Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19155 del 19/04/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 19155 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Mazzaglia Alfio, nato a Paternò in data 11.5.1978,
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania, sezione 1″ penale, in
data 2.5.2012.
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Piercamillo Davigo.
Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, dott. Oscar
Cedrangolo, il quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato,

Data Udienza: 19/04/2013

ritenuto in fatto

Con sentenza del 27.9.2006, il Tribunale di Catania dichiarò Mazzaglia
Alfio responsabile dei reati di ricettazione e falso di un assegno unificati sotto
il vincolo della continuazione e lo condannò alla pena di mesi 8 di reclusione
ed 300,00 di multa.
Con sentenza del 31.1.2008 il Tribunale di Catania dichiarò Mazzaglia

Alfio responsabile dei reati di ricettazione e falso di un assegno unificati sotto
il vincolo della continuazione e lo condannò alla pena di anni 1 mesi 6 di
reclusione ed E 800,00 di multa.
Avverso tali pronunzie l’imputato propose gravame e la Corte d’appello
di Catania, riuniti i procedimenti, con sentenza del 2.5.2012, in parziale
riforma della decisione di primo grado, dichiarò non doversi procedere per
prescrizione per i delitti di falso e ritenuta la continuazione fra i due episodi di
ricettazione, determinò la pena in anni 1 mesi 4 di reclusione ed 400,00 di
multa.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo:
1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata
applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod.
pen. in quanto assorbita dall’attenuante speciale di cui all’art. 648 cpv
cod. pen. tuttavia una delle due sentenza aveva valutato non solo la
modesta entità della somma ricettata, ma anche la tenuità
complessiva del fatto;
2. vizio di motivazione in relazione alla determinazione della pena,
essendosi limitata la Corte territoriale ad affermare che non potevano
trovare accoglimento le censure sul trattamento sanzionatorio;
3. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego delle
attenuanti generiche.

Considerato in diritto

Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte territoriale ha già citato giurisprudenza di questa Corte (Rv.
226723) secondo la quale la circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod.

2

pen. può essere riconosciuta solo se il danno tenue sia rimasto estraneo alla
valutazione relativa all’applicazione dell’ipotesi lieve della ricettazione.
Nel caso in esame invece la tenuità del danno è entrata, almeno
parzialmente, in tali valutazioni in entrambe le sentenze di primo grado.
Nella sentenza in data 27.9.2006 del Tribunale di Catania si legge che
l’ipotesi lieve della ricettazione è stata ravvisata, fra l’altro, anche nella
modesta entità della somma ricettata.

Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La determinazione in concreto della pena costituisce il risultato di una
valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari elementi offerti
dalla legge, sicché l’obbligo della motivazione da parte del giudice
dell’impugnazione deve ritenersi compiutamente osservato, anche in
relazione alle obiezioni mosse con i motivi d’appello, quando egli, accertata
l’irrogazione della pena tra il minimo e il massimo edittale, affermi di ritenerla
adeguata o non eccessiva. Ciò dimostra, infatti, che egli ha considerato sia
pure intuitivamente e globalmente, tutti gli aspetti indicati nell’art. 133 cod.
pen. ed anche quelli specificamente segnalati con i motivi d’appello. (Cass.
Sez. 6, sent. n. 10273 del 20.5.1989 dep. 12.7.1989 rv 181825. Conf. mass.
N. 155508; n. 148766; n. 117242).
Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Il giudice di legittimità, ai fini della valutazione della congruità della
motivazione del provvedimento impugnato, deve fare riferimento alle
sentenze di primo e secondo grado, le quali si integrano a vicenda
confluendo in un risultato organico ed inscindibile. (Cass. Sez. 2, Sentenza n.
11220 del 13.11.1997 dep. 5.12.1997 rv 209145).
I giudici di primo grado hanno escluso le circostanze attenuanti
generiche in ragione di un precedente penale.
Va ricordato che ai fini della concessione o del diniego delle
circostanze attenuanti generiche è sufficiente che il giudice di merito prenda
in esame quello, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., che ritiene
prevalente ed atto a determinare o meno la concessione del beneficio; ed
anche un solo elemento che attiene alla personalità del colpevole o all’entità
del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente per

3

negare o concedere le attenuanti medesime. (Cass. Sez. 2ì sent. n. 4790
del 16.1.1996 dep. 10.5.1996 rv 204768).
Nel caso di specie tale elemento è stato comunque indicato nei
precedenti penali e, secondo l’orientamento di questa Corte condiviso dal
Collegio, in tema di diniego della concessione delle attenuanti generiche, la
“ratio” della disposizione di cui all’art. 62 bis cod. pen. non impone al giudice

dovendosi, invece, ritenere sufficiente che questi indichi, nell’ambito del
potere discrezionale riconosciutogli dalla legge, gli elementi di
preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti.
Ne consegue che le attenuanti generiche possono essere negate anche
soltanto in base ai precedenti penali dell’imputato, perché in tal modo viene
formulato comunque, sia pure implicitamente, un giudizio di disvalore sulla
sua personalità. (Cass. Sez. 4^ sent. n. 08052 del 6.4.1990 dep. 1.6.1990 rv
184544).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché —
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità — al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deliberato in data 19.4.2013.

di merito di scendere alla valutazione di ogni singola deduzione difensiva,

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA