Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1916 del 29/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 1916 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: DI SALVO EMANUELE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) FOLLIERI PASQUALE N. IL 26/08/1945
avverso la sentenza n. 755/2010 CORTE APPELLO di BARI, del
25/10/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EMANUELE DI
SALVO;

Data Udienza: 29/11/2012

OSSERVA

Follieri Pasquale ricorre per cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte
d’appello di Bari in data 25-10-11, che ha confermato la pronuncia di primo grado,
con la quale l’imputato è stato condannato per il reato di cui all’art 314 cp ,

Il ricorrente deduce vizio di motivazione della sentenza impugnata ,perché la Corte
ha travisato le risultanze dell’elaborato peritale e dell’esame del perito, il quale non
ha mai affermato che i pagamenti che risultavano effettuati dall’imputato non
fossero reali anzi lo ha escluso poiché vi sono le fatture quietanzate. Ciò che è
accaduto è che alcuni incassi non siano stati contabilizzati ma le relative somme,
lungi dal costituire oggetto di appropriazione da parte del Follieri , sono state
utilizzate per effettuare urgenti pagamenti. E comunque alla fattispecie concreta in
disamina va attribuito il nomen iuris ex art 314 co 2 cp , con conseguente
prescrizione del reato.
Il ricorso è basato su motivi che non rientrano nel numerus clausus delle censure
deducibili in sede di legittimità, investendo profili di valutazione della prova e di
ricostruzione del fatto riservati alla cognizione del giudice di merito ,le cui
determinazioni , al riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da
motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico
seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum .Nel caso di specie, la Corte
d’appello ha evidenziato come il perito abbia rilevato che la somma di lire
37.047.204 non era mai stata versata materialmente nelle casse della società e che
di conseguenza l’imputato si era appropriato della stessa. Ha poi correttamente
richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale- che, in questa sede, va
ribadito – secondo il quale il peculato d’uso è configurabile solo in relazione a cose
di specie e non al denaro (ex plurimis , Cass sez VI 16-1-2003n. 3411, rv.. 224060;
Cass. Sez VI, 21-5-09, n. 27528, rv 244531; Cass. 4-7-97, Dezzuti, Cass. pen. 1999,
528)poiché esso è menzionato, in modo alternativo solo nel comma 1 e non nel
comma 2 dell’ad 314 cp , che costituisce titolo autonomo di reato (Cass 27-1-94,
Liberatore, Cass. pen. 1995 , 2894); e poiché inoltre non è possibile, in relazione ad
esso la restituzione della eadem res ma solo del tantundem , che è irrilevante ai fini
dell’integrazione del reato.

.Dalle cadenze motivazionali della

sentenza d’appello è quindi enuclea bile una ricostruzione dei fatti precisa e

commesso in Vieste in data anteriore e prossima al 30-11-99.

circostanziata, avendo i giudici di secondo grado preso in esame tutte le deduzioni
difensive ed essendo pervenuti alla conferma della sentenza di prime cure
attraverso una disamina completa ed approfondita delle risultanze processuali, in
nessun modo censurabile sotto il profilo della correttezza logica ,e sulla base di
apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di
manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede .

ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille,
determinata secondo equità, in favore della Cassa delle ammende.
PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle ammende

Così deciso in Roma, all ‘udienza del 29 — 11 — 12 .

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del

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