Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19163 del 16/12/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19163 Anno 2017
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: ESPOSITO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GIANNINO DOMENICO N. IL 11/09/1993
avverso la sentenza n. 252/2016 GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE
di SIRACUSA, del 05/01/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO ESPOSITO;

Data Udienza: 16/12/2016

RILEVATO IN FATTO

Con la sentenza in epigrafe il G.U.P. del Tribunale di Siracusa applicava a
Giannino Domenico, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di anni quattro
e mesi dieci di reclusione per i reati di cui agli artt. 56 e 575 cod. pen., e 628,
comma terzo, n. 1, cod. pen., commessi in Priolo Gargallo il 02/03/2013.
Avverso tale sentenza il Giannino, a mezzo del suo difensore, ricorreva per
Cassazione, deducendo vizio di motivazione, per omessa valutazione del vaglio in

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.
Deve, in proposito, rilevarsi che l’applicazione della pena su richiesta delle
parti è un meccanismo processuale in conseguenza del quale l’imputato e il
pubblico ministero si accordano sulla qualificazione giuridica della condotta
contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla comparazione fra le stesse e
sull’entità della pena. Da parte sua, il giudice ha il dovere di controllare
l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e la congruità della pena richiesta e di
applicarla, dopo avere accertato che non emerga in modo evidente una delle
cause di non punibilità previste dall’art. 129 cod. proc. pen.
Ne discende che, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena,
ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., l’imputato non può rimettere in discussione
profili oggettivi o soggettivi della fattispecie, perché risultano coperti dal
patteggiamento.
Nel caso di specie, le doglianze difensive proposte nell’interesse
dell’imputato appaiono prive di specificità e comunque manifestamente
infondate, in ragione del fatto che l’organo giudicante, oltre a qualificare
correttamente i fatti illeciti contestati, si soffermava sugli elementi costitutivi del
reato contestato e sul trattamento sanzionatorio irrogato, precisando che la pena
applicata appariva congrua tenuto conto della gravità e del contesto della
vicenda.
Questa motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in
sede di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 cod. proc.
pen., risulta pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di
decisioni, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. U,
25/11/1998 n. 3, Messina, Rv. 212438).
Per queste ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e,
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ordine all’assenza di una causa di proscioglimento.

non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle
ammende, determinabile in 2.000,00 euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 2.000,00 euro alla Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma il 13 dicembre 2016.

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