Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19158 del 29/01/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 19158 Anno 2014
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PICONE SIMONE N. IL 20/11/1975
avverso la sentenza n. 2140/2011 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 11/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 29/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO
(-a;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per___e ‘
e

l’

col

‘22

Udito, per la parte civile, l’Avv
„7
57
—ee—e

“C-2[71:72

Data Udienza: 29/01/2014

PICONE Simone è imputato del reato di cui agli arti’. 110, cp, 5 co 3 d.lvo
153/1997 in riferimento all’art. 7 DM 13.12.2011 n. 485, perché nella sua
qualità di dipendente della INSIEME srl, operativo presso la sede di CAMPOBELLO di LICATA della detta società, recante l’insegna MANTIONE
TRA VEL DI INSIEME Sri, in concorso con SALVATORE AUGELLO, per
cui si procede separatamente, agendo materialmente il solo PICONE – ricevuto l’ANGELO dalla società AUGELLO COSTA srl l’incarico di sub mandato nell’attività di incasso e di trasferimento di fondi in ricezione per un
totale di é’ 14.021,34 e n. 409 operazioni in invio per un totale di
106.700,16.
L’imputato a seguito di giudizio ordinario è stato condannato in grado di
appello, con sentenza 11.4.2013 alla pena di mesi quattro di reclusione e
2.000,00 C di multa, con il beneficio della sospensione condizionale della
pena e al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita
BANCA d’ITALIA da liquidarsi in separata sede.
La difesa dell’imputato ricorre in questa sede chiedendo l’annullamento della semenza impugnata per i seguenti motivi qui sinteticamente riferiti ex art.
173 I^ comma disp. att. cpp.:
§.1) Erronea applicazione dell’art. 5 comma 3 d.lvo 153/97 ex art. 606 I^
comma lett. b), nonché vizio di motivazione. La difesa sostiene che la sentenza impugnata va censurata per manifesta illogicità [pag. 3/4 del ricorso],
poiché non è stata fornita una risposta logica alle doglianze avanzate con i
motivi di appello; la difesa sostiene altresì che la sentenza impugnata contiene una palese violazione della legge penale e la tifale omissione della motivazione sulla circostanza che il ricorrente non ha condotto professionalmente l’esercizio di agenzia professionalmente nei confronti del pubblico e
la corte d’Appello è pervenuta alla dichiarazione di condanna senza tenere
conto delle effettive funzioni svolte dall’imputato che era un semplice dipendente della società [pg. 4 del ricorso]. La difesa sostiene che

l’illogicità della motivazione risulta dalla abusiva interpretazione dalla
Corte d’Appello ad un precedente di questa Corte di legittimità che
non ha tenuto conto del contenuto del verbale di interrogatorio prodotto nel corso del dibattimento e nella escussione testimoniale di cui al
verbale del 24.5.2010.
Nel corso dell’udienza si costituiva in giudizio, tramite legale, la
Banca d’Italia, quale parte civile. Il difensore depositava memoria
contenente le conclusioni di rito e producendo la nota delle spese.
RITENUTO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
La difesa formula due distinte censure. Con la prima lamenta il vizio di motivazione sotto il profilo della contraddittorietà della motivazione con la
quale la Corte Territoriale ha giustificato la dichiarazione di penale responsabilità dell’imputato.
La censura è generica e come tale esula dai precisi limiti previsti dall’art.
581 IA comma lett. c) cpp e non rispetta il precetto di cui all’art. 606 P\

