Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19152 del 29/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19152 Anno 2014
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CRESTANI ROMEO N. IL 26/08/1945
MAGNIFICO ANTONIO N. IL 28/11/1982
avverso la sentenza n. 4099/2012 CORTE APPELLO di TORINO, del
07/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 29/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. t’:i
che ha concluso per
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Ce tir< •" COile Udito, per la parte civile, l'Avv Uditi difensor Avv.>

k o9,` <.,Aqt ele Ar47-e.• e_ Data Udienza: 29/01/2014 MOTIVI DELLA DECISIONE MAGNIFICO Antonio §1.) erronea applicazione degli artt. 628 e 605 cp, perché i giudici di merito, errando hanno ritenuto che l'atto di legare i dipendenti della banca obbiettivo della rapina, e il rinchiuderli all'interno di uno dei locali dello istituto deve essere considerata semplice circostanza aggravante del delitto di rapina e non già ipotesi autonoma di reato integrante la violazione dell'art. 605 cp. Sul punto la difesa pone in evidenza come la reclusione dei dipendenti all'interno di uno dei locali della banca sia stata limitata nel tempo (un'ora circa), sia stata cagionata da una mera combinazione poiché la loro liberazione è stata ritardata per cause indipendenti dalla volontà degli autori del reato, l'atto del limitare la libertà dei dipendenti presenti all'interno dello istituto era funzionale alla esecuzione del delitto di rapina. §2.) vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena riguardante il delitto di furto di cui al capo b). Sul punto la difesa segnala che la Corte d'Appello, ha riqualificata la originaria imputazione (ricettazione) del fatto descritto al capo B), così rideterminando la pena, senza peraltro spiegare le ragioni per le quali il fatto in esame debba essere punito più gravemente rispetto al delitto di furto di cui al capo C). §3.) vizio di motivazione con riferimento alla indicazione delle ragioni poste a fondamento della determinazione della pena prevista per il delitto di cui all'art. 605 cp. La difesa lamenta in particolare che non sono spiegate le ragioni per le quali la entità della sanzione (determinata in via di continuazione) sia superiore rispetto al minimo edittale. CRESTANI Romeo §1.) vizio di motivazione ed erronea applicazione della legge penale perché la Corte d'Appello, senza prendere in considerazioni i motivi dedotti con l'atto di appello sul punto, e senza tenere conto che lo istituto bancario è stato soddisfatto sia dei danni patrimoniali che di quelli morali, non ha riconosciuto l'applicazione dell'attenuante prevista dall'art. 62 n. 6 cp. §2.) erronea applicazione della legge penale ed in particolare degli artt. 133 e 81 cpv. cp, perché la pena inflitta è superiore al minimo edittale, senza che sia stata data adeguata spiegazione delle ragioni di sì gravoso trattamento sanzionatorio e senza che si sia tenuto conto del comportamento processuale del ricorrente che ha prestato la propria collaborazione rendendo ampia confessione dei fatti, permettendo il rinvenimento e il sequestro degli strumenti adoperati per la commissione del reato e del risarcimento del danno. MAGNIFICO Antonio e CRESTANI Romeo, ricorrono per Cassazione avverso la sentenza 7.11.2012 con la quale la Corte d'Appello di Torino ha condannato il CRESTANI alla pena di anni 3 di reclusione e 1.400,00 C di multa e il MAGNIFICO alla pena di anni 1, mesi 11 di reclusione e 800,00 C di multa per la violazione degli artt.: capo A) 110, 81 cov„ 628 commi 1 e 3 e 605 cp; capo B) 110,61 n. 2,624, 625 nn. 2 e 7; capo C) 110, 624, 625 nn. 2, 5, 7 cp (fatti commessi in Novara tra il 17 e il 18.4.2005. Entrambi i ricorrenti chiedono l'annullamento della decisione impugnata e rispettivamente deducono: Dalla lettura delle sentenze di merito e dei capi di imputazione (il cui contenuto non è stato oggetto di contestazione da parte delle difese, se non nei limiti e per le ragioni di cui intra) emerge che il MAGNIFICO Antonio (in concorso con con tale PORRETTO, sottoposto a separato giudizio penale) con il volto travisato ed armati di taglierino, in data 15.3.2011 ha fatto irruzione all'interno dell'istituto BANCA SELLA ag. 1 di Cossato minacciando gli impiegati e il pubblico