Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19159 del 29/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19159 Anno 2014
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MUSETTI SERGIO N. IL 19/07/1949
avverso la sentenza n. 2853/2012 CORTE APPELLO di GENOVA, del
17/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 29/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

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Data Udienza: 29/01/2014

MUSETTI Sergio ricorre per Cassazione avverso la sentenza 17.6.2013 con
la quale la Corte d’Appello di Genova in riforma della decisione del Tribunale della Spezia – sezione distaccata di Sarzana, appellata dal Procuratore
generale, lo ha condannato alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione
e 412,00 e di multa per la violazione dell’art. 640 II^ comma n. 1) cp
Il ricorrente chiede l’annullamento della decisione impugnata per le seguenti
ragioni così sinteticamente riporate ex art. 173 I° comma disp. att. cpp.:
§1.) ex art. 606 I^ comma lett. c) cpp, illegittimità della notificazione effettuata ex art. 157 VIII comma bis cpp, perché pretermessa quella effettuata
presso il domicilio eletto siccome tentata presso un numero civico diverso
da quello indicato al momento dell’elezione del domicilio. Il ricorrente segnala ancora che la successiva comunicazione del decreto fatta al difensore
tramite il fax, non è stata da questi ricevuta per essere l’apparecchio non
funzionante, come dimostrato dall’allegata attestazione del tecnico intervenuto nella manutenzione dell’apparato.
§2.) ex art. 606 I^ comma lett. b) cpp, erronea applicazione dell’art. 640
cpv. n. 1 Cp, l’imputato si sarebbe limitato alla sola falsa attestazione
dell’avvenuta di corresponsione di un’indennità di malattia a favore di un
dipendente e successivamente portata in compensazione con l’ente previdenziale, quindi ponendo in essere una condotta scevra da artifici o raggiri.
§3.) ex art. 606 p\ comma lett. e) cpp vizio di mancanza o apparenza di motivazione circa la sussistenza dell’elemento psicologico del delitto di truffa.
RITENUTO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Il ricorrente, lamentando il difetto di notificazione del decreto di citazione a
giudizio, perché effettuato presso lo studio del difensore ex art. 157 VIII
comma bis cpp, in luogo del domicilio dichiarato, denuncia un’ipotesi di
nullità ex art. 178 I” comma lett. c) cpp, senza fornire la prova della sua
tempestiva deduzione entro i termini di conclusione delle formalità preliminari al dibattimento, con conseguente decadenza di una sua successiva deduzione [v. Cass. 11227/2012]. La doglianza relativa alla mancata ricezione
del fax perché l’apparato del difensore non sarebbe stato in condizioni di efficienza, non può essere accolta, perché nella specie si risolve
nell’apprezzamento di una questione di mero fatto (idoneità dell’apparato
del difensore di ricevere le comunicazioni della cancelleria) ex se inidonea a
dimostrare comunque l’impossibilità assoluta alla ricezione dell’atto che
può essere attestata solo attraverso la dimostrazione che l’apparato trasmittente non sia stato in grado di inviare la comunicazione. La doglianza va
quindi rigettata.
Il secondo motivo di ricorso è fondato e va accolto. Dall’impugnata sentenza si evince che MUSSETTI Sergio, titolare della omonima ditta corrente in
Sarzana avrebbe attestato sui modelli DM10/02 inviati all’INPS di avere
corrisposto ad un proprio dipendete indennità di malattia, i cui importi non
sono stati erogati all’avente diritto, pur essendo state detratti dalle somme
dovute a titolo di contributo all’ente previdenziale. Dal tenore del capo di
imputazione e della motivazione della sentenza impugnata, si deduce che il
credito del dipendente esistente (ancorché non erogato dal datore di lavoro);

MOTIVI DELLA DECISIONE

Per le suddette ragioni il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata
deve essere annullata senza rinvio, perché il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma il 29.1.2014

con la conseguenza che l’imputato, in quanto datore di lavoro, aveva
l’obbedii qui consegue che l’imputato aveva l’obbligo giuridico di anticipare le somme spettanti al lavoratore, per conto dell’INPS (soggetto debitore),
salvo procedere ad un successivo conguaglio di quanto dovuto dallo stesso
datore di lavoro a titolo di contributi da versare, all’ente previdenziale. Con
sentenza n. 18762 del 15.1.2013 (Ced. Cass. Rv 255194) richiamata e fatta
propria dal Collegio, questa sezione ha avuto modo di affermare che quando, come nel caso in esame, la discordanza tra la situazione rappresentata
all’INPS e quella reale, riguardi solo l’effettiva erogazione di somme che
l’ente previdenziale sarebbe comunque tenuto a corrispondere al lavoratore
tramite il datore di lavoro e quest’ultimo sostanzialmente riconosca il suo
obbligo a corrisponderle (pur non avendole di fatto, ancora corrisposte) nei
confronti dell’Ente previdenziale il datore di lavoro sicuramente realizza – o
quantomeno pone in essere atti idonei a realizzare – l’ingiusto profitto del
conguaglio delle prestazioni che assume di avere anticipato, ma non determina alcun danno. Il lavoratore infatti, non potrebbe che rivolgersi al datore
di lavoro per ottenere quanto gli spetta avendo l’INPS, attraverso il conguaglio, adempiuto al proprio obbligo. Sotto questo profilo non sussiste pertanto il delitto di truffa, mancando uno degli elementi essenziali della fattispecie. Infatti, nel delitto previsto dall’art. 640 cp mentre al requisito
dell’ingiusto profitto (che può comprendere qualsiasi utilità, incremento o
vantaggio patrimoniale, anche a carattere non strettamente economico) deve
corrispondere l’elemento del danno patrimoniale per la parte offesa che si
concreterebbe se alcuna somma fosse comunque dovuta al lavoratore.

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