Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19153 del 22/11/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19153 Anno 2018
Presidente: DI NICOLA VITO
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:
1. Serio Francesco, nato a Palermo il 28/06/1971,
2. Spinelli Calogero, nato a Palermo il 25/12/1972

avverso la sentenza del 05/04/2017 del Tribunale di Marsala;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Ciro Angelillis, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
udito il difensore dei ricorrenti, in persona dell’avv. Giuseppe Agnello che ha
concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi e l’annullamento della sentenza.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1.I sigg.ri Francesco Serio e Calogero Spinelli ricorrono per l’annullamento
della sentenza del 05/04/2017 del Tribunale di Marsala che li ha condannati
n
alle
pena di tremila euro di ammenda
m
ciascuno
ciauno per il resto di cui agli artt. 110 cod .
pen., 256, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 152 del 2006, loro ascritto per aver
raccolto e trasportato, in assenza di autorizzazione, mediante l’autocarro di

Data Udienza: 22/11/2017

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proprietà dello Spinelli, rifiuti ferrosi non pericolosi (vecchi elettrodomestici,
infissi in metallo, parti in metallo di diversi vecchi pezzi di arredamento, tondini
da edilizia e travetti costituenti la struttura in metallo di un vecchio gazebo). Il
fatto è contestato come commesso in Salaparuta 1’8 marzo 2013.
1.1.Con unico motivo, deducendo che lo Spinelli era in possesso
dell’abilitazione al commercio ambulante di rottami ferrosi (circostanza
riconosciuta dallo stesso Tribunale), eccepiscono, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed
e), cod. proc. pen., l’erronea applicazione dell’art. 266, comma 5, d.lgs. n. 152

motivazione che, pur dando atto del possesso di tale abilitazione, ha omesso di
verificare se i rifiuti trasportati rientrassero nei settore merceologico di
competenza.

2.1 ricorsi sono inammissibili perché manifestamente infondati.

3.1 ricorrenti non contestano che oggetto del trasporto fossero i rifiuti
descritti nella rubrica.
3.1.Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, il reato di cui
all’art. 256 D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 è configurabile anche in relazione alle
condotte di raccolta e trasporto esercitate in forma ambulante, salva
l’applicabilità della deroga di cui all’art. 266, comma quinto, del predetto D.Lgs.,
per la cui operatività occorre non solo che l’agente sia in possesso del titolo
abilitativo previsto per il commercio ambulante dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n.
114, ma anche che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio ma
non riconducibili, per le loro peculiarità, a categorie autonomamente disciplinate
(Sez. 3, n. 19209 del 16/03/2017, Tutone, Rv. 270226; Sez. 3, n. 34917 del
09/07/2015, Caccamo, Rv. 264822; Sez. 3, n. 269 del 10/12/2014, Seferovic,
Rv. 261959; Sez. 3, n. 29992 del 24/06/2014, Lazzaro, Rv. 260266).
3.2.Nel caso di specie gli elettrodomestici costituenti rifiuti erano
riconducibili a categorie autonomamente disciplinate in base al d.lgs. 25 luglio
2005, n. 151 (Attuazione della direttiva 2002/95/CE, della direttiva 2002/96/CE
e della direttiva 2003/108/CE, relative alla riduzione dell’uso di sostanze
pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonché allo
smaltimento dei rifiuti), abrogato e sostituito dal d.lgs. 14 marzo 2014, n. 49
(Attuazione della direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed
elettroniche – RAEE).
3.3.Non ha perciò fondamento alcuno l’eccezione difensiva secondo la quale
tali rifiuti sarebbero stati autonomamente disciplinati per la prima volta dal citato
d.lgs. n. 49 del 2014. Ne consegue che nemmeno all’epoca dell’accertamento del
fatto i cd. “robivecchi” avrebbero potuto trasportare rifiuti costituiti da

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del 2006 e/o comunque la contraddittorietà o la manifesta illogicità della

elettrodomestici avvalendosi della deroga prevista dall’art. 266, comma 5, d.lgs.
n. 152 del 2006.
3.4.Tale rilievo è decisivo e assorbente su ogni altra considerazione.
3.5.Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, ex art. 616 cod.
proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti
(C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento
nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che
si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di C 2.000,00

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, il 2k/11/2017.

ciascuno.

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