presente, legandoli, rinchiudendoli quindi nei bagni dell'istituto bancario, sottraendo la somma di e 9.775,00, mentre il CRESTANI svolgeva la funzione di "palo" allo esterno della banca, provvedendo a trasportare i complici facendo uso di una autovettura provento di furto. Gli imputati, a seguito di giudizio abbreviato, venivano ritenuti responsabili dei fatti ascritti e quindi condannati dal Tribunale di Biella, alle pene indicate a pag. 4 della decisione qui impugnata. Tutti gli imputati proponevano appello ed in particolare il CRESTANI si doleva del mancato riconoscimento della attenuanti di cui all'art. 62 n. 6 cp, mentre il MAGNIFICO si doleva della condanna per la violazione dell'art. 605 cp, della eccessività della pena e del mancato riconoscimento della attenuante di cui all'art. 62 n. 6 cp. La Corte d'Appello, riqualificato il fatto di cui al capo b) in termini di concorso in furto aggravato, in luogo di quello di ricettazione, confermava la penale responsabilità degli imputati per tutti i fatti, ed escluso il riconoscimento dell' attenuante di cui all'art. 62 n. 6 cp condannava gli imputati alle pene di cui in epigrafe. RITENUTO IN DIRITTO I ricorsi di entrambi i ricorrenti vanno rigettati perché infondati. In particolare per quanto attiene alla contestata pronuncia di condanna per la violazione dell'art. 605 cp (ricorso MAGNIFICO), va osservato quanto segue. Il terzo comma dell'art. 628 cp (n. 2) prevede l'aggravamento della pena per il delitto di rapina per il caso in cui la violenza adoperata per la sottrazione della cosa mobile altrui, sia consistita nel porre la vittima in stato di incapacità di volere o di agire. L'articolo 605 cp punisce la condotta di chiarivi taluno della libertà personale. Da tempo la giurisprudenza si è interrogata sul rapporto intercorrente tra la aggravante di cui all'art. 628 cp e la previsione dell'art. 605 cp e quali fossero i limiti entro i quali si potesse ritenere la sussistenza di un assorbimento della fattispecie di cui alla disposizione da ultimo richiamata nella aggravante del delitto di rapina. E' ormai consolidato il principio per il quale il reato di sequestro di persona può essere ritenuto assorbito in quello di rapina aggravata, solo quando la privazione della libertà personale abbia una durata limitata al tempo strettamente necessario all'esecuzione della rapina e non anche quando essa si protragga anche dopo la consumazione della stessa. [Cass. sez. H 5.5.2009 n. 24837 in Ced Cass. Rv 244339; Cass. sez. H 24.11.2011 n. 4986 in Ced Cass. Rv 251816]. Dalla lettura della decisione impugnata si evince che successivamente allo ingresso nell'istituto bancario, gli autori della rapina, hanno dapprima legato le persone presenti e successivamente le hanno rinchiuse all'interno di uno dei locali della banca, chiudendo con la chiave dall'esterno la porta. Dalla PREMESSA IN FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO medesima sentenza si apprende che le persone offese sono rimaste richiuse nel locale per un apprezzabile lasso di tempo, quantificato in un'ora circa, e quindi successivamente al fuga degli imputati dai locali dell'istituto bancario. La Corte d'Appello, sollecitata dai motivi di gravame ha messo in evidenza come il perdurare dello stato di restrizione della librertà, oltre al tempo strettamente necessario alla commissione della rapina, integri in modo autonomo la violazione dell'art. 605 cp che non può ritenersi assorbita nella previsione della circostanza aggravante del delitto di rapina. La decisione della Corte d'Appello è corretta in diritto; in fatto (enucleabile nella valutazione e nell'apprezzamento della durata del tempo della privazione della libertà delle persone offese in funzione della consumazione del delitto di rapina) la decisione non può essere oggetto di censura trattandosi di questione che esula dagli ambiti del giudizio di legittimità. Con riferimento al mancato riconoscimento della attenuante di cui all'art. 62 n. 6 cp, va invece osservato che la Corte d'Appello, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente CRESTANI ha reso adeguata motivazione, anche in questo caso da ritenersi corretta sul piano del diritto e non sindacabile nel merito. Dalla lettura del capo di imputazione si evince che gli imputati hanno sottratto dalle