Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19157 del 29/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19157 Anno 2014
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MELLONE MIMMA N. IL 05/10/1959
SCIALPI ANSELMO N. IL 31/07/1951
avverso la sentenza n. 598/2012 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 19/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 29/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

-62

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 29/01/2014

MELLONE Mimma e SCIALPI Anselmo, tramite il difensore, ricorrono per
Cassazione avverso la sentenza 19.2.2013 con la quale la Corte d’Appello di
Lecce, sezione distaccata di Taranto li ha rispettivamente condannati alla
pena di anni due, mesi quattro di reclusione e 400,00 € di multa, oltre al pagamento delle spese processuali, per la violazione dell’art. 646 cp commesso in data 13.2006.
I ricorrenti chiedono l’annullamento della decisione impugnata deducendo i
seguenti motivi che ex art. 173 disp. att. cpp possono essere così sintetizzati:
§1.) erronea applicazione dell’art. 157 cp, perché alla data della pronuncia
della decisione di appello il reato doveva essere dichiarato estinto per la sopravvenuta prescrizione. La difesa sostiene inoltre che il reato potrebbe essere ritenuto consumato alla data del 30.9.2005, cioè al momento in cui
l’Istituto Vendite Giudiziarie ha rilasciato l’attestazione dell’avvenuta aggiudicazione del macchinario pignorato e di cui gli odierni imputati erano
custodi.
§2.) erronea applicazione dell’art. 124 cp, perché la querela è stata proposta
oltre i termini di legge, essendo incerto il momento in cui le persone offese
hanno conosciuto dell’illecito commesso in loro danno.
§3.) erronea applicazione dell’art. 646 cp e vizio di motivazione per non
avere preso in considerazione: il fatto che le persone offese hanno proceduto
al ritiro del macchinario oggetto dell’aggiudicazione con quattro mesi di ritardo; gli imputati non sono stati preavvertiti della visita di persona incaricata dagli acquirenti per il ritiro dei macchinari; non sono stati previsti gli oneri derivanti dalla custodia dei macchinari, né i disagi gravanti sugli imputati
per la permanenza dei macchinari oggetto di pignoramento, nei loro locali;
la mancanza di interesse manifestato dalle persone offese nel ritirare il compendio acquistato
§4.) difetto di motivazione in ordine alla omessa dichiarazione di revoca del
decreto penale di condanna opposto ex art. 464 cp.
RITENUTO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato per le seguenti dirimenti ragioni.
Il primo motivo è generico ed è in fatto, poiché presuppone la determinazione del momento della consumazione del reato, che è questione di mero fatto,
demandata all’apprezzamento del giudice di merito.
Nella specie la difesa non ha fornito alcuna indicazione specifica in base alla
quale possa affermarsi che la decisione della Corte d’Appello, sul punto, sia
manifestamente illogica o frutto del travisamento di prove, dovendosi qui
ribadire che il delitto di appropriazione indebita si consuma nel momento in
cui si verifica l’inversione del possesso in dominio dell’agente,vale a dire
con il momento in cui quest’ultimo ha compiuto un atto di dominio sia esso
di consumazione o di alienazione della cosa,con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria. Nel caso in esame dalla motivazione della decisione impugnata (non confutata sul punto) appare evidente che l’atto
di appropriazione di indebita si è consumato alla data del 21.3.2006, cioè nel

MOTIVI DELLA DECISIONE

Per le suddette ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e i
ricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese processuali ciascuno
della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle ammende, così equitativamente
determinata la sanzione prevista dall’art. 616 cpp, ravvisandosi nella condotta processuale degli imputati estremi di responsabilità determinate il giudizio di inammissibilità.

momento in cui lo SCIALPI dichiarò alla persona incaricata per il ritiro dei
macchinari di proprietà della persona offesa di non poter effettuare la consegna richiesta, adducendo di avere già consegnato gli oggetti ad altra persona. La critica della difesa, sul punto, si fonda su considerazioni meramente
ipotetiche, ricostruzioni alternative, senza dedurre specifiche circostanze
dalle quali possa desumersi l’illogicità della motivazione della decisione
impugnata o la contraddittorietà della decisione rispetto al contenuto di altri
atti processuali che dovevano essere indicati in modo specifico e puntuale.
Assunta quindi la correttezza della individuazione del momento consumativi
del reato, consegue che alla data della pronuncia della decisione di appello
(19.2.2013) non era ancora maturato il termine di prescrizione del reato
(21.9.2013)
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. La difesa aveva
già sollevato con i motivi di gravame la questione riguardante la tempestività della proposizione della querela da parte della persona offesa. Sul punto
la Corte territoriale ha dato adeguata risposta ponendo in premessa che è
specifico onere di chi deduce la tardività della proposizione della querela, la
indicazione specifica e puntuale del momento in cui la persona offesa ha
avuto cognizione del reato. Nella specie la difesa non ha fornito alcuna specifica indicazione, limitandosi a formulare mere ipotesi alternative. Il ricorso non contiene nessuna critica specifica alla motivazione del provvedimento impugnato con la conseguenza che la doglianza è generica. Valga infine
la considerazione che la difesa non fornisce alcuna spiegazione in ordine
alla asserita erronea applicazione dell’art. 124 cp.
Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato, venendo su apprezzamenti di fatto, privi di qualsiasi oggettiva incidenza sugli elementi costitutivi della fattispecie contestata.
Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato; infatti non determina nullità del giudizio conseguente all’opposizione al decreto penale la mancata revoca espressa dal decreto stesso, posto che la revoca è un antecedente
indefettibile, “ope legis”, del giudizio di opposizione, per la cui omissione
non è prevista alcuna sanzione processuale [Cass. 22013/2010]

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di £ 1.000,00 alla Cassa delle
Ammende.

Così deciso ìn Roma il 29.1.2014

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