MOTIVI DELLA DECISIONE

comma lett. e) cpp. Infatti denunciando un vizio di motivazione, è preciso
onere del ricorrente indicare il punto della decisione in cui si evidenzia la
contraddittorietà che deve essere desumibile dal testo del provvedimento
impugnato o da altro atto che deve essere puntualmente indicato. Nel caso in
esame la doglianza è generica e non viene indicata alcuna specifica “contraddittorietà della motivazione”, essendo per contro formulate valutazioni
sull’attività svolta dall’imputato (dipendente senza alcun ruolo attivo e senza rapporti con il pubblico) con apprezzamenti che si contrappongono a
quelli formulati dalla Corte territoriale sul solo piano del merito e quindi su
aspetti che esulano dal giudizio di legittimità. La difesa prospetta inoltre il
vizio di carenza di motivazione sotto altri due ulteriori profili. In primo luogo ad avviso del ricorrente la Corte territoriale non avrebbe dato risposta alcuna alle doglianze formulate con l’atto di gravame: la difesa non ha indicato in modo preciso, anche se sommario, quali siano gli aspetti di fatto che
dedotti con lo atto di appello non sarebbero stati correttamente esaminati
dalla Corte territoriale. Sotto un diverso profilo la difesa lamenta che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto del contenuto del verbale di interrogatorio prodotto dalla difesa e della escussione testimoniale del 24.5.2010.
La manifesta infondatezza della doglianza è desunta dalla circostanza che
l’esame del verbale dell’udienza 24.5.2010 non consente di rivenire alcuna
deposizione testimoniale, né viene dato atto di alcuna produzione da parte
della difesa, essendo invece indicate le produzioni fatte dall’ufficio del Pubblico Ministero.
Per quanto attiene alla denunciata violazione di legge, la genericità della
doglianza non consente a questo Collegio di cogliere il senso della censura
in quanto non è indicata in modo specifico la violazione nella quale sarebbe
incorsa la Corte d’Appello nell’applicazione della norma sostanziale che descrive la condotta illecita commessa dall’imputato. Dalla lettura della decisione impugnata si evince che il ricorrente operava presso un’agenzia quale
mandatario dell’AUGELLO nell’attività di money transfert, procedendo alla
raccolta del denaro dalla clientela, acquisendo la documentazione necessaria
al compimento delle operazioni di trasferimento del denaro. Gli accertamenti condotti dalla polizia giudiziaria hanno permesso di accertare che sono riconducibili all’attività del PICONE almeno 400 operazioni riguardanti 115
nominativi di clienti dell’agenzia. La natura dell’attività prestata dal PICONE, privo di qualsiasi autorizzazione amministrativa, il suo inserimento in
una più complessa organizzazione imprenditoriale, il numero di operazioni
compiute e il numero dei clienti coinvolti sono altrettanti elementi di fatto
che consentono di ritenere corretta la valutazione fatta dalla Corte
d’Appello; in diritto va richiamato il già affermato principio per il quale: la
persona fisica destinataria del precetto penalmente sanzionato dall’art. 5,
comma terzo, D.Lgs. 26 maggio 1997 n. 153 che, in materia di contrasto al
riciclaggio dei capitali di provenienza illecita, punisce l’esercizio di agenzia
in attività finanziaria in assenza della prescritta iscrizione nell’elenco tenuto
dall’Ufficio italiano dei cambi, non è soltanto il titolare dell’agenzia, ma anche il soggetto formalmente preposto alla stessa nell’ambito di un rapporto
di delega oppure addetto a un’organica e stabile collaborazione contraddistinta da autonomia funzionale e gestionale o, infine, il gestore di fatto della
stessa [Cass. 20833/2010]
La valutazione della stabilità, dell’organicità e dell’autonomia funzionale o
gestionale dell’attività di impresa e della misura della collaborazione prestata dal dipendente (ritenuto concorrente nel reato contestato) sono apprezza-

Per le suddette ragioni il ricorso è inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 alla
Cassa delle ammende così equitativamente stabilita l’entità della sanzione
amministrativa prevista dall’art. 616 cpp, ricorrendo estremi di responsabilità del ricorrente sulla cause determinanti l’esito del giudizio.
Va correlativamente accolta la domanda della parte civile, con la conseguente condanna dell’imputato anche alla rifusione delle spese sostenute da
questa nel grado e che vengono liquidate in C 2.200,00 oltre Iva e cpa.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di E 1.000,00 alla Cassa delle
Ammende, nonché alla rifusione delle spese processuali sostenute nel
grado dalla parte civile BANCA d’ITALIA spa che liquida in C
2.200,00 oltre Iva e CPA.
Così deciso in Roma il 29.1.2014

menti di fatto che non sono suscettibili di censura in sede di legittimità una
volta che il giudice di merito abbia compiuto la propria indagine fondandosi, fra l’altro, sul numero, il tipo di operazioni compiute, il numero di clienti
contattati, e il grado di autonomia nella gestione del rapporto di mandato,
punti sui quali nel caso in esame la Corte territoriale ha dato piena risposta.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA