qua.
Quanto poi al rilevato contrasto tra quanto statuito dal tribunale di Imperia e
quanto contenuto nella (intestazione della) sentenza della Corte di appello che
ha erroneamente indicato la misura della pena alla quale il ricorrente era stato
condannato, si tratta, all’evidenza, di un mero errore materiale, essendo di certo
l’entità della pena inflitta desumibile dal dispositivo letto in udienza e della
sentenza di primo grado e non dalla menzione che di essa ne faccia la sentenza
di secondo grado che, per altro, nella parte motivazionale dà atto di una
condanna a mesi uno di reclusione.
Ne consegue che, siccome il riferimento alla pena di quindici giorni di
reclusione non è contenuto né nella parte motivazionale e neppure nel
dispositivo della sentenza pronunciata dalla Corte di appello, il rilievo mosso dal
ricorrente non radica alcuna nullità ma al massimo poteva costituire un errore
materiale nell’intestazione della sentenza di secondo grado.

3

dall’unicità del disegno criminoso tra i fatti oggetto delle due sentenze.

3. E’ invece fondato, per quanto di ragione, il secondo motivo di gravame.
Nel respingere la doglianza formulata nel corso del giudizio di appello, la
Corte distrettuale ha sostenuto che il difensore si sarebbe limitato a sostenere
genericamente la ravvisabilità del medesimo disegno criminoso tra il fatto per il
quale si procede ed analogo reato commesso in epoca precedente ed ha
osservato che i fatti sarebbero stati commessi con modalità estemporanee nel
senso che, di regola, in relazione alla maggiore o minore liquidità del periodo,
l’imprenditore è indotto a realizzare o meno il reato per cui si procede, con la

desunta dalla mera identità dei titoli di reato.
Sul punto la motivazione non può ritenersi completa in quanto, in tema di
riconoscimento della continuazione, l’onere di provare i fatti dai quali dipende
l’applicazione della continuazione è da ritenersi soddisfatto con la produzione
della copia della sentenza rilevante ai fini del richiesto riconoscimento oppure
con la semplice indicazione degli estremi di essa (Sez. 5, n. 37337 del
29/04/2011, Castellano, Rv. 250929), conseguendo da ciò poi l’onere del Giudice
di acquisirla d’ufficio.
Ne deriva che il Giudice del merito, nel ritenere o nell’escludere la
sussistenza del reato continuato, deve operare una comparazione complessiva
tra i fatti già giudicati e quelli da giudicare, confrontando le decisioni soprattutto
attraverso l’attento scrutinio di quella irrevocabile, e stabilire se, oltre all’identità
delle violazioni che da sola può non essere certamente indicativa della presenza
del medesimo disegno criminoso, vi siano o meno altri significativi elementi
(quali la distanza cronologica tra i fatti, le modalità della condotta, la tipologia
dei reati, il bene tutelato, la omogeneità delle violazioni, la causale, le condizioni
di tempo e di luogo) cui attribuire la natura di indici rivelatori di un unico
programma deliberato nelle linee essenziali per conseguire un determinato fine e
nel quale le singole violazioni, che costituiscono parte integrante della risoluzione
criminosa, siano state geneticamente progettate in vista della commissione dì
una serie ben individuata di illeciti, già concepiti almeno nelle loro caratteristiche
essenziali.
Avendo omesso tali necessarie valutazioni su un punto decisivo per il
giudizio ed oggetto di specifica doglianza, la sentenza va annullata con rinvio
limitatamente alla richiesta continuazione per nuovo esame sul punto.
Per il resto, il ricorso va dichiarato inammissibile.

4

conseguenza che l’identità del medesimo disegno criminoso non può essere

P.Q.M.

Annulla con rinvio la sentenza impugnata ad altra sezione della Corte di
appello di Genova limitatamente alla richiesta continuazione.
Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.

Così deciso il 17/12/2014

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