Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19147 del 16/12/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19147 Anno 2017
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: ESPOSITO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CANNAVALE MASSIMO N. IL 24/08/1976
avverso l’ordinanza n. 106/2016 GIUD. SORVEGLIANZA di
TRENTO, del 26/01/2016
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO ESPOSITO;

Data Udienza: 16/12/2016

RILEVATO IN FATTO

Col decreto in epigrafe il Magistrato di sorveglianza di Trento rigettava
l’istanza di ampliamento da due a cinque ore delle ore concesse per esigenze di
vita quotidiana per l’espletamento della propria attività lavorativa, proposta
nell’interesse di Cannavale Massimo, sottoposto a detenzione domiciliare.
Nel provvedimento impugnato era evidenziato che si trattava di attività
itinerante, inadatta al progetto rieducativo e non apparendo l’attività lavorativa
corrispondente ad esigenze di vita rispetto ad una pena di breve durata.

ricorreva per Cassazione, per violazione di legge e vizio di motivazione,
deducendo la contrarietà del provvedimento alle esigenze rieducative,
evidenziando che l’ampliamento di tre ore sarebbe risultato indispensabile per
consentirgli l’espletamento di attività lavorativa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.
L’art. 47 ter O.P. prescrive che il Tribunale di sorveglianza, nel disporre la
detenzione domiciliare, ne fissa le modalità secondo quanto stabilito dall’art. 284
c.p.p. per il quale “se l’imputato non può altrimenti provvedere alle sue
indispensabili esigenze di vita ovvero versa in situazione di assoluto indigenza, il
giudice può autorizzarlo ad assentarsi nel corso della giornata dal luogo di
arresto per il tempo strettamente necessario per provvedere alle suddette
esigenze ovvero per esercitare una attività lavorativa”. Appare evidente, dunque,
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che l’autorizzazione di cui trattasi non può

essere concessa in via preventiva e generalizzata, ma soltanto previo esame e
valutazione delle concrete e specifiche necessità prospettate dall’interessato e
con adeguata motivazione (Sez. 1, 03/06/2004 n. 28300, Halilovic, non
massimata).
Nel caso in esame, la motivazione del provvedimento risulta idonea, alla
luce della natura dell’istituto della detenzione domiciliare e della nozione di
“esigenze di vita”, non agevolmente ricollegabile all’espletamento di attività
lavorativa.
Per queste ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e,
non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle
ammende, determinabile in 2.000,00 euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..

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Avverso tale ordinanza il Cannavale, a mezzo del proprio difensore,

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 2.000,00 euro alla Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma il 16 dicembre 2016.

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