casse della Banca la somma di € 9.775,00 e che hanno consegnato all'istituto bancario la somma di E 10.500,00; alle persone fisiche non risulta essere stato risarcito il danno. La Corte d'Appello ha fondato la propria decisione ponendo in evidenza che l'attenuante non poteva essere riconosciuta proprio perché non era stato risarcito il danno patito dalle persone fisiche comprensivo della lesione non solo patrimoniale, ma anche di quella fisica o morale. la decisione rispecchia l'applicazione di consolidati principi giurisprudenziali. Questa Corte ha già infatti affermato che in tema di circostanza attenuante del risarcimento del danno, il carattere integrale dello stesso nel delitto di rapina va verificato in funzione del duplice oggetto della condotta dell'agente in relazione all'interesse leso, dovendo in esso quindi ricomprendersi, oltre al danno cagionato contro il patrimonio dall'azione diretta all'impossessamento della cosa, anche quello fisico o morale, prodotto alla incolumità personale od alla libertà individuale della persona offesa [Cass. sez. 11 13.1.2011 n. 6479 in Ced Cass. Rv 249391]. La valutazione della congruità del risarcimento del danno è demandata all'apprezzamento del giudice di merito [Cass sez. II 24.1.2013 n. 9143 in Ced Cass Rv. 254880] che, nel caso qui in esame ha reso spiegazione più che esaustiva delle ragioni della sua decisione non avendo riscontrato che fosse intervenuto un risarcimento anche per le persone offese al reato. Il secondo, il terzo motivo di ricorso del MAGNIFICO e il secondo motivo di ricorso del CRESTANI possono essere trattati congiuntamente, vertendo, con argomenti fra loro pienamente sovrapponibili sul tema del trattamento sanzionatorio. La doglianza della eccessività della pena ricollegata ad una valutazione della sanzione irrogata anche in riferimento è del tutto destituita di fondamento. Tenuto conto degli illeciti ascritti agli imputati (rapina pluriaggravata, sequestro di persona e furto di due autovetture utilizzate per la commissione dell'illecito) il Tribunale e la Corte d'Appello hanno condannato gli imputati per il delitto di rapina alla pena di anni tre e mesi tre di reclusione. Si tratta oggettivamente di sanzione che si colloca decisamente verso i Per le suddette ragioni i ricorsi vanno rigettati e i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 29.01.2014 minimi edittali essendo state riconosciute le attenuanti generiche in misura equivalente alle circostanze aggravanti della rapina (uso di armi, aspetto travisato e privazione della libertà delle persone offese) e della recidiva. La entità della sanzione in termini di ragionevolezza non consente di ritenere fondate le censure mosse. Analoga considerazione deve essere svolta per la determinazione della pena relativa al sequestro di persona e ai due furti di autovettura. Le entità delle sanzioni irrogate, invero molto contenute rispetto alla gravità dei reati, non consente di ritenere degne di attenzione le doglianze sollevate dalla difesa. Sul punto va infatti rammentato che la determinazione della pena è questione demandata alla esclusiva valutazione del giudice del merito e la relativa decisione non può essere oggetto di apprezzamento in sede di legittimità se dal trattamento sanzionatorio si evince che il giudice ha fatto un buon governo della sua discrezionalità. Nel caso in esame si può affermare che il giudice di merito non solo ha fatto un buon governo del suo potere, ma lo ha esercitato anche in modo estremamente prudente. Sotto il profilo della motivazione va ancora aggiunto che quando la sanzione si attesta a livelli più bassi della media edittale non è necessario che il giudice di merito esponga in maniera particolarmente articolata le ragioni della decisione. Nel caso in esame la Corte d'Appello ha indicato tutti gli elementi che in fatto ha ritenuto rilevanti ai fini del giudizio: gravità del fatto, personalità degli imputati, vita anteatta [Cass. sez. I 14.2.1997 n. 1059 in Ced Cass Rv 207050; Cass. sez. I 13.3.2013 n. 24213 in Ced Cass. Rv 255825] e i suddetti parametri di riferimento valgono anche ai fini della individuazione della pena stabilita per i reati satellite, quando essa, come nel caso in esame risulta in termini invero contenuti.

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